Ogni vita un racconto / Bergamo Città
Giovedì 19 Dicembre 2024
Valdimiro e Aldo, frati di fede e carità
Nella storia di Padre Valdimiro de Padre Aldo troviamo la fatica della fede, che non si rileva mai come un cammino lineare o privo di ostacoli. La fede non è soltanto balsamo, ma tentazione e condanna e non sempre l’uomo riesce a vincerla. La fede autentica non è un rifugio comodo, ma una sfida che richiede coraggio e perseveranza.
Su suggerimento del nostro lettore Angelo Caccia ripercorriamo la storia di Valdimiro da Grignano, un frate cappuccino la cui vita ci pare, con gli occhi di oggi, esemplare e a tratti curiosa. Specchio di un’epoca passata, crediamo però che possa dire ancora qualcosa. Al suo funerale il 13 giugno 1956 era presente anche don Andrea Spada insieme a molti altri sacerdoti da tutto il mondo. La salma fu tumulata nel Cimitero di Bergamo nel loculo preparato sotto la cappella d’ingresso (al tempo non c’era ancora la chiesa attuale) dove riposavano anche altri confratelli cappuccini.
«Verrà un tempo – citava il necrologio – che quel marmo dirà ai posteri solo quel poco che lasceremo a perenne ricordo». Oggi siamo qui a ricordare un uomo che ci viene incontro con la figura solenne e ieratica, come fosse balzata da una pagina dell’Antico Testamento. Si raccontava di Padre Valdimiro che «tutto in lui assumeva il tono grave e composto del sacro; pareva fosse sempre in funzione sacerdotale di “homo Dei”. Eppure quando si abbandonava e lasciava libero corso alla vena più profonda della sua umanità, diventava lèpido e brillante come pochi». Il suo tono passava da quello delle conferenze ascetiche e ricche di spirito alle barzellette con le quali teneva sollevati gli spiriti in ricreazione. Il carattere era fondato su soda pietà, dirittura di coscienza e fraterna carità. La sua dottrina era calda di un calore che non era fuoco di fiamma, ma un braciere vivace e ben nutrito. «Parlava con unzione, sulle sue labbra le parole anche le più comuni e insignificanti parevano benedette e asperse con acqua santa». Non si stancava mai di raccomandare la preghiera, di pregare e di essa ha riempito la sua vita.
Padre Valdimiro, al secolo Giacomo Lecchi, nacque a Grignano. Nessuno sa se fu l’incontro con qualche cappuccino o la lettura di qualche agiografia francescana ad ispirare la vocazione, e in particolare la vocazione ad essere frate cappuccino. A vent’anni aveva già ricevuto la “sacra tonsura” e da quel momento ha rivestito i molti incarichi che l’ordine gli affidava, dalla visita alle missioni in Etiopia e Brasile al servizio in ospedale, alla direzione dei seminari.
Negli ultimi quattro anni prima di morire si era ritirato in infermeria dedito alla preghiera e al ritiro che lasciava raramente per confessare o predicare alle suore Cappuccine di Capriate. La sua cella e la cappella dell’infermeria erano il suo Paradiso. Ma anche il suo Purgatorio purificatore quando giungevano le lunghe e dolorose prove spirituali a cui il Signore sottopose la sua bella anima: dubbi, ansietà di coscienza e scrupoli lo tormentarono a lungo. E in quei momenti, lui che per tutti era il Maestro e il Superiore, diventava un povero fuscello che le lunghe agonie cercavano di sommergere, ma che l’àncora sicura della preghiera, a cui tornava instancabilmente, sempre salvava.
Forse è vero che il marmo della sua tomba (che peraltro non risulta nemmeno più presente al cimitero) non dice nulla, ma per noi ora, rileggere la fortezza del suo spirito che senza indugio già a 20 anni aveva scelto la via più complicata per arrivare a Dio e servirlo per la vita, può dire qualcosa.
Padre Aldo, il cappuccino che fu sospeso a divinis
Al cimitero di Bergamo c’è un altro frate cappuccino (anzi ex frate) la cui tomba per anni è stata meta di pellegrinaggi. Si tratta di Carlo Doniselli, conosciuto come Padre Aldo, dove è stato portato alla sua morte avvenuta l’11 aprile 1968. L’ex frate perse la vita a soli 50 anni in un tragico incidente stradale sull’autostrada Milano-Venezia: l’auto su cui viaggiava, guidata da un amico, si schiantò contro un autotreno.
La sua storia iniziò come frate cappuccino impegnato in opere di carità. A Bergamo, verso Monterosso, fondò l’orfanotrofio che ora è SaraCasa, che ospita mamme con bambini rimaste senza casa. Tuttavia, le sue pratiche di esorcismo e guarigione attirarono l’attenzione della Chiesa, che nel 1965 lo sospese a divinis e lo trasferì, provocando la protesta di centinaia di fedeli. Nel 1966, la Sacra Congregazione degli ordini religiosi lo ridusse allo stato laicale. Costretto a lasciare il saio, Padre Aldo si rifugiò a Monza dove continuava a ricevere folle di fedeli da ogni dove, attirati dalle sue presunte capacità taumaturgiche. Nonostante le critiche ecclesiastiche, non smise mai di benedire e assistere i devoti.
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