Storie di un grande amore per il lavoro e per il prossimo

Le necrologie degli anni ’80 e degli anni ’90 mettono in evidenza personaggi dediti alle loro attività. Armando Di Landro era il medico di fiducia dei brignanesi, Italo Giovanzana era riuscito a trasformare il suo piccolo laboratorio in un grande complesso tipografico, Suor Teresa Caccia dedicava la sua vita alla preghiera e al lavoro.

Lo storico medico condotto di Brignano

Brignano accoglieva, nella primavera del 1980, la notizia della morte del suo «dottore» con sbigottimento e tristezza, sebbene la si aspettasse da un momento all’altro. Scriveva L’Eco di Bergamo, in quei giorni, che da tre anni era ammalato, colpito da un male incurabile- e da quel momento il dott. Di Landro aveva lottato stoicamente per resistere all’inevitabile sorte cui era condannato, conservando fino alla fine la completa sua lucidità. E i brignanesi, che numerosi lo andavano a trovare, si erano un po’ come abituati alla malattia del loro amico medico. Venuto a Brignano dalla lontana Bivongi (Reggio Calabria), 32 anni prima, era diventato presto un personaggio popolare fra i brignanesi, sia come medico, studioso instancabile, sia come uomo di scienza, di spirito e di cultura. Figura massiccia, il suo vociare si sentiva a tutte le ore per tutte le strade, dando di voce a tutti coloro che incontrava, a cavallo della sua inseparabile bici. Nella comunità locale si era inserito perfettamente: tutti a lui erano ricorsi, di ogni famiglia conosceva la storia segreta e le sofferenze. Medico serio e puntiglioso, si aggiornava continuamente e curava il malato con intuizione e costanza. Quando si rendeva conto della gravità del caso, sapeva infondere coraggio e speranza con le sue parole ottimiste e la gente gli dava la sua fiducia. I colleghi lo tenevano nella stima e nel rispetto che il personaggio imponeva, anche per la serietà e la completezza delle sue diagnosi. A Brignano il dott. Di Landro - medico condotto e ufficiale sanitario- è ancora ricordato come uno dei medici più validi che hanno curato la salute della popolazione.

Le macchine da stampa e il «suono» che amava

Italo Giovanzana era un noto tipografo che viveva a Cisano Bergamasco ed è morto l’8 dicembre 1983. Riuscì a far sbocciare la sua impresa e a farla diventare importante, grazie anche al prezioso aiuto della sua famiglia. Collaborava con sua moglie Anna e, in seguito, anche con i suoi sei figli nella gestione di quello che all’inizio era un modesto laboratorio, ma che si è trasformato, con il tempo e con il suo duro lavoro, in un grande ed apprezzato complesso tipografico. Giovanzana era un uomo dalla viva intelligenza e dall’immensa cordialità. Una sua importante caratteristica era inoltre la sua grande capacità tecnica e la sua grande passione per il lavoro. Anche durante la malattia, infatti, Giovanzana ha continuato a lavorare, forse perché, come era scritto ne L’Eco Di Bergamo nel 1984, anno della sua morte, in un articolo a lui dedicato, «il familiare rullio delle sue macchine da stampa gli teneva in qualche modo compagnia e forse lo faceva sperare in un non lontano ritorno al lavoro, impegno di tutta la sua esistenza». Giovanzana veniva ammirato anche per la sua religiosità, che si poteva evincere non solo dalla sua virtuosa personalità, ma anche dalla sua sincera devozione. Amico dei padri Benedettini di Pontida, partecipava alle funzioni liturgiche di quella Basilica, e in esse trovava la perfetta combinazione tra «la fede dei suoi vecchi» e «una pratica religiosa modernamente intesa». La sua devozione a Dio fu evidente anche nel momento della sua morte. Diede prova infatti di grande coraggio perché sapeva di essere in pace con tutti sulla terra e di rispondere semplicemente ad un richiamo del Signore.

Non lasciò mai nessuno senza una parola gentile

Suor Teresa Caccia di Locate veniva ricordata sulle pagine del nostro giornale, esattamente nel 1994, anno della sua morte. A parlare di lei furono le sue consorelle infermiere che operavano presso l’istituto delle Figlie del Sacro Cuore di S Felice del Benaco, nel bresciano. Suor Teresa aveva dedicato 75 anni alla vita consacrata e si era sempre lasciata guidare e illuminare, nel viaggio che è l’esistenza terrena, dal Signore a cui aveva risposto con la vocazione. Questa donna straordinaria e particolarmente empatica con le persone che incontrava incarnava infatti pienamente il motto «Per tutta la mia vita, loderò il Signore». Vedeva il tempo come «moneta preziosa» e lo dedicava alla preghiera e al lavoro. Già il fatto di essere in vita, di godere delle bellezze del creato e di riconoscere nelle relazioni la potenza della grazia divina era per lei fonte di gioia immensa e cercava di cogliere sempre il gran valore di ogni istante. Ogni giorno Suor Teresa si innamorava di più del Signore e portava avanti la Sua volontà quanto poteva. Con il suo modo di fare umile e silenzioso, ma pieno di amore e di intelligenza, era d’esempio per tutte coloro che la circondavano. La sua sapienza poi le permetteva di sfornare costantemente preziosi insegnamenti. Con la sua attenzione per la comunità e con la sua grande gentilezza, riusciva sempre a farsi voler bene. Il suo dono speciale era che sapeva considerare ogni avversità come un’opportunità per migliorarsi e per fare del bene. Non lasciava mai che le difficoltà la rendessero crudele o indurissero il suo cuore. Perfino la malattia aveva modificato il suo carattere in positivo, rendendola più dolce e affabile. Come ricordavano le sue consorelle, Suor Teresa, soprattutto nel periodo più vicino alla sua morte, non lasciava nessuno senza una parola gentile o una tenera carezza. Nel frattempo, aspettava, immersa nella preghiera, che il Signore la chiamasse a sé. Era il 4 marzo 1994 quando salì al cielo.

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