Bergamo senza confini / Pianura
Domenica 18 Luglio 2021
Daniele, 30 anni: a Stoccolma traccia i percorsi di arrampicata tra le vette svedesi
Da tre anni vive e lavora in Svezia: la tecnica ereditata in famiglia, i primi passi grazie al Cai di Bergamo. «Qui per amore, ma la mia passione è diventata un mestiere».
«Ho la passione per l’arrampicata e le montagne fin da quando ero bambino, grazie a mio papà Enrico. Iniziata con piccole escursioni che man mano sono diventate sempre più impegnative, specialmente facendo scialpinismo. Durante l’adolescenza, poi, la vera passione e dedizione per l’arrampicata trova supporto con mio zio Davide, mentore e istruttore. Da qui si inizia con piccoli raduni (gare amatoriali) e fondamentalmente arrampicando all’aperto nelle nostre falesie di casa, nella Bergamasca, e con escursioni in falesie rinomate del Nord Italia».
Daniele Stucchi, 30 anni, originario di Romano di Lombardia, racconta così la sua voglia di scalare sempre più su, sulle vette dei monti, come nella vita, che lo ha condotto da ormai 3 anni a Stoccolma, dove attualmente vive e lavora. «Con gli anni, poi, quando vivevo a Romano di Lombardia, dove ho abitato per 26 anni, sono passato, con un coinvolgimento diretto, per la realizzazione della palestra di arrampicata del Cai di Romano, punto di aggregazione e di importanti amicizie. Con il Cai ho avuto anche la possibilità di imparare la gestione e la promozione di corsi di arrampicata, nonché la gestione della palestra e la tracciatura. Sono passato poi anche alla realizzazione di circuiti di gare amatoriali Boulder tra le province di Bergamo e Brescia, con l’aiuto di un caro amico, Riccardo, senza il quale non sarebbe stato possibile».
Dopo aver lavorato qualche anno in Italia nel settore delle piastrelle e ristrutturazione, però, il 13 marzo 2018 Daniele decide di trasferirsi in Svezia per raggiungere la fidanzata Francesca. «Mi sono trasferito a Stoccolma semplicemente perché la mia ragazza e ormai compagna viveva già qui da ormai 5 anni. Ci è sembrata la cosa più naturale da fare tentare una strada diversa, quella degli espatriati. Lei con un dottorato in corso e grandi progetti, io con la voglia di scoprire e testare le possibilità della Svezia. Dopo ormai 3 anni che sono qui posso dire di aver fatto un grande passo nella giusta direzione. Appena trasferito qui mi sono cercato un lavoro, ma ho anche cercato di godermi la natura e le attività sportive che la Svezia offre, tra kajak, barca a vela e ice skating sul mare ce n’è per tutti i gusti. Amicizie ne ho acquisite dalla mia ragazza ma ne ho anche create di nuove specialmente nell’ambito dell’arrampicata. La cosa migliore in ogni caso è lanciarsi in nuove esperienze: gli svedesi sono timidi di natura e devi essere tu a coinvolgerli».
All’inizio non è stato facile, ma poi Daniele è riuscito a trasformare la propria passione per l’arrampicata nel proprio lavoro. «Come la maggior parte delle persone che espatriano, la più grande difficoltà è entrare nel nuovo sistema e ottenere il codice fiscale e tutte le appropriate documentazioni del caso. Quindi come primo lavoro a Stoccolma ho lavorato in una pizzeria italiana gestita da due ragazzi emiliani. Ottenuto il codice fiscale svedese, poi, ho potuto iniziare a lavorare come tracciatore per la Klattercentret. Qui a Stoccolma sono riuscito così a ottenere un lavoro a tempo pieno come tracciatore in una delle maggiori aziende nel settore (la Klattercentrt, ndr), che ha più di otto palestre dedicate all’arrampicata. Ho deciso che sarebbe diventato il mio lavoro nel momento in cui mi sono trasferito in Svezia e avendo esperienza e conoscendo il settore ho potuto capire la grande opportunità che avevo a disposizione. Un punto a favore è stato l’ambiente di lavoro, l’organizzazione e la passione dei miei odierni colleghi. La palestra in cui lavoro, inoltre, ha ospitato per diversi anni uno degli eventi più importanti in Europa di arrampicata: La Sportiva Legends Only, punto a favore per iniziare a lavorare qui».
Ma cosa fa un tracciatore? «È colui che crea, traccia, percorsi di arrampicata, attraverso le prese e le diverse angolazioni della parete, per creare movimenti e difficoltà differenti. È un lavoro che richiede non solo conoscenza tecnica del movimento dell’arrampicata, ma anche attitudine verso il design delle linee di arrampicata. Infine bisogna anche avere capacità di arrampicare e testare i vari problemi (boulder) e tiri (corda)». A Stoccolma, quindi, Daniele ha trovato la propria linea per arrampicare sulla vetta della propria vita e non ha intenzione di fermarsi fino a quando non sarà arrivato in cima. «In questi tre anni ho potuto apprezzare l’organizzazione e l’affidabilità del sistema svedese, incentrato sulla crescita e la libertà personale, con molte opportunità per i ragazzi. Una pecca, invece, è il risvolto della chiusura sociale e della diffidenza che gli estranei si riservano a vicenda: infatti mi manca dell’Italia e di Bergamo il calore che si sente a entrare in un bar, o la schiettezza e la risolutezza nel risolvere insieme i problemi della vita quotidiana. Di casa mi mancano più di tutto le montagne e tutte le attività correlate. Con famiglia e amici con le tecnologie di oggi riusciamo a sentirci tutti i giorni e con un aereo arrivo a casa in sole 3 ore».
«Qui in Svezia hanno affrontato il Covid-19 in maniera molto diversa dall’Italia e particolare, soprattutto dal punto vista delle chiusure e misure restrittive, che effettivamente non ci sono state. Si sono affidati al senso civico della popolazione, attraverso comunicati stampa e direttive generali. Quindi la situazione interna allo Stato non è cambiata molto, a parte non andare a feste ed eventi o nei ristoranti per quasi un anno». E il futuro? «Ora lavoro come tracciatore, riesco ad avere un appartamento e progetti grazie alla mia passione, una cosa non semplice in Italia. I progetti futuri sono incentrati a continuare a lavorare per la mia passione e se possibile, visto che la Svezia supporta molto le nuove aziende, aprirne una mia. Purtroppo mi vedo stabile qui in Svezia. Purtroppo perché in Italia ci sono grandi possibilità ma sempre molto complesse e difficili a livello burocratico e soprattutto legislativo. E dal punto di vista della famiglia e possibilità di averne una non c’è paragone, in Svezia sarei molto più agevolato per diversi fattori: punto importante per rimanere qui».
Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della comunità bergamasca onlus. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected] .
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