Dai banchi di scuola a Brembate alla ricerca in Spagna e Usa contro il cancro

GLI AMICI. Cristiano Rottoli e Sara Rota, 25 anni, sono amici dalla scuola primaria e condividono la passione per la scienza fin da piccoli. Ora, dopo il liceo scientifico al «Maironi da Ponte» di Presezzo e la laurea in Biotecnologie alla Bicocca di Milano, sono volati a Barcellona e a Houston in Texas.

Una storia di amicizia e di passioni condivise nata tra i banchi delle scuole elementari di Brembate Sopra, paese di nascita di Cristiano Rottoli e Sara Rota, classe ’98. I due ragazzi, infatti, hanno frequentato le stesse scuole elementari e medie per poi proseguire gli studi al liceo scientifico «Maironi da Ponte» di Presezzo. Alla fine delle superiori la passione per la scienza li ha spinti a iscriversi alla triennale in Biotecnologie presso l’Università degli studi Milano Bicocca e, dopo aver brillantemente concluso il primo ciclo di studi, a intraprendere la magistrale in Biotecnologie industriali continuando nella stessa università. Nel piano di studi di questa laurea magistrale è incluso un periodo di tirocinio che entrambi i ragazzi hanno scelto di intraprendere all’estero e così, a gennaio 2023, le loro strade si sono divise e i due giovani si sono trasferiti a Barcellona e Houston per fornire il loro contributo alla ricerca.

A Barcellona

Cristiano Rottoli lavora attualmente nel laboratorio Idibell a Barcellona, nel dipartimento P-cmrc, programma di medicina rigenerativa della Catalogna. Con il suo gruppo di ricerca, Cell Plasticity and Regeneration, si occupa di comprendere un meccanismo, scoperto recentemente, tramite cui una nicchia cellulare dell’intestino, ossia una piccola popolazione di cellule, è in grado di rinvertire a una sorta di stato simil-staminale e di avviare un meccanismo per riparare il tessuto danneggiato in seguito al trattamento con radioterapia.

«Di base la radioterapia, essendo mirata a distruggere il cancro, ha come effetto collaterale il danneggiamento del tessuto sano – spiega Cristiano –: l’idea del progetto del mio team è capire a livello molecolare il meccanismo di rigenerazione cellulare per poterlo potenziare e sfruttare come terapia di contrasto agli effetti collaterali di tale cura. L’obiettivo principale è andare a coprire un bisogno non ancora soddisfatto: più che la cura del cancro, l’assistenza al paziente post trattamento».

A Houston

Sara Rota, invece, sta collaborando con il laboratorio dello Houston Methodist Research Institute, un centro di ricerca all’interno di una clinica privata. L’istituto fa parte del Texas Medical Center, uno dei centri più avanzati di sviluppo medico, nonché il più importante centro medico nel sud degli Stati Uniti. Il progetto a cui lavora si occupa dello sviluppo di nanoparticelle biomimetiche, il cui nome è liposomi, per il drug delivery nell’osteosarcoma. «Vorremmo creare questa nanoparticella in cui intrappolare il farmaco in grado di inviarlo alla zona target – spiega Sara –: lavoriamo all’interno di un laboratorio traslazionale, ovvero un ambiente di lavoro che riunisce figure provenienti da diversi ambiti (biotecnologia, biologia, chimica, ingegneria biomedica…). Ciò permette, unendo conoscenze derivate da background diversi, di avere un’integrazione di saperi per uno sviluppo avanzato nella ricerca».

«Purtroppo nel nostro Paese la ricerca non è un ambito valorizzato e non si hanno fondi per avere macchinari all’avanguardia, quindi ho avvertito l’esigenza di iniziare a espandere i miei orizzonti perché sicuramente questo sarà utile in futuro ad aprire nuove porte» afferma Cristiano.

Entrambi i ragazzi hanno scelto di partire per l’estero sia per l’esperienza di vita e la crescita personale e professionale che questa esperienza sta loro donando, sia perché hanno riconosciuto una sostanziale differenza nelle opportunità lavorative nel loro campo al di fuori dell’Italia. «Purtroppo nel nostro Paese la ricerca non è un ambito valorizzato e non si hanno fondi per avere macchinari all’avanguardia, quindi ho avvertito l’esigenza di iniziare a espandere i miei orizzonti perché sicuramente questo sarà utile in futuro ad aprire nuove porte» afferma Cristiano. L’accoglienza nei Paesi di arrivo è stata calorosa per entrambi i ragazzi che raccontano un clima di inclusione immediata nel team di ricerca, iniziato prima ancora di raggiungere fisicamente il Paese straniero. «Sono rimasta piacevolmente stupita dall’accoglienza americana – racconta Sara –: se dovessi descrivere un tratto caratteristico della loro cultura sarebbe la gentilezza e l’altruismo. Tutte le persone che incontro sono estremamente disponibili ad aiutarmi e anche nei piccoli gesti quotidiani, come il camminare per strada, noto come le persone salutino sempre con un sorriso, facciano un complimento sui vestiti che indosso o scambino due parole con me. Sono piccoli gesti di gentilezza e di apertura al prossimo che sento mancare in Italia».

«Un’esperienza da fare»

«Barcellona mi ha da subito conquistato – continua Cristiano –: è una città ricca di stimoli in cui annoiarsi è impossibile, inoltre anche qui c’è un contesto estremamente amichevole e noto che l’apparenza conta molto meno rispetto che da noi». Entrambi i progetti hanno una durata complessiva di dieci mesi in cui Cristiano e Sara hanno l’opportunità di mettersi a confronto con una cultura diversa, vivere da soli ed entrare in un ambiente lavorativo sfidante e stimolante.

«Questa è la mia prima esperienza lontano da casa, sono estremamente contento di aver preso questa decisione che reputo fondamentale nel mio percorso di crescita – spiega Cristiano – dal punto di vista formativo sto imparando tantissimo, una pecca della formazione universitaria è la mancanza di pratica a fronte della mole teorica. Il laboratorio mi sta consentendo di toccare con mano ciò che ho studiato in questi anni, permettendomi di allargare moltissimo il mio patrimonio conoscitivo. Inoltre, sto migliorando il mio inglese e imparando lo spagnolo: mi sento ogni giorno arricchito personalmente da quanto sto vivendo».

«Mi sembra di vivere in un film – afferma Sara –: sono quotidianamente bombardata da stimoli di cui sentivo la mancanza a Bergamo». «Ho sofferto di problemi di salute legati allo stress e, grazie a questa esperienza sto imparando a riconoscere il mio valore personale, non essere troppo duro con me stesso e a non cadere in un loop di competizione da cui è spesso facile essere inghiottiti» aggiunge Cristiano.

Ripensando a casa, però, nei due ragazzi emerge nostalgia nei confronti della famiglia e degli amici. «Se dovessi dire cosa mi manca di Bergamo sicuramente al primo posto ci sarebbero le persone a me care, ma anche vedere la mia città, la sua bellezza e i posti dove ho trascorso tutta la mia vita finora». «In America ho notato come tutto ciò che è italiano abbia un valore aggiunto – sottolinea Sara – ciò mi ha fatto accorgere di come spesso siamo noi stessi i primi a sminuirci o sminuire il nostro Paese quando invece dovremmo sapere riconoscere di più ciò che c’è.

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