«All’Osservatorio di Parigi
studio il futuro tra le stelle»

Filippo Oggionni a quasi 24 anni si sta laureando in Ingegneria aerospaziale all’Università di Delft Il tirocinio in uno dei più importanti centri astronomici. C’è un po’ di continua indagine degli spazi e dell’ignoto, in questo percorso di formazione proteso verso lo studio e la sperimentazione. Un anno negli Stati Uniti quando neppure era maggiorenne, poi gli studi magistrali nei Paesi Bassi; ora un tirocinio all’Osservatorio di Parigi, uno dei più grandi centri astronomici del mondo dove Filippo scruta il nostro avvenire e un po’ anche il suo. Come dire: la testa sempre fra le nuvole, meglio ancora se un po’ più sopra.

A marzo Filippo Oggionni, bergamasco di Redona, compirà 24 anni. Avrà in quel momento concluso la sua esperienza francese (una borsa di studio di cinque mesi) e sarà tornato in Olanda, per immergersi nella preparazione della tesi prevista a fine 2021. Le ultime festività le ha trascorse in città con i suoi cari, in quanto «tornare a casa è sempre bello»: parola di un ex studente del «Lussana» che la quarta liceo decise di farla in Mississippi, «perché volevo provare un’esperienza totalmente nuova, anche e soprattutto per mettermi alla prova». Ospite di una famiglia americana, visse un anno da giovane figlio dello zio Sam: «Tutto decisamente molto formativo. Poi, rientrato a Bergamo, ho preso il diploma iniziando a interrogarmi su cosa e quanto volessi dal mio avvenire».

Le idee hanno cominciato a prendere forma pian piano: l’ambito scientifico e l’aspetto tecnologico sono sempre stati precisi punti di riferimento, «però ho sentito più che altro la necessità di rivolgermi verso la fase pratica. La teoria è la base e ha un fascino magnetico, ma a me è sempre piaciuta l’idea di arrivare a realizzare qualcosa di tangibile, provare a rendere concretamente migliore il mondo in cui si vive».

Ad attenderlo, così, ha trovato la facoltà di Ingegneria aerospaziale frequentata al Politecnico di Milano, inusuale e al tempo stesso appassionante: «In avvio la traccia è molto simile a quella di Ingegneria meccanica, ma l’obiettivo finale, quel lasciare la terra per spingersi verso lo spazio, l’ho sempre trovato a dir poco motivante». Anche perché, per quanto la materia possa risultare intricata, pungola inevitabilmente una vasta area dei gangli del sapere: «I campi toccati sono tantissimi, le discipline ricche, e non potrebbe essere diversamente perché a un ingegnere aerospaziale vengono richieste competenze di ogni tipo. E a me, che sono curioso per natura, questo ha dato la possibilità di mettere il naso un po’ ovunque».

Al «PoliMi» Filippo ha fatto la triennale conseguendo la laurea nel 2019, per poi trovarsi chiamato a un altro grande vaglio esistenziale: «Si trattava di scegliere in quale università acquisire la magistrale, partendo dal presupposto che Milano, in campo spaziale, resta uno dei posti migliori d’Europa. L’alternativa era Delft, una cittadina dei Paesi Bassi situata nell’Olanda meridionale, molto gettonata nelle scelte di studenti che arrivano da ovunque. Sapevo che lì i posti erano molto limitati, ma ho deciso comunque di provare e, al termine di una serie di test, sono stato ammesso».

Non si è trattato, si noti, di un salto completamente nel buio: il giovane studente bergamasco da quelle parti era già passato qualche anno prima, in vacanza con la famiglia, restando incantato da posti impensati, attraenti dal punto di vista turistico e quanto mai efficienti per mentalità e organizzazione. «Avevamo fatto un lungo giro in bicicletta e, giunti a Delft, visitato anche il campus, fatto di spazi splendidi ed enormi messi a disposizione degli studenti. Milano, l’ho detto, è al top dal punto di vista dell’offerta formativa, ma io ricordo ancora la lotta continua che si doveva fare per la conquista di un qualunque posto a sedere: fosse in aula, in biblioteca, in un qualsiasi angolo dove poter provare ad aprire un libro. E questa è una cosa che mi ha sempre infastidito: la considero una mancanza di rispetto nei confronti di chi vorrebbe avere non solo una formazione, ma anche qualità e servizi. Altrove, invece, ti mettono nella condizione di sentirti fortemente incentivato».

In quell’università olandese, ricca in cultura, risorse e aree, a settembre 2019 Filippo ha compiuto il suo ennesimo passo verso l’ignoto: «Sentivo la pressione di un impegno che, tra l’altro, s’è rivelato molto più duro del previsto. Rispetto all’Italia, dove il programma è spalmato sui due anni che portano alla tesi, la magistrale a Delft è strutturata su un primo anno dedicato in gran parte ai corsi, mentre il secondo è interamente orientato all’esame finale. Quindi all’inizio è stata una continua successione di lezioni, esami, lavori da consegnare a ritmo sostenuto: mai studiato così tanto, a volte persino troppo a livello fisico. Al tempo stesso, in pochi mesi ho imparato tantissimo su una serie di argomenti che ho scoperto a dir poco appassionanti. Ho avuto la conferma che quello era proprio quanto volessi fare».

Il viaggio accademico s’è anche arricchito di ulteriori passaggi gonfi di contenuti e significati. Filippo è stato selezionato per un workshop promosso dall’Agenzia spaziale europea, tenutosi a Redu, in Belgio, e dedicato all’aspetto operativo delle missioni cosmiche; ha svolto un primo tirocinio di tre mesi per conto di un istituto di ricerca olandese che si occupa di progettare e produrre strumenti di telerilevamento; mentre lo scorso ottobre s’è trasferito a Parigi, dove attualmente opera per l’Osservatorio che, dopo averne soppesato attentamente il profilo e la candidatura, lo ha chiamato a partecipare a una ricerca sulla densità della termosfera, uno dei cinque strati che compongono l’atmosfera terrestre:.

«Un argomento stimolante, sempre oggetto di studi e approfondimenti, perché è ancora parecchio quello che dobbiamo capirne. Scoprire come funzionano le interazioni fra la densità atmosferica e le attività solari è essenziale, ad esempio, per predire le orbite dei satelliti e magari individuarne le probabilità di collisione. Del resto, in qualsiasi campo raffinare la conoscenza serve a disegnare gli scenari del futuro». E il futuro, si sa, è scritto fra le stelle.

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