
(Foto di DUCCIO CRUSOE)
Madri devote come Cecilia Aresi e professionisti apprezzati come Sandro Agazzi e Antonio Marconi hanno dato anima a Valverde e Conca Fiorita, costruendo legami profondi e una comunità ricca di vita.
Se si osserva la Valle Brembana dalle Mura di Città non si può non notare una parte di città che si è sviluppata ai piedi della Maresana, dove le case di tanti bergamaschi si sono mescolate nel corso degli anni con i bellissimi prati della zona. In questa conca naturale sono “sbocciati” più quartieri, tra cui Valverde e Conca Fiorita . Questi rioni hanno seguito l’evoluzione generale della città, passando da piccoli agglomerati di abitazioni a spazi vivaci a due passi dal centro. La crescita, avvenuta soprattutto negli anni del miracolo economico italiano, non ha scalfito però l’anima di questi luoghi che, ancora oggi, conservano una forte identità. In questa zona trovano «casa», ad esempio, il Castello di Valverde con le sue origini antichissime risalenti al X secolo, la chiesa ipogea dedicata a Santa Teresa di Lisieux di Conca Fiorita e lo stadio di Bergamo che, dal dicembre 1928, ha scritto la storia dell’Atalanta Bergamasca Calcio e, di conseguenza, quella di migliaia di tifosi bergamaschi.
Non sono solo i luoghi a parlare dell’importanza di questi quartieri. Sono le storie e i ricordi degli abitanti a raccontarci la bellezza di di Valverde e di Conca Fiorita e oggi cerchiamo di riportare alla luce alcune tra le testimonianze più belle. Partiamo dall’esempio di Cecilia Aresi vedova Morzenti, scomparsa il 14 dicembre 1973 all’età di 93 anni. Cecilia, che visse con la famiglia in Conca Fiorita, dedicò la sua vita ai tre figli maschi Antonio, Bartolomeo e Roberto che, con le mogli e i nipoti, non le fecero mai mancare affetto e sostegno. La donna, «di animo aperto», lasciò un grande ricordo anche a Martinengo, dove il marito ricoprì per tanti anni il ruolo di segretario comunale.
Un sincero rimpianto provocò nel 1975, sempre nella zona di Conca Fiorita, anche la morte a soli 29 anni del geometra Sandro Agazzi, apprezzato dipendente del Credito Bergamasco. Sposato e padre di una bimba di tre anni, Sandro si spense per un male incurabile in giovane età, come successe tempo prima al padre. La triste circostanza fu ricordata dal parroco del tempo, don Gianati, durante il funerale: «la testimonianza di cordoglio resa dai conoscenti e dagli amici, anche se non ha potuto lenire il dolore della vedova e della madre, è stata senz’altra di conforto in un momento così triste – scrisse L’Eco di Bergamo il 7 dicembre 1975 –, confermando la stima di cui Sandro era circondato».
Qualche anno più tardi, precisamente il 4 settembre 1981, la comunità di Valverde abbracciò i familiari di Anna Pesenti, «moglie adorata di Luciano Pasinetti, apprezzato giornalista sportivo nel settore dell’attività ciclistica». Anna Pesenti morì a soli 48 anni a seguito di un «male ribelle»: «la perdita della signora Anna – sottolinearono le cronache del tempo – ha suscitato in Valverde rincrescimento e commozione tra quelle persone che ebbro modo di avvicinarla e di apprezzarne le doti umane semplici ma essenziali, come cordialità, senso altruistico e fede».
