«Da 20 anni sull’isola di Roatán
Barriera corallina e Mar caraibico»

«E pensare che fino a 18 anni il posto più lontano dove ero stato era Milano o a Bergamo a vedere l’Atalanta. Avevo paura a muovermi». Andrea Brignoli, 59 anni, originario di Carobbio Degli Angeli, frazione Santo Stefano degli Angeli, se ci ripensa ancora non ci crede che non solo è una vita che viaggia in tutto il mondo per lavoro ma che addirittura da ottobre 2001 vive in Honduras. «Da piccolo ho sempre avuto curiosità per le parti elettriche e subito dopo le medie ho voluto perfezionare questa conoscenza, così ho deciso di specializzarmi sull’automazione industriale. Qualche giorno dopo aver terminato le superiori ho iniziato a lavorare presso la Pedrini spa di Carobbio Degli Angeli (Produzione macchinari lavorazione pietra) e tutt’ora, anche se vivo all’estero, collaboro con loro. Anzi devo ringraziarli, perché è grazie a loro che ho potuto viaggiare e conoscere tanti posti».

Da quando ha iniziato il suo percorso lavorativo a oggi, infatti, Andrea ha lavorato in diverse parti del mondo, tra Europa, America, Africa e Asia. «Sono stato in Nigeria, Egitto, Tunisia, Israele, Oman, Marocco, Uzbekistan, India, Malesia, Giappone, Cina, Taiwan, Spagna, Portogallo, Grecia, Turchia, Polonia, Canada, Usa, Messico, Brasile, Honduras, Guatemala, Argentina, Perù e Colombia. E questi sono solo i posti dove mi sono fermato a lavorare per più di un mese». Proprio durante uno dei suoi viaggi lavorativi, Andrea ha conosciuto Mirna Euceda, con cui oggi è sposato da ormai 34 anni. «Ho conosciuto mia moglie in Honduras (lei è honduregna), durante un viaggio di lavoro. Poi l’ho invitata in Italia e lì ci siamo sposati. Insieme abbiamo creato una famiglia che oggi è composta anche da tre figli, tutti nati a Trescore Balneario, ormai grandi: Erika che da novembre 2019 vive a Bergamo, Colognola, Sem che vive a Memphis (Usa) e Thomas che da maggio 2019 vive a Dalmine».

Andrea, come detto, vive e lavora in Honduras da ottobre 2001. «Mi sono trasferito con tutta la famiglia, moglie e tra figli. Ma c’è da considerare che era un periodo particolare, quello: l’11 settembre 2001, infatti, è successa la catastrofe delle Torri Gemelle e io proprio quel giorno sono partito per lavoro da Malpensa alle 12 e dopo otto ore di volo, alle 20, sono atterrato di nuovo a Malpensa. Stavo andando a Washington e a metà strada siamo tornati indietro. Sono stati giorni difficili. Quando mi sono trasferito, circa un mese dopo quel fatto, ero angosciato per la situazione mondiale e in particolare mi preoccupava di essere partito nel momento sbagliato, ma poi tutto è andato bene. Per i primi 5 anni ho vissuto nella capitale, Tegucigalpa, e, poi, da gennaio 2007 mi sono trasferito sull’isola di Roatan sempre parte dell’Honduras, dove tutt’ora vivo e lavoro. Collaboro sempre con la Pedrini spa e seguo per loro il mercato americano (dal Canada all’Argentina), facendo installazioni e manutenzioni sui loro macchinari. Nel lavoro il mio principale obiettivo è far conoscere a tutti la tecnologia avanzata che abbiamo a Bergamo e che esportiamo in tutto il mondo. Mi sono insediato in Centro America e per me è più facile muoversi per il Nord e il Sud America. Da quando mi sono trasferito in Honduras, infatti, seguo più i paesi del continente americano, in particolare Usa e Brasile».

Nonostante il trasferimento nel Paese natale della moglie, ambientarsi in Honduras per Andrea non è stato facile. «Qui avevo già alcuni amici, clienti del lavoro e parenti di mia moglie che conoscevo. Ma non è stato facile come potrebbe sembrare. Noi bergamaschi siamo sempre un po’ sulle nostre e facciamo fatica ad aprirci, ma in compenso i latini sono molto più aperti e questo mi è sempre piaciuto ed è stato un motivo per cui mi sono trasferito in Honduras. Ora mi sono integrato bene e ho tanti amici anche qui. Si vive bene e c’è meno stress che da noi». Nonostante i tanti anni passati all’estero, però, Andrea sente sempre la mancanza del proprio Paese natale. «Mi manca Bergamo, mi mancano le camminate in Città Alta, le montagne innevate dietro la città, la Presolana, la vista della pianura dai Colli di San Fermo, il lago di Endine e quello d’Iseo, le partite dell’Atalanta (anche se in questo caso Internet è molto d’aiuto). E poi la cosa principale che mi manca è la cucina bergamasca, la polenta: trovarsi la domenica tutti insieme a tavola. Però mia moglie e mio figlio cuoco Thomas mi aiutano molto e sanno fare bene la polenta e diversi piatti tipici e Mirna ha imparato anche il dialetto. Almeno una volta all’anno vado a Bergamo per visitare il resto della famiglia, adesso di più dato che due figli sono a Bergamo. I miei parenti sono timorosi a viaggiare in aereo, soprattutto tante ore, quindi non vengono in Honduras. Ma fortunatamente la tecnologia ci aiuta e con le video chiamate adesso ci sentiamo spesso e volentieri». Una mancanza che Andrea ha avvertito con ancora più forza durante la prima ondata di Covid-19, quando la Bergamasca è stata una delle terre maggiormente colpite dalla pandemia. «È stata molto dura per me, tenendo presente il fatto che da poco i miei due figli sono tornati a Bergamo. A inizio marzo, inoltre, sono andato negli Usa, in Colorado, per un lavoro di breve termine, ma a causa del Covid-19 hanno bloccato tutti i voli e sono rimasto lì per cinque mesi. Da bergamasco, leggendo tutto quello che succedeva nella nostra città, avevo un nodo in gola e andavo a dormire preoccupato, dormivo poco, e temevo per i miei famigliari, i miei figli e per tutta la gente di Bergamo e mia moglie in Honduras».

E il futuro? «Per adesso mi trovo bene in Honduras, sono sul mare dei Caraibi, al caldo, con questa acqua turchese e cristallina davanti alla barriera corallina. L’Italia e Bergamo, però, sono la mia casa, la mia terra, le mie origini. Quando mi chiedono quale è il miglior posto che ho visitato, la mia risposta è sempre la stessa: prima casa mia con la mia famiglia e poi rispondo sempre che Bergamo, Città Alta, le sue colline e le sue montagne, il mangiare, la polenta e l’Atalanta!».

Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della comunità bergamasca onlus. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].

© RIPRODUZIONE RISERVATA