Bergamo senza confini / Valle Seriana
Domenica 24 Aprile 2022
«A Berkeley nel team di ricerca per sconfiggere l’Alzheimer»
La storia Stefania Pezzoli, a 33 anni esperta di Neuroscienze, da Leffe alla prestigiosa Università della California. Gli studi a Padova, al King’s College London e a Sheffield.
In giro per il mondo inseguendo l’amore per la ricerca. Dal settembre 2020 Stefania Pezzoli, 33enne di Leffe, ha fatto tappa nella baia di San Francisco insieme al marito (anch’egli leffese), dopo aver accettato una proposta di lavoro all’Università della California, Berkeley. Il futuro? Dove la vita la porterà.
La laurea in Psicologia
«Ho vissuto a Leffe fino all’età di 19 anni quando – racconta la 33enne –, completato il liceo scientifico, mi sono trasferita a Padova per studiare Psicologia. Durante gli anni, mi sono appassionata sempre di più a questa materia in tutte le sue sfaccettature, e in modo particolare allo studio dei meccanismi neurali che sottendono i processi mentali e il comportamento umano. Così, finita la triennale, ho deciso di proseguire con una laurea magistrale, dedicandomi alle neuroscienze e alla neuropsicologia presso la stessa università. Nel 2013, prima della laurea, ho avuto la possibilità di trascorrere sei mesi presso il “King’s College London” grazie al programma Erasmus, di cui sono una grandissima sostenitrice. Apre gli orizzonti e la mente. Era la prima volta che vivevo all’estero, ed è stata un’esperienza di vita incredibile. Nella vibrante Londra, ho incontrato persone provenienti da svariati angoli dell’Europa e del mondo, conosciuto culture diverse, viaggiato e iniziato a fare ricerca. Dopo essere tornata in Italia per laurearmi, ho completato il percorso formativo in Psicologia con un anno di tirocinio post-lauream professionalizzante dividendolo in due parti. Ho infatti trascorso sei mesi presso la Clinica neurologica dell’Università di Padova e sei mesi presso l’Università di Oxford, studiando Neuropsicologia, invecchiamento, demenze e malattie neurodegenerative».
«Ho vissuto a Leffe fino all’età di 19 anni quando – racconta la 33enne –, completato il liceo scientifico, mi sono trasferita a Padova per studiare Psicologia. Durante gli anni, mi sono appassionata sempre di più a questa materia in tutte le sue sfaccettature, e in modo particolare allo studio dei meccanismi neurali che sottendono i processi mentali e il comportamento umano. Così, finita la triennale, ho deciso di proseguire con una laurea magistrale, dedicandomi alle neuroscienze e alla neuropsicologia presso la stessa università»
La carriera di ricercatrice
Esperienze formanti per Stefania, che ha deciso così di intraprendere la carriera della ricercatrice. «Pensare di fare ricerca e “lavorare studiando” mi pareva un sogno – prosegue –: avevo infatti intrapreso la strada della ricerca, e in particolare di approfondire l’ambito dell’invecchiamento e delle demenze. Sono sempre stata molto curiosa, ed entusiasta nell’approfondire argomenti diversi. Era il 2015, mi trovavo a Manchester e stavo lavorando a un progetto di ricerca su sonno e memoria, quando ricevetti la notizia di aver vinto una borsa di studio per un dottorato in Neuroscienze presso l’Università di Sheffield, in Inghilterra. Non è stato facile, c’era molta competizione, ma con passione e perseveranza nulla è impossibile. Ho così passato tre anni a Sheffield, dove sono cresciuta moltissimo, non solo professionalmente, ma anche caratterialmente. Alcune delle persone che ho conosciuto lì, fanno tuttora parte delle mie amicizie più intime. Lì ho lavorato a un progetto sulle allucinazioni visive nella demenza a corpi di Lewy, una malattia neurodegenerativa che causa declino cognitivo e demenza e diversi altri sintomi, tra cui le allucinazioni. Sono stati anni molto stimolanti, e la maggior parte di questi studi sono stati pubblicati su riviste scientifiche internazionali».
