«Londra, la mia start up risolve problemi
come una mamma»

Andrea Armanni, 23 anni, ha creato una società con duemila clienti e che vale un milione e mezzo di euro. «Non trovi l’elettricista? Basta cliccare su Mammalo». Andrea è originario di Bergamo, ha studiato al Liceo scientifico «Mascheroni» e all’«ImiBerg». Subito dopo la maturità si è trasferito a Londra, dove si è laureato in Business management with finance e avviato la sua attività, creando una società con oltre 2000 clienti. Per supportare la crescita della sua azienda, si avvale di altri 4 collaboratori che contribuiscono alla crescita: Federica Pecis e Federica Attanasio, Stefano Bosio e Alberto Betta.

Come risolvere un problema casalingo che t’è capitato per caso e trasformarlo in business. Questa è la storia di successo di un bergamasco di 23 anni, Andrea Armanni, che da ormai 5 anni vive a Londra e che ha fatto esattamente questo: «Mi serviva un elettricista urgentemente, perché non riuscivo a spegnere l’allarme di casa, che ha continuato a suonare per otto ore». E dal cilindro è uscita l’idea che stabilisce un prima e un dopo, quella che fa la differenza: creare una società per connettere utenti e professionisti di vario genere, che vengono a casa tua per qualsiasi evenienza. Così è nata Mammalo (www.mammalo.com) di cui Andrea è Direttore e Ceo, con un team di collaboratori: due nella postazione a Bergamo (Stefano Bosio e Alberto Betta), un’altra bergamasca (Federica Pecis) nell’ufficio londinese insieme con Federica Attanasio e Maxime van den Berg.

Attenzione: Mammalo è un nome piacevole da decifrare e rinvia alla dimensione affettiva e all’utilità. Sta per «Mamma», colei che ci soccorre ovunque, e «lo» sta per Local, cioè il luogo dove ci si trova. Armanni, un po’ figlio d’arte, la passione del fare l’ha sempre avuta: a 16 anni vendeva braccialetti e ricorda ancora di aver incassato circa 20 mila euro. Liceo scientifico al Mascheroni e all’Imiberg, poi lo sbarco a Londra a 19 anni, dove ha conseguito la laurea in Business Management & Finance. Nel frattempo ha lavorato nella Investment Banking Division di Barclays a Parigi e nel 2017, al secondo anno di Università, ha messo in piedi Mammalo. La società è stata lanciata ufficialmente nel novembre scorso e, in meno di tre mesi, ha raggiunto oltre duemila clienti e una valutazione di un milione e mezzo di euro.

«In questo periodo – spiega l’inventore della start up – lavoriamo dalla mattina alla sera e siamo tutti molto soddisfatti per come vanno le cose. Mammalo è stata selezionata migliore start up da TechItalia, il più grande incubatore di imprenditori italiani in Gran Bretagna, e abbiamo vinto il primo premio Aruba di 50 mila euro». Ora questa creatura tutta bergamasca sta cercando finanziamenti per espandersi. Recentemente è stata accettata su Crowdcube, la piattaforma di Crowdfunding più grande d’Europa: «Il bello di Crowdfunding è che tutti possono investire e partecipare personalmente alla crescita delle start up in cambio di una quota societaria, anche con un investimento minimo di 10 euro. Ora stiamo preparando questa campagna, che sarà disponibile al pubblico a giugno».

Il portale di Andrea richiama un po’ lo schema di Uber, fatto di due parti: coloro che si registrano come tassisti e quelli che hanno bisogno del servizio. Per capirci: su Mammalo dialogano i professionisti che offrono un servizio a domicilio last minute e i clienti che sul sito possono consultare chi è disponibile, il prezzo, le recensioni. Un clic e la prenotazione è immediata. Per ora i servizi offerti sono 21. Serve il parrucchiere a casa? Ok. Occorre l’elettricista? Eccolo. Oppure il barista per la serata, o lo chef per la cena. Ma anche lezioni di matematica e di altro genere, tutto a domicilio. Un bel giocattolo, insomma, che però ha bisogno di una cura continua e che, fortunatamente, non soffre per l’impatto della Brexit, il tormentone dell’uscita dell’Inghilterra dalla Ue posticipata al prossimo autunno. Bisogna, però, fare i conti con un ambiente molto diverso dal nostro: «La cultura italiana, mediterranea e familiare, si deve misurare con la sensibilità nordica e molto lavorativa, senza soluzione di continuità. Qui a Londra la vita ti tiene sul pezzo: tutti lavorano ed è un continuo correre».

In sonno, per il momento, le passioni di sempre (i viaggi d’avventura, i motori, la chitarra), ma tutti alla stanga: «In questo periodo siamo molto presi e si finisce alle 22. Siamo però molto contenti, anche perché supportati da persone favolose. Non m’aspettavo di riuscire in questo modo». A Londra si sta bene, magari – come s’è visto – si va un po’ troppo di fretta. Un neolaureato ha uno stipendio medio annuo di 37 mila euro e per vivere decentemente servono mille euro al mese per una camera da letto e altrettanti per sbarcare il lunario: a conti fatti, qualcosa resta in tasca. Un mondo nuovo, che ti cambia l’esistenza: «È tutto molto diverso. Noi italiani ci portiamo dietro sensibilità ed emozioni, l’attaccamento alla famiglia che qui non trovi». Molta competizione, molto individualismo: «Bisogna intenderci sui termini – risponde Andrea –. Nelle Università e nei luoghi di lavoro la tendenza è farti lavorare in gruppo su progetti mirati, ma poi all’interno del sodalizio la concorrenza è durissima».

Londra è affollata di italiani, chi per studio e chi per lavoro. Quando si può si tende a fare comunità, comunità aperta però: un meticciato. Armanni s’è ritagliato uno spazio tutto suo, perché in questi mesi ha cominciato a insegnare, senza compenso, alla Birkbeck University e alla Pearson Business School per aiutare i ragazzi che, come lui, intendono avviare un’attività aperta sulle nuove frontiere e per indirizzarli a trovare i finanziamenti. «Il punto di partenza – conclude il bergamasco appena rientrato da una lezione – è sempre il più difficile: occorre trovare lo sponsor e serve creare quel circolo virtuoso fatto di fiducia reciproca. Bisogna crederci, darsi la sveglia e scommettere sul rischio e poi in ufficio, pancia a terra. I risultati, con un po’ di pazienza e a volte anche meno, vengono. Qui a Londra si può fare molto, anzi tutto».

Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della comunità bergamasca onlus. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].

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