Addio Carlo Fanzaga, per 50 anni attore e regista della «Compagnia Zanovello»
TREVIGLIO. Già dipendente Same, è scomparso a 64 anni. Molto legato alla vita salesiana. Santuario gremito per i funerali.
Il Santuario della Madonna delle Lacrime gremito come non mai ha accolto lunedì mattina 1° maggio per la Messa funebre la salma di Carlo Fanzaga, uno di quei trevigliesi che ha lasciato uno speciale segno di presenza per almeno due motivi, cristiano autentico e per oltre 50 anni uno degli attori-chiave e protagonisti della compagnia teatrale filodrammatica salesiana «Zanovello». Affabile e cordiale, cresciuto nella realtà di don Bosco frequentando regolarmente l’oratorio salesiano fin da bambino, amico di tutti che lo stimavano e ne amavano il senso di disponibilità sincera, Fanzaga è morto a 64 anni, lasciando nel lutto la cara famiglia, la moglie Rosalia e i due figli Annalisa e Alessandro con i quali risiedeva da qualche tempo nel quartiere del Bollone, ma era molto conosciuto alla Geromina. La Messa di addio è stata concelebrata dal prevosto, monsignor Norberto Donghi, con il direttore dell’Istituto salesiano, don Renato Previtali, e altri due sacerdoti, in un clima di profonda partecipazione.
Dipendente Same quale impiegato nel settore commerciale, figlio di Aldo, esemplare figura legata allo stile di don Bosco e a sua volta attivo nella Compagnia teatrale salesiana, aveva cominciato a frequentarne le prove e gli spettacoli mentre era uno scolaro, distinguendosi per passione e dedizione e diventando poi autorevole esponente, sino al punto di proporsi quale colonna portante della Compagnia in innumerevoli rappresentazioni sia in Treviglio (presso il teatro del Centro salesiano e il Filodrammatici) sia in altre città dove sono presenti i Salesiani. Da attore impegnato in ruoli diversi e brillanti, aveva aggiunto da una decina d’anni il compito di regista nonché – inizialmente con papà Aldo – anche di traduttore di copioni teatrali in lingua o in dialetto trasferendone il linguaggio nel dialetto trevigliese e seguendo due strade fondamentali: testi con presenza di chiari valori morali oltre che di capacità di divertire e spettacoli nel segno voluto da don Bosco: «Castigat ridendo mores», ossia la funzione educatrice del teatro.Tra i copioni più noti tradotti e messi in scena: «Bel afare la cà popular», «Mai di pensiù», «L’ingegner cùnta bale», tre titoli fra i molti. E sempre con ampio successo, applausi convinti.
Il pubblico era deliziato dalla sua sensibilità interpretativa come egli stesso si impegnava a far emergere nella guida degli attori, agendo in modo che fossero autentici sul palcoscenico, avendo ereditato questa attenzione dall’indimenticabile Maestro Giovanni Zanovello e dai predecessori Cesare Rivoltella, e Mario Tosi e Carlo Albergoni. La Compagnia di prosa era una sorta di seconda famiglia, amata come testimonianza di un dialogo fecondo con il prossimo sulla scia del Vangelo vissuto. Come aveva in parte fatto quando,da studente e da appena divenuto impiegato, aveva aiutato, con la sorella Miriam, l’attività di papà e mamma nella storica Trattoria Campana.
Personaggio a tutto tondo, presente nella vita della Compagnia sia nell’ultima messa in scena nel novembre 2022 sia in occasione dell’incontro recente per gli auguri pasquali, rientra nel gruppo di trevigliesi protagonisti nella continua ricerca del Bene alla scuola di don Bosco.
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