«Avevo iniziato il dottorato da pochi mesi quando ho incontrato Luca, oggi mio marito, che in quel momento viveva a Palermo e frequentava la scuola nazionale di cinema. Dopo tre anni in Inghilterra, mi sono trasferita a Palermo, dove ho finito di scrivere la tesi. È stata una delle migliori scelte che potessi fare, infatti abbiamo passato un anno ricco di esperienze, viaggi e avventure»
«Avevo iniziato il dottorato da pochi mesi quando ho incontrato Luca, oggi mio marito, che in quel momento viveva a Palermo e frequentava la scuola nazionale di cinema. Dopo tre anni in Inghilterra, mi sono trasferita a Palermo, dove ho finito di scrivere la tesi. È stata una delle migliori scelte che potessi fare, infatti abbiamo passato un anno ricco di esperienze, viaggi e avventure. Una volta finito il dottorato ed esplorate diverse opzioni, abbiamo deciso di trasferirci insieme a Berkeley, in California, dove viviamo tuttora. Era il 2020. Avevo appena accettato un’offerta di lavoro all’Università della California, Berkeley come ricercatrice post dottorato, quando è scoppiata la pandemia».
California in piena pandemia
Così la partenza posticipata, e il matrimonio a Leffe, circondati dall’affetto di amici e parenti. «Abbiamo passato l’estate a Leffe – sottolinea la ricercatrice -, ad agosto ci siamo sposati e a settembre sono partita per Berkeley, in piena pandemia. Luca mi ha raggiunta in un secondo momento. Non posso dire che sia stato facile, specialmente all’inizio, trasferirsi dall’altra parte del mondo durante una fase globale così delicata. La situazione Covid-19 non è mai degenerata nella baia di San Francisco, anche se i casi aumentano e diminuiscono a ondate. Quando sono arrivata nel 2020, il campus era semideserto, gli studenti seguivano temporaneamente le lezioni online da altre città o stati. Non si poteva lavorare in ufficio di persona, e iniziare un lavoro da remoto non è la stessa cosa, sentivo che l’esperienza non poteva essere a 360 gradi».
«Ora lavoriamo tutti in laboratorio, gli studenti sono tornati e la città si è ripopolata. Rimangono delle limitazioni a causa della pandemia, come l’obbligo di vaccino per studenti e staff in università; anche per accedere a ristoranti e bar bisogna presentare una prova di vaccino se si vuole consumare al chiuso. La scelta di trasferirsi qui nasce dal desiderio di lavorare in uno dei migliori centri al mondo per quanto riguarda la ricerca sulla malattia di Alzheimer, che è la causa più frequente di demenza nella popolazione anziana. Studiamo invecchiamento cerebrale e patologia Alzheimer, utilizzando diverse tecniche di neuroimmagine, come la Pet e la risonanza magnetica. Mi sento molto fortunata a lavorare qui: sto davvero imparando tantissimo, i miei colleghi sono fantastici, molto competenti e gentilissimi. Il mio contratto di lavoro dura tre anni, poi non so cosa faremo, dove la vita ci porterà. Siamo aperti a diverse opzioni, ma non abbiamo un piano preciso, dipenderà dai progetti di entrambi. La lontananza da famiglia e amici si fa sentire, ma allo stesso tempo la voglia di esplorare è tanta».
«La scelta di trasferirsi qui nasce dal desiderio di lavorare in uno dei migliori centri al mondo per quanto riguarda la ricerca sulla malattia di Alzheimer, che è la causa più frequente di demenza nella popolazione anziana. Studiamo invecchiamento cerebrale e patologia Alzheimer, utilizzando diverse tecniche di neuroimmagine, come la Pet e la risonanza magnetica».
Berkeley, città universitaria
«Non avevo aspettative particolari prima di partire, ma devo dire che sono rimasta piacevolmente colpita dalla baia di San Francisco. L’unica pecca è il costo della vita, che è purtroppo molto alto. Cosa manca dell’Italia? Sicuramente gli affetti. In secondo luogo la bellezza delle nostre città, musei a cielo aperto: passeggiare per una qualsiasi città italiana è come tuffarsi nel passato, nella storia, fa sognare. Qui invece le costruzioni sono molto più recenti. Le bellezze della California sono diverse, è un luogo meraviglioso, con una natura incredibile. I parchi naturali sono numerosi e preservati con un’attenzione invidiabile. A due passi da San Francisco, Berkeley è una città universitaria e multiculturale, culla del “Free Speech Movement” degli Anni Sessanta e in prima linea nella difesa dei diritti umani. È sicuramente un luogo molto stimolante in cui vivere».
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