«A 20 anni l’addio alla Presolana: qui a Londra ho trovato la mia voce»

«Sono partita per Londra all’età di 20 anni, già cinque anni fa: il tempo passa così velocemente che nemmeno me ne rendo conto a volte». Esordisce così, ricostruendo la sua esperienza all’estero, Giulia Consonni, di Castione della Presolana. Ben cinque anni fa, dai piedi della Presolana, ha fatto la valigia per raggiungere la grande metropoli londinese. Da due anni lavora come graphic designer per «Clear Channel», azienda leader nel Regno Unito del settore pubblicitario.

«All’epoca, prima di prendere la decisione di partire – racconta –, frequentavo il primo anno di università alla facoltà di Beni culturali a Milano. Prima esperienza fuori casa, nuova vita, nuova città, un corso di laurea che mi piaceva tantissimo, una relazione che sembrava andare benissimo, eppure qualcosa mancava, dentro di me non riuscivo a essere completamente soddisfatta o felice. Mi sentivo come forzata dentro una storia che non era la mia, non che i miei genitori avessero mai posto particolare pressione sulle mie scelte di vita, ma sono sempre stata molto brava a scuola, e di conseguenza non andare all’università mi sembrava una scelta che non potevo permettermi di prendere. Quando parlai di questo mio malcontento

con i miei genitori, la loro reazione fu molto migliore di quella che mi aspettavo. Entrambi, chi prima, chi dopo, decisero di appoggiare la mia decisione di abbandonare gli studi a una condizione: se non volevo finire l’università avrei però dovuto fare qualcosa di altrettanto importante per me stessa. “Conosco il tuo potenziale e so che se ti accontentassi di qualsiasi lavoro finiresti per pentirtene”: queste furono le parole di mio padre. Quindi la decisione di partire per l’estero».

Così, dopo nemmeno un mese la 25enne si era imbarcata su un volo per Londra, con biglietto di sola andata. «Guardando indietro posso ora riconoscere che questa scelta fu inizialmente presa per soddisfare un certo bisogno di “fuga”. A vent’anni è facile sentirsi persi, disorientati, confusi, e creare una distanza tra me e tutto ciò che conoscevo della vita fino a quel momento mi avrebbe aiutato. Fu così il modo migliore per poter non solo ritrovarmi, ma soprattutto conoscere tanti lati di me che ancora non sapevo di avere».

«Londra, perché proprio Londra? Non saprei come rispondere a questa domanda. Credo di essermi innamorata di questa città quando per la prima volta la visitai durante una gita scolastica – racconta –. È una città bellissima dove poter vivere, ha così tanto da dare, non ci si annoia mai qui. O la ami o la odi, ma se te ne innamori è davvero difficile andarsene, diventa parte di te, ti cresce dentro e non riesci più a liberartene. Londra è caotica, viva, intensa, credo non ci sia modo migliore per poterla descrivere. È il posto nel quale puoi essere chiunque tu voglia e nessuno verrà mai a giudicarti, o a dirti cosa è giusto e cosa è sbagliato. In questa

città io ho trovato la mia voce e ho avuto il piacere di conoscere, spoglia da ogni maschera, la persona che da vent’anni si nascondeva dentro di me, troppo insicura per poter dire la sua, per poter uscire dal “coro”. Ora sono una persona completamente diversa grazie a questa città, ora posso dire al 100% di essere Giulia. Devo ammettere che sono però stata molto fortunata, fin dai primi giorni qui ho conosciuto moltissime persone provenienti da tutto il mondo e ho stretto amicizia con persone che ancora oggi fanno parte della mia vita. Senza di loro probabilmente non sarei rimasta qui così a lungo, perché per quanto un posto possa essere bellissimo senza gli affetti è facile sentirsi soli».

Un’esperienza «fortunata», che nemmeno la giovane castionese si sarebbe aspettata durasse così tanto. «Inizialmente non pensavo che sarei rimasta così a lungo – prosegue –, quando nel 2016 partii per Londra l’idea era quella di restare solamente per un anno come “AuPair”, per poter migliorare il mio inglese. Ovviamente questo non è quello che è successo. Dal lontano 2016 sono ormai passati cinque anni, neanche mi sembra vero. Dopo l’esperienza come “AuPair” sono ora due anni che lavoro come graphic designer per un’azienda chiamata “Clear Channel”, leader nel Regno Unito nel settore pubblicitario. Amo il mio lavoro, è una cosa di cui vado particolarmente fiera, e sono felice di lavorare in un posto nel quale la determinazione e la voglia di fare vengono sempre premiati e riconosciuti».

«Londra è molto diversa dal posto nel quale sono cresciuta – prosegue –. Ho abitato per tre anni a Bologna con mia mamma, quindi avevo già assaporato l’esperienza della città, ma la maggiorparte della mia infanzia e adolescenza li ho trascorsi tra Cerete e Castione della Presolana, circondata dalla purezza della natura, realtà completamente diverse dalla metropoli nella quale mi trovo attualmente».

L’Italia? Resta sempre il posto del cuore. «L’arrivo della pandemia ha cambiato completamente il mio punto di vista su un possibile rientro in Italia. Non poter tornare a casa per lungo tempo e la costante paura di perdere un familiare hanno fatto sì che io cambiassi idea sul non voler tornare a vivere in Italia. Non credo di poter descrivere la frustrazione che si prova quando vorresti abbracciare qualcuno con tutto il cuore, ma l’unica cosa che puoi fare è sorridere attraverso una telecamera. È un dolore indescrivibile che io e tutte le persone bloccate all’estero abbiamo provato per mesi, alcuni addirittura per anni».

«Ovviamente non ho intenzione di tornare a casa ora, prima di fare una mossa così drastica quale lasciare Londra voglio prendere il massimo che questa città può darmi, crescere il più possibile nell’ambito pubblicitario e consolidare la mia carriera in modo da poter avere una prospettiva lavorativa migliore al mio rientro. Ma alla domanda “pensi di tornare in Italia?” ora la mia risposta è “Si, un giorno ci tornerò, perché non posso immaginare di vivere una vita intera così lontana dalla mia famiglia».

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