Bergamo senza confini / Bergamo Città
Domenica 27 Gennaio 2019
Ingegnere a Veracruz
con il mare a far compagnia
La mattina si alza e, dal suo balcone, guarda il mare. Dallo scorso ottobre quella distesa azzurra che alcuni giorni si confonde con il cielo, è il suo primo interlocutore, prima di entrare negli uffici del grande stabilimento che Tenaris ha in Messico.
Luca Benigni, 38 anni di Bergamo, abita a Veracruz dove lavora come ingegnere meccanico per la multinazionale bergamasca. È stata proprio la società con sede a Dalmine a mandarlo in Messico, per la seconda volta e dopo una «pausa» di 3 anni in Texas: «Sempre in giro per il mondo – sorride –: dal 2010 al 2012 ho già vissuto qui a Veracruz, poi dal 2015 al 2018 in Texas e ora di ritorno in Messico». Ma il viaggio inizia prima: «E per caso. Mio fratello Ezio un giorno mi informa che in Tenaris stavano cercando nuove figure professionali: io mi ero appena laureato al Politecnico di Milano in Ingegneria meccanica e ho così trovato subito lavoro».
Siamo nel 2005 e nel 2006 Luca parte per 4 mesi per il Canada: «Poi c’è stata l’Argentina, circa tre mesi, e la prima volta a Veracruz». Luca torna in Italia, ma nel 2015 riparte per un progetto in Texas: «Da lì, lo scorso ottobre sono venuto direttamente in Messico».
Il lavoro per Tenaris
Per un progetto molto interessante: «Dopo che in Texas, a Bay City, sono stato capo progetto del primo laminatoio di Tenaris negli Stati Uniti, sono tornato a Veracruz». Qui è il responsabile della direzione tecnica dello stabilimento: «Seguo tutta la realizzazione dei nuovi progetti e investimenti». Dalla modernizzazione allo sviluppo dello stabilimento che, proprio come quello di Dalmine, produce tubi senza saldature, ma è circa tre volte più grande a livello di estensione: «Ci occupiamo in particolare del processo di produzione e finitura di tubi senza saldatura e dello sviluppo di prodotti pipeline (condotte terrestri e marine per trasporto di gas e petrolio, ndr) e casing – spiega –, ma anche di produzione di tubi per il settore meccanico, ad esempio i tubi per gli airbag. Il mio staff è composto da una cinquantina di persone, la maggior parte messicana: alcuni erano stati miei colleghi già nella precedente esperienza a Veracruz». Un lavoro che ama: «Qui sto bene: ho amici, si lavora con dinamismo e cooperazione, amo la cittadina e soprattutto la sua posizione sul mare».
Sempre con la valigia
E poi lo dice come fosse la normalità: «Per come sono fatto io, ci si abitua ad avere la valigia in mano». Luca ha iniziato presto a girare il mondo: «In quarta superiore, al liceo Lussana, avevo vinto una borsa di studio con la Banca Popolare di Bergamo e ho studiato per quell’anno scolastico in Vermont – spiega –. Ho sempre amato viaggiare e quell’anno di intercultura è stato l’inizio: con Ingegneria Meccanica avevo messo in conto che sarei potuto andare un po’ “a spasso”, la mia è una professionalità che è richiesta ovunque: ovvio è che le grandi aziende, con investimenti e strutture, permettono una maggiore crescita professionale. Il lavoro qui è collegato a quanto fatto negli Usa e la nuova responsabilità è estremamente stimolante».
Spiaggia e mare
Se poi si vive in una cittadina solare che offre tutte le bellezze del Messico va anche meglio: «Sicuramente il luogo di permanenza aiuta – dice –. A Veracruz c’è il mare, un clima che agevola con la sua gente nota proprio per la sua vitalità». E così ecco una «giornata tipo» di Luca: «Sveglia alle 6.30 con colazione davanti al mare. Ho un appartamento al 26° piano vicino alla spiaggia e il balcone diventa la mia cucina» racconta. Poi Luca si sposta in azienda e lì passa la giornata: «Si lavora parecchio, ma il clima è disteso e c’è affiatamento». Pochi italiani o europei, anche gli amici «fuori dal lavoro» sono praticamente tutti messicani: «Con loro vado a cena, si passano le serate a chiacchierare, faccio sport».
Luca va spesso a correre sul lungomare, e capita che vada sulla spiaggia con i quad. «Il mio posto preferito? Le dune di Chachalacas». E non manca il lato turistico: «Visito parecchio, sono affascinato dalla storia del Paese. Anche dalla cucina» ma ammette: «Non ho imparato a cucinare messicano, punto al cibo italiano: qui si trova un po’ di tutto, anche se qualcosa manca: i savoiardi per il tiramisù, la polenta... Quando arrivano amici e parenti dall’Italia faccio la lista della spesa: mio padre Silvio e mia sorella Anna, con i miei nipoti Marco e Luca, sono venuti a Natale con la Veneziana, il grana, l’olio».
La famiglia lontana
Per non perdere i sapori italiani: «Penso alla famiglia ed è stata una grande gioia averla qui». La lontananza dagli affetti è del resto la «fatica» più grande: «Appena un amico o un parente vuole venirmi a trovare io non posso che esserne felice. Ora aspetto mio fratello Ezio con la sua famiglia: anni fa mia cognata Federica mi ha portato da un suo viaggio in Africa un piccolo elefante in legno. È sempre con me, portafortuna nei miei viaggi» sorride e ripensa a come è essere lontano da casa ora, rispetto alla prima volta: «Aver iniziato presto, a 25 anni, mi ha reso più adattabile – spiega –. E poi, anche nei momenti di sconforto, viene fuori il bergamasco. Sono cresciuto a “tira su le maniche e tira giù la testa”, un insegnamento prezioso che ho avuto a casa, da mio padre e mia madre Graziella, capaci anche di trasmettermi uno spirito tenace, il senso del dovere, della determinazione».Il tutto condito con una grande apertura mentale: «Perché non basta lavorare duro. Bisogna saper interagire, trovare soluzioni, fare squadra: lontano dalla quotidianità delle “tue mura”, capisci come gestirti, come affrontare le difficoltà. Capisci che devi e puoi farcela, ma devi metterci del tuo».
Nei progetti anche una moto
Certo che la malinconia resta: «Cosa mi manca? Andare a sciare sulle nostre montagne, ma soprattutto i giri in moto e in Vespa: la mia “150” del ’62, ristrutturata ai tempi dell’università, mi aspetta a Bergamo». Appassionato di moto, tanto che nei progetti c’è l’acquisto di una due ruote in Messico: «Qui ci sono dei bei giri da fare e, considerando che starò qui minimo tre anni, ci sto pensando». Per scorrazzare, con il vento caldo sulla faccia. «Ecco, vero, il caldo. Su questo non ho dubbi: una cosa che non rimpiango di Bergamo? Le grigie giornate invernali» sorride.
© RIPRODUZIONE RISERVATA