«Con il timelapse colgo gli attimi
in tutto il mondo, anche a Bergamo»

Sed fugit interea, fugit irreparabile tempus», «Ma fugge intanto, fugge irreparabilmente il tempo». Così Virgilio, nelle sue Georgiche, descrive la condizione tragicamente temporale dell’uomo, sottoposto al tempo che intanto fugge irreparabilmente. Tempus fugit, il tempo fugge, è palese, tutti ce ne rendiamo conto e proprio per questo qualcuno vive secondo la filosofia del «Carpe diem», del cogliere l’attimo, qui e ora. «Carpe diem», cogliete l’attimo ragazzi, rendete straordinaria la vostra vita: dice il professor John Keating, interpretato da Robin Williams, ne «L’attimo fuggente» (1989).

C’è anche chi, però, del Carpe diem, del cogliere l’attimo, non ha fatto una filosofia di vita, ma addirittura il proprio lavoro. Si tratta del fotografo Filippo Rivetti, classe 1980, originario di Bergamo, che da 13 anni vive in Australia e coglie – letteralmente – attimi in tutto il mondo. «Sono venuto per la prima volta in Australia – racconta – nel 2003, durante l’università, mentre studiavo Ingegneria gestionale a Dalmine. Volevo fare un’esperienza di studio all’estero e quell’anno hanno attivato Socrates (una specie di Erasmus fuori Europa) a Sydney, così ho deciso di venire qui. L’idea era di fermarmi 6 mesi, ma mi sono trovato talmente bene che alla fine ne ho fatti 12. Dopo essere tornato ed essermi laureato, ho cercato lavoro in Italia, ma non ero soddisfatto, così nel 2007 ho deciso di tornare a Sydney e provare a crearmi una carriera in Australia. Qui ho lavorato come project manager per 5 anni, ma capivo che non era quello che volevo fare nella vita».

Filippo, nella vita, era destinato infatti a cogliere attimi. «Fin da piccolo ho sempre avuto la passione per la fotografia e mi sono reso conto, portandola avanti negli anni, che era quella la mia strada, anche lavorativa. Così ho iniziato a dedicare sempre più tempo a foto e video e nel 2012 mi sono licenziato e ho iniziato a fare il fotografo a tempo pieno. Sicuramente l’Australia mi ha aiutato in questo mio processo di passaggio, perché qui se si è bravi e si ha voglia si viene premiati. Conta il merito». Dopo un primo anno difficile Filippo ha trovato il modo di essere unico e riconoscibile. «Il mondo è pieno di fotografi e io volevo trovare una mia strada per differenziarmi e avere così la mia fetta di mercato. Ci sono riuscito dedicandomi e specializzandomi sempre di più nel timelapse, una tecnica che all’epoca non era il marchio di fabbrica di nessuno (nessuno, prima di me, utilizzava solo quella) e che mi ha permesso di differenziarmi e farmi notare».

«Si tratta di una tecnica e un aspetto della fotografia che mi ha sempre attirato molto – racconta –. Quando ero bambino, ricordo che c’era questo documentario, “Il deserto che vive”, in cui si vedeva uno dei primi timelapse che mostrava le rocce che camminano nella Valle della morte in America, che si muovono su delle lastre di ghiaccio, di notte. E mi ha appassionato. Anche perché può mostrare eventi che si possono vedere proprio solo grazie a questa tecnica: cose che si muovono molto lentamente, tipo le stelle. Inoltre, è una tecnica molto tecnica (scusate il giro di parole) e il mio background da ingegnere penso mi abbia spinto verso di essa, proprio perché unisce creatività e tecnica».

Una tecnica, quella del timelapse, che coglie davvero gli attimi, anche quelli che in altri modi non potresti vedere. «Ho iniziato creando un video che raccontasse Sydney tutto in timelapse. Un progetto personale che però ho messo online e ha avuto tantissime visualizzazioni. Grazie a questo video, poi, sono stato contattato da una società italiana per realizzare un video di promozione che raccontasse la Liguria, nell’ottobre del 2013. È stata un’esperienza bellissima, molto seguita anche dalla stampa, e che mi ha dato un ulteriore slancio lavorativo. Tornato in Australia, infatti, mi ha contattato Expedia e mi ha chiesto di fare qualcosa di simile per Sydney. Penso sia stato il video decisivo per me questo, perché fu visto da milioni di persone e perché ancora oggi, dopo 8 anni, vengo contattato grazie a quel filmato e mi viene chiesto di realizzare video simili».

Oggi Filippo lavora soprattutto nell’industria del turismo, collabora con la città di Sydney e con l’Australia, oltre che, da 7 anni, con «Vivid Sydney», uno dei festival di luci e proiezioni più grandi al mondo. «Durante questi anni ho lavorato anche per alcune società di navi da crociera. Per la Princess Cruises, una delle più grandi al mondo, ad esempio, ho realizzato un video del viaggio inaugurale della loro nuova nave che percorre la vecchia Via della Seta: da Genova, costeggiando l’Africa, fino ad arrivare in Cina. Ho vissuto due mesi sulla nave per realizzare un video del percorso interamente in timelapse. È stata davvero un’esperienza bellissima che mi ha anche permesso di visitare diversi posti, seppur velocemente. Il mio lavoro mi ha permesso anche di andare in Norvegia e vedere l’aurora boreale, uno dei miei sogni, alle Lofoten Islands, e di realizzarne un video».

Ora, Filippo, come detto, vive in Australia, ma lavora e coglie – letteralmente – attimi in tutto il mondo. E non ha certo dimenticato Bergamo e l’Italia, i posti di casa, che gli mancano, e quei luoghi così belli che ogni volta che può torna a visitare e, a volte, anche cogliere. Proprio come Bergamo, raccontata nel suo famosissimo video «Bergamo - City of the Thousands». «È partito come progetto personale. Era un’idea che volevo realizzare da molti anni e che ho provato anche a proporre nell’anno dell’Expo di Milano. Non se ne fece nulla e così, dopo due anni e mezzo, ho pensato di farlo come mio progetto personale (ne faccio spesso). Una volta messo online, poi, è stato visto da tantissime persone e così sono stato contattato per poterlo mettere all’aeroporto di Orio, dove è stato trasmesso per un anno, e per essere usato dal turismo bergamasco». «Ora – conclude –, a causa del coronavirus non posso uscire dall’Australia, ma spero di farlo presto e di tornare a cogliere attimi in tutto il mondo». Il tempo fugge ma Filippo ha trovato un modo per catturarlo.

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