Viaggiatori, lavoratori, intellettuali ed eroi. Ma che bel popolo siamo!

Paganoni è diventato «il pontefice dell’arte siderurgica», Balestra è tra coloro che hanno aperto le strade all’emigrazione, ad Apeddu si attribuisce la genitura del «formai de mut», Belotti, Bonaldi e Pololi sono andati a Londra per promuovere l’Italia, la Bellaviti amava leggere, Renzi si è dedicato alla causa salesiana, Zambetti ha contribuito a rendere Bergamo piazza centrale per il cinema, la Bertacchi si è dedicata alla ricerca, la Rinaldi ha promosso le adozioni a distanza e Rota ha organizzato a casa sua il raduno dei reduci del Gruppo Bergamo.

Ogni Vita Un Racconto Ogni Vita Un Racconto

Nella foto di apertura la nave Arandora Star che il 2 luglio 1940 affondava al largo delle coste inglesi, silurata da un sommergibile tedesco. Trasformata da nave da crociera in nave da guerra, l’Arandora era partita dal porto di Liverpool diretta a un campo di detenzione in Canada e trasportava oltre 1500 persone di nazionalità italiana, tedesca e austriaca, colpevoli solo di trovarsi sul suolo inglese nel momento della dichiarazione di guerra nazifascista alla Gran Bretagna.

ANGELO PIETRO APEDDU

Intuì la bontà genuina del nostro «Formai de Mut»

Di origini sarde, Angelo Pietro si sentì sempre profondamente bergamasco e anzi, divenne presto protagonista nel mondo agrozootecnico della Valle Brembana. Si deve a lui, infatti, l’intuizione e la genitura del «Formai de Mut» dell’alta valle. Apeddu entrò prima nel «Consorzio agrario provinciale» diventando responsabile della sezione altobrembana. Dalla relazione con i molti allevatori e produttori di formaggio potè comprendere l’importanza di valorizzare i prodotti caseari e, in particolare, il «Formai de Mut», che era un prodotto di eccellenza ancora sconosciuto. Questo caratteristico formaggio era prodotto da sempre utilizzando il miglior latte degli alpeggi e veniva lavorato nelle malghe d’alta quota.

Apeddu fondò nel 1976 il gruppo allevatori di montagna dell’Alta Valle Brembana e con loro lavorò per far ottenere al formaggio brembano prima il marchio “doc” e poi il marchio “dop”. Nel 1977 Angelo Pietro organizzò la prima «Mostra del Formai de Mut», attirando a Piazza Brembana numerosi visitatori. In quegli anni il «Formai de Mut» si aggiudicò anche lo «Spino d’oro» alla Mostra nazionale di Thiene.
Archivio de L’Eco di Bergamo

Apeddu Angelo Pietro
PIAZZA BREMBANA, 10 gennaio 2014

PIETRO BALESTRA

Da boscaiolo a capo fonderia in America

La storia di Pietro Balestra è quella di uno dei tanti uomini brembani che, a cavallo tra il 1800 e il 1900, aprirono le strade all’emigrazione italiana all’estero. A soli 11 anni, lasciò Moio de’ Calvi e partì, a piedi, verso l’Alta Savoia, per lavorare come boscaiolo. Dalla Francia poi si imbarcò e arrivò negli Stati Uniti, dove trovò lavoro in una fonderia e nel 1889, ottenne la cittadinanza americana. Tornò in Italia più di una volta. La prima volta, vi rimase tre anni, durante i quali si sposò con Cristina Calvi, vide nascere il primogenito Raffaele e assistette alla morte della madre, la signora Maddalena. Rientrando negli Stati Uniti riprese il suo posto in fonderia e anzi, ne diventò uno dei responsabili. Non sappiamo la data di morte, ma di certo l’ultimo pensiero sarà stato per la sua amata Moio.
Archivio de L’Eco di Bergamo

CESARE PAGANONI

Da Moio divenne maestro nell’arte siderurgica

Cesare Paganoni nasceva a Moio il 3 giugno del 1848 e fino alla soglia dei 40 anni è stato un bravo boscaiolo. Fino a quando ha sentito il bisogno di sfidare la fortuna ed è partito per Savona dove ha trovato posto ancora per lavorare nei boschi. La sua tenacia lo ha premiato quando, conosciuta l’acciaieria degli «Opifici Liguri di Bolzaneto», è riuscito a farsi assumere. Non è stato difficile convincere i tecnici che lo misero alla prova, doveva solo trovare il modo per mostrare le competenze acquisite come autodidatta, quando ancora abitava a Moio, nell’arte fusoria. I responsabili dell’Acciaieria, dopo essersi resi conto delle sue capacità, lo mandarono in Germania a studiare i processi di lavorazione. Le conoscenze acquisite da questo umile, ma straordinario abitante delle nostre valli, insieme al suo grande talento lo portarono ad essere definito dalle cronache dell’epoca il «Pontefice dell’arte siderurgica italiana». Cesare moriva il 14 maggio 1917.
Archivio de L’Eco di Bergamo

