Lurano saluta John Bloch
il soldato che sbarcò in Normandia
Durante la Seconda guerra mondiale partecipò allo sbarco in Normandia e, con i commilitoni sopravvissuti, alla liberazione dei Paesi Bassi. Poi nel dopoguerra una nuova vita, il lavoro e gli affetti nella Bassa Bergamasca. Si è spento all’età di 99 anni il sottotenente John Bloch, di origini polacche, testimone dei drammi e delle speranze del Novecento. A Spirano guidò lo stabilimento di calze di famiglia e incontrò la sua futura moglie.
C’è calma nella villetta di Lurano dove riposa, dopo 99 anni di vita a tratti spericolata, il sottotenente John Bloch. Leonardo, il primogenito, accoglie con signorilità, un marchio della casa, l’interminabile processione di visite. Il dolore, lo si capisce subito, lo tiene nascosto per sé, un pudore ereditato da un papà con principi inderogabili, ma che adesso è bello ricordare nelle tantissime giornate condivise insieme. C’è calma in questa villetta che sembra un angolo di Kent trapiantato nella Bassa Bergamasca. Una costruzione dai colori tenui, con ampie finestre affacciate su un prato lunghissimo, per favorire la prospettiva, con bossi all’entrata e abeti maestosi sul retro.
Sul riposo del sottotenente veglia, all’esterno, un magnifico abete argentato. All’interno del salone, tra gli spazi della libreria, spuntano alcune foto incorniciate. Una in particolare sembra stia guardando John. Con attenzione. Quasi ad instaurare un dialogo. È un suo commilitone, Janusz Szomogy, polacco di origini ungheresi, volato via da tempo. Non è stato solo un commilitone. Per meritare il privilegio di quel posto occorreva altro. Infatti è stato il suo migliore amico di sempre. E adesso pare proprio che se la stiano raccontando come ai bei tempi.
La vita di John Bloch è stata romanzesca fin dall’inizio. Nasce il 22 dicembre 1918 sul treno che sta riportando dalla Cecoslovacchia in Polonia i suoi genitori, sfollati durante la Grande Guerra. La famiglia ha pochi mezzi ma il piccolo Janusz (nome che, al momento di trasferirsi in terra Britannica, verrà anglicizzato in John) ha un’irreprimibile bramosia di apprendere e, poco più che bambino, riesce a pagarsi gli studi dando lezioni ai pargoli delle famiglie più abbienti.
Due certezze, quindi, fin qui: John è orgogliosamente polacco ed ha lo stesso nome del suo amico che adesso lo guarda dall’alto della libreria. Appena prima della Seconda guerra mondiale, Bloch raggiunge la Francia ed anche qui si mantiene da solo, lavorando alla mensa dell’Università di Nancy, dove studia per diventare ingegnere. Riesce poi ad imbarcarsi, sotto le bombe naziste, su un bastimento diretto in Gran Bretagna. Qui ha sede il Governo polacco in esilio, che ha costituito una Divisione corazzata, la leggendaria «1 Dywizja Pancerna», armata dagli Angloamericani e composta da soldati polacchi sfuggiti ai Tedeschi. Tutti ragazzi volontari ai quali dobbiamo una riconoscenza infinita. Bloch si arruola senza pensarci troppo e, da ragazzo sveglio qual è, si ritrova le mostrine da ufficiale cucite sull’uniforme. Il Generale Montgomery destina la Corazzata polacca nelle imprese più rischiose e così il sottotenente Bloch, dopo rigoroso addestramento a Glasgow, partecipa allo sbarco in Normandia (iniziato il 6 giugno del ‘44) e viene successivamente dirottato, con i commilitoni sopravvissuti, a liberare i Paesi Bassi.
Allo scioglimento della sua divisione, Bloch non vuole far ritorno in Polonia, ormai soggiogata a Stalin, anche perché la Gran Bretagna lo ricompensa per il suo valore e gli accorda la cittadinanza. John, tanto per fare una roba originale, si iscrive all’Università, stavolta con indirizzo economico, e porta a casa un’altra laurea, da Londra. Siamo negli anni ‘50 e un suo cugino, Giuseppe Bloch, gli affida il ruolo di capostabilimento nell’industria di famiglia, quella che produce le mitiche «Calze Bloch», famose per la qualità dei loro prodotti e per una brillantissima campagna pubblicitaria che portò il cognome polacco, oltre che negli spot televisivi, pure sulla fascia di Miss Italia.
La vita del sottotenente ha uno scossone quando viene designato come guida allo stabilimento di Spirano, dove lavorava una graziosissima impiegata, Maria Bugini. Galeotta fu la calza perché i due, dopo adeguato corteggiamento, si sposarono a Bergamo, nel 1963, nella chiesa di San Leonardo, ragion per cui il primogenito, nato nel ‘65, si chiama così. Il fratello, John jr, arrivò immediatamente dopo. Lettore avidissimo, profondo conoscitore in particolare di Jacques Maritain ed Erich Fromm, dotato della perfetta padronanza di cinque lingue, appassionato di pittura, Bloch è riuscito a trasmettere ai figli l’amore per l’arte figurativa. Leonardo ricorda con gioia quando lo portava, da piccolo, a visitare le mostre a Parigi, ma anche quando arrivavano insieme a Londra, al Circolo dei Reduci Polacchi. Ecco, Janusz «John» Bloch è stato un polacco col cuore romantico, anche se vecchio d’un secolo. Ed ha trasmesso ai suoi l’amore e l’orgoglio di avere sangue polacco. Anche ad Alexandra ed Eva, splendide figlie di Leonardo, che si sono ritrovate un nonno un bel po’ ingentilito dagli anni. La processione di visite, all’ombra del grande abete argentato, prosegue ininterrottamente (oggi i funerali nella parrocchiale di Lurano, alle 10). Una splendida poesia di Vittorio Sereni inizia così: «Non sa più nulla, è alto sulle ali il primo caduto bocconi sulla spiaggia normanna». Buon viaggio, sottotenente Bloch. Janusz e tanti altri amici l’aspettavano da tempo.
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