Entrato per una lastra, finisce in coma:
ero a Piario, mi sono ritrovato a Treviglio
«Sono andato a Piario per fare una lastra e mi sono svegliato tre giorni dopo a Treviglio: incredibile. Incredibile ma sono vivo, mi sento miracolato».
Il settantacinquenne di Clusone che apre la porta della sua casa a patto che non si facciano nomi perché, precisa, «non vogliamo fare del male a nessuno», ripete come un disco la sua incredulità.
Entra all’ospedale di Piario per sottoporsi a una lastra al torace e ritirare l’esito degli esami del sangue e dopo tre giorni si risveglia a 57 chilometri di distanza. Ciò che c’è di mezzo, per lui è soltanto buio. Ma per i carabinieri della compagnia di Clusone che sotto la supervisione della pm Carmen Pugliese indagano sulle morti sospette nel reparto di Medicina del «Locatelli», potrebbe essere un tassello utile a capire come si lavorava in quel reparto, di notte soprattutto.
Perché di notte (forse) succede ciò che lo porterà ad essere intubato e trasferito in coma nel primo ospedale con terapia intensiva libero. Forse del Valium di troppo, forse psicofarmaci, non si sa e su questo gli inquirenti cercano di capirne di più. Quel che è certo è che, il giorno successivo il ricovero, la moglie del 75enne riceve una telefonata dal reparto. «Venga, suo marito questa notte ci ha fatto tribolare». Di lì a qualche ora, cade in coma.
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