DINA BELLAVITI

Da Seregno venne a Zogno, per amore delle nostre valli

Dina Bellaviti moriva a Zogno nel maggio del 2014. La sua giovinezza però la trascorse a Seregno e poi, per molti anni, lavorò insieme al marito in un bar di Lambrate. Con la pensione scelse Zogno, località dove trascorreva le vacanze, con i suoi figli. Amava il territorio di Zogno e della Valle Taleggio e aveva molti amici lì. Peraltro suo padre era stato commerciante di formaggi in Valle Taleggio e già da bambina frequentava queste valli. Bellaviti era una donna che cercava sempre di essere informata, ogni giorno leggeva almeno due quotidiani. Venne a mancare qualche mese dopo aver compiuto 100 anni, traguardo per il quale il sindaco di Zogno Giuliano Ghisalberti si congratulò con lei portandole una pergamena e un mazzo di fiori.
Archivio de L’Eco di Bergamo

Bellaviti Dina Ved. Magnifico
Bellaviti Dina Ved. Magnifico
ZOGNO, 17 maggio 2014

ENRICO RENZI

L’impiegato gentile della sua «Cassa rurale di Treviglio»

Enrico Renzi ha lavorato come impiegato presso la Cassa Rurale Trevigliese. È sempre stato affettuoso con le persone con cui lavorava e anche con i clienti e quando è morto i colleghi hanno voluto ricordarlo sulle pagine del nostro giornale. In vita si dedicò a lungo alla causa salesiana, sostenendo l’associazione ex allievi di Don Bosco a Treviglio. È stato anche segretario dell’Unione ex allievi dell’Ispettoria Lombarda per otto anni. Nel 2014, l’allora presidente nazionale dell’Unione ex allievi ha definito esemplare la sua dedizione. Meno di quindici giorni prima di morire, Enrico Renzi è stato inoltre chiamato a far parte del Consiglio dell’Associazione Arma Aeronautica di Treviglio, una novità che di certo lo ha reso felice.
Archivio de L’Eco di Bergamo

SANDRO ZAMBETTI

Giornalista e critico di cinema, un «maestro»

L’8 giugno del 2014 il nostro Pino Capellini ricordava sul giornale, Sandro Zambetti, morto due giorni prima. Diceva che fu proprio Zambetti a guidare i suoi «primi passi» nel mondo del giornalismo. Gli insegnò a sostituire i «bei periodini con tutte le subordinate al loro posto» che era abituato a usare, con le frasi sintetiche tipiche dello stile giornalistico. Zambetti dedicò la sua vita al cinema e al giornalismo. Si laureò in lettere a Milano, lavorò all’Eco di Bergamo e ne divenne caporedattore. «Era meglio di una pacca sulle spalle», diceva Capellini, «soprattutto nelle situazioni più complicate». Dedito al lavoro, «fino a tarda notte scriveva, leggeva, tagliava, faceva titoli, si informava, chiedeva, discuteva, impaginava». Rappresentava inoltre un punto di riferimento per i personaggi dei cineforum e dei cineclub. Bergamo era, ai tempi, una città molto importante per il cinema. Ogni notte, al cinema Arlecchino venivano proiettati, solo per i redattori dei due quotidiani della città, dei film. Si diceva che un film, se apprezzato dai redattori di Bergamo, si sarebbe sicuramente rivelato un successo in tutta Italia. Zambetti era appassionato di cinema e dedicava quindi molto tempo a discussioni animate sui film appena usciti, partecipando attivamente al mondo della critica cinematografica. Basti pensare al dibattito da lui organizzato all’uscita del film «La Dolce Vita», che durò molte settimane e che sfociò in pesanti litigi. Abbandonata Bergamo, Zambetti si trasferì a Torino, e diventò redattore capo della Gazzetta del Popolo. Non smise mai di dedicarsi alla critica cinematografica. Fu infatti direttore della rivista cinematografica «Cineforum» e gestì il festival cinematografico «Bergamo Film Meeting», di cui fu anche presidente per 25 anni. Ricoprì inoltre il ruolo di presidente della «Fondazione Alasca».
Archivio de L’Eco di Bergamo

