Il fascino dei motori e di Dragon Ball, in Giappone Matteo Pesenti lavora per Ducati

LA STORIA. Impegnato nel settore marketing, vive da oltre 10 anni vicino a Tokyo con moglie e 2 figli. «Da casa vedo la vetta del monte Fuji come nei cartoon».

Tutto è iniziato con un corso di giapponese frequentato al dipartimento di Lingue, letterature e culture straniere dell’Università di Bergamo, a pochi passi dal «Sarpi». Oggi, da oltre dieci anni, Matteo Pesenti vive e lavora per la Ducati in Giappone, a Yokohama, nella prefettura di Kanagawa, a pochi chilometri dalla capitale Tokyo.

«Sono nato a Trescore Balneario, ma abbiamo sempre vissuto a Bergamo, dove ho fatto le superiori al liceo classico “Sarpi” – racconta Matteo –. Dopo il diploma, in un primo momento avevo deciso di iscrivermi a Giurisprudenza all’università di Bergamo, ma dopo un anno, avendo notato che non era proprio il mio ambito, ho lasciato e mi sono dedicato a qualche lavoretto part-time». Poi, vista la sua passione per le lingue e culture straniere, la scelta di provare a iscriversi alla facoltà di Lingue antistante al liceo statale. «La scelta che proponevano era tra cinese, arabo e giapponese. Il Giappone ha sempre esercitato su di me, cresciuto con i cartoni animati della serie Dragon Ball, il fascino di paese asiatico lontano da casa. Sono andato a una lezione di prova e l’insegnante di giapponese, non appena sono entrato con questo mio amico d’infanzia, anche se eravamo in ritardo ci ha fatto sedere davanti. Durante la prima lezione ci ha appassionato al suo modo di insegnare, molto gentile e affascinante. Una lingua molto diversa da quelle che siamo abituati a sentire, che mi è piaciuta: ho deciso di continuare a studiarla per tre anni».

Il monte Fuji come nei cartoni animati

Il primo incontro con il Giappone vero e proprio Matteo lo fa nel 2013, poco prima di laurearsi. «Ho scritto una tesi sulla parlata giapponese verso gli stranieri: per scriverla sono stato qualche settimana in Giappone. Tramite l’associazione no profit World wide opportunities on organic farms (Wwof) – spiega Matteo –, sono partito come volontario, lavoravo per una famiglia del posto in cambio di vitto e alloggio. È stata un’esperienza molto bella, sono partito

Matteo per la prima volta arriva in Giappone nel 2013 poco prima di laurearsi

ad agosto, faceva molto caldo. Ero con un amico di Nembro, lui non parlava una parola di giapponese. Siamo atterrati ed è arrivato un contadino che ci ha caricato su un furgoncino bianco e ci ha detto “adesso andiamo a lavorare”. Così ho trascorso due settimane a Narita in un posto in mezzo alla natura, nelle serre a raccogliere pomodori e patate, dove ci hanno fornito un alloggio abbastanza grezzo. Facevo delle registrazioni audio per capire come il giapponese, quando parla a uno straniero, modifichi il parlato per farsi capire meglio. Analizzavo anche la velocità dell’eloquio e il tono. Dopodiché, ho fatto una pausa a Tokyo per visitare la città e mi sono fermato altre due settimane a Yamanashi, vicino al monte Fuji».

Passata questa prima esperienza, Matteo torna in Italia e si laurea. Poco dopo, decide di

tornare nell’isola per un’esperienza più lunga. «Ho fatto corsi linguistici a Milano con l’Asg per migliorare la lingua. Tramite la stessa organizzazione sono riuscito a ottenere il visto studentesco, nel frattempo studiavo e facevo qualche lavoretto. Dapprima sono stato a Kobe, nella Baia di Osaka, e ho ottenuto un diploma in una scuola linguistica di business giapponese. Tramite un’amica ho trovato un annuncio di una grande azienda, la G Lion, con molte attività nella zona del Kansai, nell’ovest del Giappone. Ero molto appassionato di auto e moto e avevo visto che nel loro sito c’era un concessionario Maserati, ero interessato a entrare nella realtà delle vendite».

Maserati e Ferrari per G Lion

Matteo viene assunto nel 2015 e fino al 2017 rimane a Kobe, dove lavora anche in una concessionaria Ferrari, sempre per G Lion. Nel 2017, poi, lo spostamento a Tokyo. «Quando sono venuto a Tokyo – afferma – c’è stato un passaggio un po’ drastico, trattandosi di una metropoli con quasi 14 milioni di persone. Mi ricordo che per andare al lavoro nello showroom prendevo il treno e il numero di persone che trasportava era impressionante: un milione al giorno avanti e indietro da Tokyo. Arrivi sul treno la mattina e sei schiacciato dentro, non esci finché non arrivi alla stazione. Una cosa molto alienante per noi di Bergamo. La metropoli ha sempre un certo impatto. La ricchezza che c’è a Tokyo la vedi da poche altre parti del mondo secondo me».

Il lavoro nel marketing

L’ultimo gradino professionale, quello che lo vede tuttora impegnato presso Ducati Japan, avviene all’inizio del 2021. «Come importatori, non vendiamo direttamente al cliente ma siamo “business to business”, importiamo le moto che vengono poi messe sul mercato tramite le concessionarie ufficiali di Ducati. Il mio ruolo è più nel settore marketing, facciamo gli eventi di Ducati, il piano marketing, ci occupiamo dei lanci delle moto e procuriamo i dati alla stampa e ai media».

«In Giappone mi trovo bene, anche se sono stati anni abbastanza movimentati. Mi sono sposato e ho due figli piccoli, ma ancora non ho la cittadinanza: sto pensando di richiedere un

«Facciamo gli eventi di Ducati, il piano marketing»

visto permanente. Quando sono passato alla Ducati mi sono trasferito, adesso abitiamo a Kanagawa, prefettura dove si trova a Yokohama, città più sul mare. Ci sono tante zone storiche e turistiche, vai al lavoro in treno o in auto, con la famiglia si va spesso fuori, ci sono tanti posti carini, a mezzora da noi abbiamo il mare. Da qui al monte Fuji ci vuole un’oretta: dal secondo piano di casa nostra, quando c’è bel tempo, si vede la vetta del monte e lo vedi anche tornando a casa dal lavoro in autostrada, quando ci sono i tramonti limpidi. Le prime volte che lo vedi rimani di stucco».

Miti da sfatare

Secondo Matteo, ci sono due tipi di giapponese: «Quello della regione del Kansai e quello del Kanto. Il primo è più aperto, ha più umorismo soprattutto nel far le battute; il secondo magari può sembrare più freddo e più difficile da avvicinare. Un mito da sfatare, comunque, è che nessun giapponese ha amici, il giapponese medio è molto corretto e serio». Per il futuro «mi piacerebbe trovare un equilibrio, in Giappone mi trovo bene ma se dovessero offrirmi una posizione interessante in Italia o in Europa sarei pronto anche a spostarmi, sono uno a cui piace sempre muoversi, abbastanza dinamico».

Bergamo senza confini

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