La visita a 11 anni alla Torre del Sole. «Capii che volevo studiare lo spazio»

GIULIA VITALE. Nel 2022 il salto da Bergamo a Darmstadt in Germania. Nella città c’è il Centro europeo per le operazioni spaziali. Esegue test su software di controllo per satelliti per Cgi.

Giulia Vitale lo spazio ce l’ha nel Dna. È così da quando, ragazzina, munita di mappa, passava ore a osservare il cielo notturno, indicando con un dito le costellazioni. Adesso, a 26 anni, lavora come Aiv (Assembly, integration and verification) engineer presso la Cgi di Darmstadt, in Germania.

«Ho sempre avuto una grandissima passione per l’astronomia in generale – racconta Giulia –, già alle medie mi sentivano parlare di questi argomenti. Nel 2009, per l’Anno internazionale dell’astronomia, andai a visitare la Torre del Sole di Brembate Sopra. Da quel momento mi sono detta: “Io nella mia vita voglio studiare lo spazio”. In quell’occasione mi ero comprata dei libri di geografia astronomica e, anche se allora non capivo niente, ero affascinata dalle immagini». Dopo le medie, Giulia si iscrive al liceo «Sarpi», senza tuttavia rinunciare alla sua grande passione. Scherzo (o fortuna) del destino, alla prima prova scritta di maturità capita come argomento scientifico proprio lo spazio.

Stregata dalla Torre del Sole

«Dopo il classico, ho fatto Ingegneria aerospaziale al Politecnico di Milano e ho poi proseguito con una magistrale, sempre al Politecnico, in Ingegneria spaziale. Quando avevo 23 anni – aggiunge – e stavo facendo la tesi ho insegnato Matematica e Fisica al “Secco Suardo”: è stata un’esperienza tosta, ma che mi ha dato molto. E poi ho fatto la maturità con i ragazzi di quinta superiore, anche quella un’esperienza che penso mi ricorderò a lungo. In più, nel 2022 ho tenuto un laboratorio di BergamoScienza, “Routine spaziale!”. Era un laboratorio in cui, insieme a un ingegnere biomedico, sfatavamo i miti del fare l’astronauta, spiegavamo che cosa significasse effettivamente essere un astronauta, che effetti può avere sul corpo, come vivono e come si riparano da eventuali effetti del vivere nello spazio».

Il centro spaziale a Darmstadt

Nel frattempo, Giulia inizia a guardarsi intorno e, su suggerimento di un amico, prova a cercare lavoro a Darmstadt, città famosa perché ospita il Centro europeo per le operazioni spaziali (Esoc), un centro spaziale che gestisce le operazioni di controllo dei satelliti dell’Agenzia spaziale europea (Esa). «Un giorno, quando avevo ormai praticamente mandato il curriculum a tutte le compagnie spaziali in Italia e attendevo risposte, mi sono decisa a provare anche in Germania. Poco prima di partire ero stata chiamata a Roma da un’altra compagnia, per fare un colloquio. Mi sembrava una posizione molto interessante, però contemporaneamente sono stata chiamata da Cgi, una compagnia di servizi It internazionale che a Darmstadt ha una divisione Spazio che si occupa di consulenza nel settore spaziale e conta numerosi clienti, tra cui Esoc ed Eumetstat (Organizzazione europea per l’esercizio dei satelliti meteorologici)». Così, a novembre 2022, Giulia si trasferisce nella città a sud di Francoforte.

«Non sapevo neppure il tedesco»

«Sono partita per la Germania senza sapere assolutamente niente di tedesco, al di fuori di “Danke” e “Bitte” – precisa Giulia, ridendo –. Per adesso mi occupo di portare avanti test su un

software, che agisce da “Mission control system”: un sistema di controllo per una missione di un satellite. Per tutto questo anno e mezzo ho fatto principalmente due cose: i test di accettazione per questo software e, durante il lancio del satellite Heinrich Hertz, il 5 luglio, sono stata una “spacecraft controller”, ovvero la persona che manda i comandi al satellite».

«Ci tengo a specificare che tutte le decisioni su come condurre la missione venivano fatte a un livello più alto, ma il lancio è stata comunque un’esperienza molto emozionante: nel momento in cui il satellite veniva immesso in orbita, ero nel centro di controllo a vedere la prima telemetria che arrivava dallo spazio. Qualche ora dopo, ero io stessa a vederla nella sala di controllo e a lavorare con gli ingegneri».

Manca la famiglia e Alaska

«I primi mesi non conoscevo nessuno e non conoscevo la lingua. In poco tempo ho legato con i nuovi arrivati come me in azienda. C’era un ragazzo arrivato a gennaio 2022 che aveva fatto il Politecnico insieme a me, con cui non avevo mai parlato ma ci conoscevamo di vista. La cosa bella di incontrare italiani all’estero è che si attiva subito un senso di appartenenza molto più forte di quanto tu non possa sperimentare in Italia e, infatti, con tutti gli italiani che ho incontrato qui ho legato molto. Iniziare il lavoro – continua – è stato abbastanza difficile: toccare con mano come i progetti si svolgevano nella realtà e vedere quanto complessi fossero, mi ha fatto rendere conto che avevo moltissimo da imparare, ed è stato di grande impatto dopo l’università».

«Poi io sono una persona molto socievole e attiva nella comunità e la lontananza da casa ha contribuito alle difficoltà iniziali di abituarmi a una vita da lavoratore fuorisede. Continua a dispiacermi il fatto di non vivere più vicino ad amici, famiglia, fidanzato. Mi manca moltissimo anche il mio cane, Alaska». Comunque, in Germania si trova bene. «A parte il cibo, generalmente va tutto bene – scherza Giulia –. La cultura del lavoro mi è sembrata buona: più che in Italia, i tedeschi cercano di stare attenti all’equilibrio lavoro-vita privata. In questi mesi ho viaggiato molto, specialmente a Bonn, città bellissima e di cui mi sono innamorata. In tutti i miei viaggi, mi è capitato di spostarmi con valigie più grandi di me e una cosa che mi ha fatto molto piacere è aver sempre trovato qualcuno che mi desse una mano quando non riuscivo a spostarle, tipo a salire e scendere dal tram. Anche se è banale, questo dimostra che c’è una buona solidarietà tra i cittadini».

Il futuro tra satelliti e scuola

Uno sguardo al futuro: «Un domani, mi piacerebbe lavorare nelle operazioni dei satelliti, oppure come ingegnere dei sistemi dei satelliti, ma sono posizioni a cui arrivi con il tempo e l’esperienza giusta. Mi piacerebbe molto anche sviluppare in parallelo dei progetti per portare lo spazio nelle scuole. In questi mesi, ne ho raggiunto un po’, tra cui le elementari di Bonate, che mi hanno chiesto se avessi intenzione di fare qualche intervento e mi è piaciuto molto. Spero che quest’idea si possa ampliare, farlo qui in Germania implicherebbe conoscere bene il tedesco, punto su cui sto lavorando ma che richiederà ancora anni».

«Bergamo mi manca, è casa mia. Mi manca la bellezza e la storia della città. L’unica cosa che non ha è il mare, non che a Darmstadt sia più vicino – aggiunge ridendo –, sono sempre molto contenta di tornare ed è sempre difficile ripartire».

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