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Tutti particolari che caratterizzarono anche la vita di Antonio Marconi, scomparso il 18 giugno 1992 all’età di 55 anni. Nato a Bergamo il 23 giugno 1936, Antonio sposò nel 1958 Angela Capelli e dalla quale avrà ben nove figli: cinque viventi al tempo e quattro morti in tenera età. Dopo un tirocinio presso un negozio di fornaio, Antonio vinse nel gennaio 1966 il concorso di usciere bandito dalla scuola media statale «Gabriele Camozzi» di Conca Fiorita, addetto in particolare ad una delle due grandi palestre della scuola. «Marconi – scrisse il nostro quotidiano il 25 giugno 1992 – era dappertutto, collaborava con tutti, dai professori al personale di segreteria e agli alunni, con un entusiasmo, una capacità di affrontare gli immancabili problemi e una fantasia che gli consentiva di risolvere ogni situazione. Alla “Camozzi” vinse anche il concorso speciale per conduttore delle caldaie per il riscaldamento». E fuori dal mondo scolastico Antonio, oltre al tempo riservato alla numerosa famiglia, dedicò molto tempo alla comunità: fu infatti portabandiera degli ex Combattenti e Reduci e collaboratore dell’Aido. «Ma il suo capolavoro – descrissero le cronache di allora – fu la sua assoluta fedeltà di socio donatore dell’Avis: quante persone si ricorderanno di averne ricevuto il sangue, anche in occasioni di emergenza, che vedevano sempre Antonio Marconi disponibile ed efficientissimo. Dotato di una voce tenorile, rallegrava, all’occorrenza, l’accompagnamento di malati. Era proprio l’amico di tutti».
Anche Felice Gimondi espresse un sincero cordoglio, il 1° novembre 1981, per la scomparsa a soli 52 anni di Luciano Pasinetti, «giornalista di cui conosceva la competenza professionale e le profonde doti umane». Oltre al campione bergamasco, furono molti i dirigenti di società, direttori sportivi, corridori e appassionati del mondo ciclistico che manifestarono il loro affetto ai familiari del professionista, in modo particolare alle figlie Serenella e Fiorenza. Tutte persone che Pasinetti citò nel corso del tempo nei propri servizi, apprezzandone l’impegno agonistico e organizzativo. I funerali del giornalista si svolsero nella parrocchiale di Valverde, con un lungo corteo di persone ad accompagnarlo. Nell’omelia si sottolinearono «le doti umane, l’impegno sul lavoro e nel giornalismo sportivo, l’affetto per la moglie, scomparsa appena due mesi prima».
Dopo una vita dedicata al bene della comunità e alla famiglia, il 19 dicembre 1976 si spegneva a Valverde Giuseppe Taiocchi, alpino e combattente della Brigata «Vittorio Veneto» del Corpo italiano di Liberazione tra il 1943 e il 1945. «Giuseppe – come ricordò L’ Eco di Bergamo il 20 dicembre 1976 – aveva testimoniato di persona gli ideali patriottici che avevano costituito il fondo della sua vicenda nel corso di quegli anni drammatici per la Patria e per gli individui. Ai quattro figli Germano, Giuseppe, Ida e Romy, affermatisi poi con successo nel campo industriale, era sempre stato prodigo di esempi e in loro aveva trasfuso le sue doti di tenacia e di attaccamento al dovere che lo avevano sempre contraddistinto». Valori sposati dalla moglie Maria che gli permisero di ottenere fino alla morte la stima e la riconoscenza dei compagni dell’Ana e dell’ANPI di Valtesse.
All’età di 73 anni, il 9 settembre 1993, morì Luigi Cajoli, conosciuto da tutti come «Ol Gino Caiöl». Persona molto conosciuta nella zona di via Baioni e della Conca Fiorita, Luigi venne dipinto al tempo come un uomo «sempre pronto ad aiutare chi chiedeva il suo operato nei piccoli lavori di casa o del giardino». Dopo aver partecipato alla guerra in Africa, Luigi fu catturato e fu deportato in Inghilterra, dove rimase fino alla fine del conflitto. Tornato in Italia, lavorò al Giornale del Popolo come linotipista. «Rimasto vedovo – spiegarono al tempo – si risposò con la signora Nunzia che gli dette due figli, Pierangelo e Marinella, che gli riempirono la vita di gioia e soddisfazioni». Luigi lasciò ai suoi figli un esempio di come affrontare le avversità con serenità, audacia e allegria.
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