Zambetti Sandro
Zambetti Sandro
BERGAMO, 6 giugno 2014

GIULIANA BERTACCHI

La ricerca e l’insegnamento furono i suoi fari

Giuliana Bertacchi si è dedicata per tutta la vita, anche quando si è ammalata seriamente, alla ricerca e alla didattica. Ha collaborato a lungo con l’«Istituto Bergamasco per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea», di cui è diventata presidente nel 1998, mantenendo la carica fino al 2004. Ha lavorato anche molto con l’«Associazione Nazionale Partigiani d’Italia». Bertacchi ha inoltre insegnato Lettere all’Esperia e per numerosi anni ha fatto parte dell’«Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione» e del «Laboratorio di Bologna».
Archivio de L’Eco di Bergamo

Bertacchi Giuliana (Ved. Signorelli)
Bertacchi Giuliana (Ved. Signorelli)
BERGAMO, 8 giugno 2014

ANNA MIRELLA RINALDI

Le feste per i bimbi in oratorio erano la sua passione

Una vita semplice, quella di Anna Mirella Rinaldi, ma che ha lasciato il segno nelle generazioni dei bambini che sono passati dall’oratorio di Zogno. Sebbene avesse quattro figli: Daniele, Alessandro, Silvia e Paolo, trovava anche il tempo per aiutare il prossimo organizzando incontri di formazione e promuovendo le adozioni a distanza insieme al gruppo di formazione dell’oratorio. La cosa che però amava fare di più era organizzare le recite e le feste dei bambini di Zogno insieme alle altre mamme.

LEONE BELOTTI

Da Grumello a Londra, poi la tragedia

Dopo aver lavorato in un bottonificio a Grumello del Monte, Leone Belotti si trasferì, nel 1934, in Inghilterra. Nel 1935 tornò in Italia e si sposò. Subito dopo, tornò con la moglie a Londra, dove ebbero tre figli. Nel 1940 fu vittima della rappresaglia ordinata da Churchill dopo la dichiarazione di guerra di Mussolini. Dopo essere stato internato in un campo nel Surrey, venne imbarcato, il primo luglio, sull’Arandora, una nave che, requisita dal governo britannico, aveva come destinazione un campo di detenzione in Canada. Il giorno dopo, in seguito al siluramento della nave da parte di un sommergibile tedesco, Belotti morì.
Archivio de L’Eco di Bergamo

ANDREA LUIGI BONALDI

Vendeva prodotti italiani a Londra, morì sulla nave

Andrea Luigi Bonaldi, originario di Songavazzo, è riuscito a fare fortuna in Inghilterra grazie all’importazione di prodotti alimentari italiani. Aveva fatto una piccola fortuna grazie al duro lavoro e alla sua tenacia diventando proprietario anche di un negozio a Londra. Come Leone Belotti è stato imbarcato, il 1° luglio, sull’Arandora e ne ha subito la stessa sorte morendo in seguito al siluramento della nave da parte di un sommergibile tedesco.
Archivio de L’Eco di Bergamo

FRANCESCO POLOLI

Anche Taleggio pagò pegno nella tragedia del mare

Francesco Pololi aveva fatto fortuna come ristoratore in Inghilterra dopo esser emigrato lì insieme ai suoi fratelli. Si era sposato con una donna italiana ed aveva avuto tre figli. Come Leone Belotti e Andrea Luigi Bonaldi da Songavazzo è stato arrestato perché italiano e poi imbarcato, il primo luglio, sull’Arandora, nave del governo britannico diretta in un campo di detenzione in Canada. È morto giorno dopo, in seguito al siluramento della nave da parte di un sommergibile tedesco.
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ANGELO ROTA

L’alpino Rota per 50 anni riunì i compagni reduci

A poco più di un anno dalla morte dell’alpino Angelo Rota di Almenno San Bartolomeo, L’Eco di Bergamo pubblica un ricordo scritto in suo onore dall’amico Oreste Pirovano. Quest’ultimo racconta un momento che ha segnato permanentemente Rota. Nella ritirata di Russia del 23 gennaio 1943, l’alpino è stato travolto da un’autoblindo tedesca. A salvargli la vita è stato il compaesano Cesare Gavazzeni, che ha ricevuto per questo una medaglia d’oro dal Comune di Almenno San Bartolomeo. Entrambi sono entrati nei lager tedeschi, ma entrambi si sono salvati. Tornato dal campo di concentramento, Rota ha organizzato, con i fratelli Giacomo e Federico e le sorelle Letizia, Gina e Vittoria, il raduno dei reduci del Gruppo Bergamo, che si è tenuto nella casa patriarcale ad Almenno San Bartolomeo per cinquant’anni.
Archivio de L’Eco di Bergamo

Rota Angelo
Rota Angelo
ALMENNO SAN BARTOLOMEO, 23 luglio 2012

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