Inventore negli Usa
con l’interruttore più veloce

È di San Paolo d’Argon uno degli inventori dell’interruttore industriale più veloce che nei prossimi mesi approderà sul mercato internazionale. Lui è Davide Leoni, 37 anni e in tasca ha una laurea in Ingegneria elettronica conseguita nel 2006 al Politecnico di Milano. Ma si sa, il «pezzo di carta» conta poco se non lo si condisce con intraprendenza e la giusta flessibilità. Da un anno Davide ha salutato la Val Cavallina per trasferirsi negli Stati Uniti, patria della tecnologia; ora vive a Charlotte, la più grande città del North Carolina con i suoi 800 mila abitanti. Proprio lì il bergamasco sta realizzando il suo grande sogno professionale: in pochi mesi ha ottenuto la qualifica di Hardware Architect, a metà strada tra il Product Manager e Product Engineer, in un’azienda che progetta e commercializza interruttori, nata recentemente, nel 2014. La ditta si chiama Atom Power la cui sede è proprio a Charlotte.

«Mi è sempre piaciuto viaggiare e professionalmente parlando gli Stati Uniti hanno rappresentato la mia aspirazione più grande sin dalla fine degli studi universitari – racconta Davide –. Una cosa che apprezzo molto qui è la meritocrazia in campo lavorativo: contano veramente solo le tue competenze. Basti pensare che più di un terzo del nostro gruppo di ricerca e sviluppo non è statunitense. Io arrivo da un piccolo paese della provincia di Bergamo e sono responsabile della definizione della struttura del prodotto, del coordinamento tra progettazione elettronica, software, meccanica, e testing di questa realtà aziendale americana». Negli Stati Uniti il 37enne si occupa in particolare dello progettazione e dello sviluppo di interruttori ad elevata potenza.

«Per il prodotto di cui sono responsabile coordino la progettazione meccanica e i test – spiega Davide –. Il prodotto che stiamo sviluppando è un interruttore industriale, come quelli che abbiamo nei quadri elettrici di casa, ma di potenza maggiore. Mentre gli interruttori attuali sono puramente meccanici e impiegano un tempo relativamente lungo per effettuare la commutazione, quello che stiamo sviluppando è molto più veloce. Approssimativamente mille volte. Non produce scintille e non è non soggetto a usura perché è completamente elettronico. Ad oggi, è l’unico interruttore al mondo in grado di offrire queste prestazioni». «In caso di guasto, è in grado di sospendere l’erogazione di corrente in qualche milionesimo di secondo, e questa sua velocità è molto utile per applicazioni sensibili che richiedono una rapida risoluzione dei guasti – spiega ancora Davide Leoni –. Pensate ad esempio ai server Internet, che possono perdere tutte le informazioni se manca la corrente anche solo per un istante».

Davide è uno dei bergamaschi che ha deciso di lasciare il Bel Paese per crearsi una carriera, e soprattutto una prospettiva di crescita all’estero. Ma come è finito proprio a Charlotte? «Ho sempre avuto la passione per il viaggio – dice il bergamasco –. Dopo la laurea, nel 2007 ho lavorato come progettista software al Gsi di Darmstadt in Germania, un centro di ricerca di fisica atomica responsabile della scoperta di diversi elementi chimici transuranici. Concluso il mio anno all’estero, nel 2008 sono tornato in Italia e ho iniziato a far parte di una multinazionale svizzera operante nel settore della robotica, energia ed automazione. La sede di Bergamo verte sugli interruttori elettrici di bassa tensione. Nel mio ruolo di sviluppatore hardware, ho progettato diverse schede elettroniche. Nel 2016 ho trascorso un breve periodo a Raleigh, nel North Carolina, per un progetto commissionato dalla Marina degli Stati Uniti. La mia esperienza è terminata a dicembre 2017. Ma poi ho fatto il salto e mi sono quindi trasferito qui a Charlotte lavorando per Atom Power».

Charlotte è pressoché sconosciuta al di fuori degli Stati Uniti ma è una città in fortissima espansione tecnologica e produttiva: «Richiama ogni giorno molti americani del Nord-Est attratti da una migliore qualità della vita a un costo inferiore – dice il bergamasco –. Charlotte è il secondo polo bancario del Paese, ma anche la sede di molte imprese del comparto tecnologico, soprattutto nel settore dell’energia, nel quale si colloca appunto la mia azienda. È una città decisamente variegata, con un paesaggio che passa dai grattacieli di Uptown alle tipiche casette in legno della vastissima zona residenziale a sud. I quartieri ad ovest sono invece fitti di locali e micro-birrerie, mentre a nord si trova il lago Norman, un’ottima destinazione per una giornata all’aria aperta».

Qual è stata la scintilla che lo ha spinto ad andarsene dall’Italia? «Dopo diversi anni in Italia avevo la sensazione che la mia carriera lavorativa non procedesse lungo la direzione che volevo, con poche prospettive di crescita all’orizzonte. Io sono ancora fermamente convinto che il nostro Paese abbia un potenziale enorme, una cultura e una storia che tutto il mondo ci invidia. Noi stessi, come italiani, abbiamo una capacità e un’inventiva eccezionali. Ma è proprio per questo che da tutti noi deve partire un riscatto corale, una voglia generale di rimettersi in gioco, di smetterla di piangersi addosso. Altrimenti le cose non si risolveranno mai e chi ne avrà l’occasione continuerà a cercare opportunità migliori altrove. Durante il tuo viaggio potrai cadere molte volte, ma la cosa importante sarà rialzarsi subito e riprendere il cammino. È questa la lezione che gli Stati Uniti mi stanno insegnando».

Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della comunità bergamasca onlus. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].

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