
(Foto di Duccio Crusoe/Storylab)
Un mosaico di vite e passioni in un luogo che da Comune autonomo è diventato parte della città, tra emigranti, industriali, madri coraggiose, tintori e cavalieri che incarnano l’identità bergamasca.
Grazie alla sua posizione geografica favorevole al confine con Torre Boldone, ai piedi della Maresana e attraversata dalla roggia Serio, Redona si distingue da sempre per il suo ricco e vivo tessuto sociale e imprenditoriale, con una storica vocazione industriale, che affonda le sue radici nel 1600 con la nascita e la presenza dei primi opifici.
Comune autonomo e paese agricolo fino al 1927 e poi unito a Bergamo insieme a Colognola, Grumello del Piano e Valtesse, Redona si è trasformato velocemente nel corso del tempo, passando da una periferia industrializzata a un quartiere residenziale e commerciale. E in questa rapida evoluzione, sono tanti i ricordi di donne e uomini che hanno lasciato un segno nella sua storia secolare: oggi ve ne raccontiamo alcune, tratte da «Ogni vita un racconto», il progetto editoriale che raccoglie le necrologie pubblicate su L’Eco di Bergamo dagli anni Cinquanta ad oggi.
Partiamo con il ricordo di Giuseppe Galimberti, pensionato di 69 anni scomparso il 2 marzo 1963, lo stesso giorno in cui 14 anni prima era deceduto un suo fratello Francesco. Rientrato a casa in mattinata dopo una messa di suffragio per il fratello, Giuseppe morì improvvisamente tra le braccia della moglie Luigina. «Giuseppe – riportò L’Eco di Bergamo il 3 marzo 1969 – era tra l’altro fratello di Guido Galimberti, fucilato dai fascisti a Costa Volpino, assieme al patriota Giorgio Paglia, medaglia d’oro alla memoria della Guerra di Resistenza».
Sempre ai primi di marzo ma del 1971, Redona salutò per l’ultima volta Angelo Lozza, giovane padre di 44 anni, rientrato come invalido del lavoro del 1964 dopo 17 anni in Belgio. «Ancora giovane – si può leggere negli articoli del tempo – lascia negli amici e conoscenti il ricordo di un ottimo padre e lavoratore che si era dedicato con amore alla sua famiglia; di carattere aperto e pronto ad aiutare nel lavoro tutti coloro che ne chiedevano la sua competenza».
Un grande vuoto lasciò anche, il 14 gennaio 1976, la scomparsa di Anna Gorrini, «donna fattiva e intelligente, collaboratrice preziosa per molti anni nella conduzione di un avviato negozio di alimentari con il primo marito nel rione, dove era molto conosciuta». Risposatasi nel 1947, Anna, molto devota al Santuario dell’Addolorata in Borgo Santa Caterina, abitò per molti anni a Vezza d’Oglio, rientrando in città poco prima della morte.
Agli inizi degli anni Ottanta, Redona pianse invece il Cavalier Aldo Luzzana, industriale e dirigente di varie società sportive scomparso a 72 anni il 19 dicembre 1984. «Nato a Bergamo nel 1912, Luzzana – sottolineò l’edizione de L’Eco di Bergamo il 23 dicembre 1984 – aveva cominciato a Redona la sua fortunata attività imprenditoriale, impiantando con tre soci una piccola azienda di tintoria, la Tintex, che, avviata con pochissimi operai e grazie al lavoro diretto degli stessi proprietari, divenne una realtà industriale di tutto rispetto, con un centinaio di operai. Negli anni Sessanta si trasferì, ampliandosi, a Gorle». Luzzana, rimasto l’unico proprietario dell’azienda dopo il trasferimento, «la diresse personalmente, con energia e dinamismo, fino a quando decise di ritirarsi per lasciarne la conduzione al figlio Ezio». Oltre al lavoro e alla famiglia – la moglie Ines e i figli Ezio e Loredana, scomparsa a 15 anni a causa di una slavina che la travolse sul Valgussera – Aldo, tra i primi decorati con il grado di ufficiale nell’Ordine al merito della Repubblica, dedicò le proprie energie al mondo dello sport: nel dopoguerra e negli anni Cinquanta fu tra l’altro dirigente del Moto Club, presidente della Bergamasca Calcio e poi vicepresidente dell’Atalanta.
Poco più di un anno dopo la morte di Luzzana, il 28 dicembre 1985, si spense a 94 anni Caterina Pezzotta, sposa della guardia forestale Antonio Madaschi e madre di ben 17 figli. «Donna di grande sensibilità, estremamente riservata e riguardosa, si prodigava senza risparmio a beneficio di chiunque le chiedesse aiuto – ricordarono al tempo –. Figlia di un’ostetrica, lei stessa era esperta in questa attività: assisteva di buon grado, disinteressatamente, chi stava per allietare la casa con nuovi bebè. Amava la lettura e non si faceva mai mancare L’Eco di Bergamo che leggeva ogni giorno attentamente». Colpita poco prima della morte da due gravi lutti – il figlio Antonio e il nipote don Dario Madaschi – Caterina incarnò per tutti «una vita esemplare nella semplicità, nel coraggio, nella virtù».
Tra le braccia della moglie Piera si spense a 62 anni, il 15 novembre 1977, Gianni Marigliani, figlio del noto pittore Umberto che si formò con Cesare Tallone e Ponziano Loverini all’Accademia Carrara e che fu tra i fondatori nel 1913 della Società degli acquafortisti bergamaschi e l’autore nel 1938 dei disegni per le finestre del Santuario di Pompei. «Tra gli hobby di Gianni – sottolinearono le cronache del tempo – c’era anche la pittura, una passione che negli ultimi mesi era riuscito a trasmettere alla figlia Daniela. Dipingeva però soltanto per sé, per diletto. Tuttavia tra le sue passioni trovavano posto il giardinaggio, la cucina, la lettura e la musica». Di animo buono e devoto al valore dell’amicizia, Gianni fu colpito da una «crudele malattia» che non gli permise di godere appieno della tanto attesa pensione.
Pioniere dell’arte della pasticceria, Redona salutò nel marzo del 1971 Giovanni Carminati, titolare di un negozio aperto 65 anni prima in via Corridoni. «Nato a Brembate Sotto – scrisse L’Eco di Bergamo il 31 marzo 1971 –, incominciò a lavorare alle dipendenze di una pasticceria di Borgo S. Caterina come garzone e quindi come operaio. Quando decise di aprire un forno di pasticciere e un negozio non si trasferì molto lontano, insediandosi all’inizio di via Corridoni. La sua professione fu solo interrotta dalla Grande Guerra, poi tornò al suo negozio, che rese noto per l’intraprendenza con cui lo conduceva e l’abilità nel fare biscotti, paste e torte. Era molto conosciuto per il torrone che produceva e vendeva». Sposato con Ginevra, Giovanni, che morì a 85 anni, ebbe tre figli, Giacomo, Giuseppe, che continuò l’attività, e Luigi, che morì in Russia.
Schietta e sincera, di animo sensibile e cordiale, la maestra Gina Bonifazi lasciò un segno indelebile in tutta la città. Nata a Castelraimondo nel 1903, Gina seguì con la famiglia gli spostamenti del babbo, direttore didattico, prima a Montalcino poi a Verdello ed infine a Redona, dove lavorò come insegnante elementare. «Per tanti anni – confermarono le cronache del tempo – ha insegnato con passione e amore lasciando nei suoi allievi imperituro ricordo e affetto tanto che molti, ormai adulti, ricordano ancora adesso la loro cara maestra». Gina, sposata per oltre 47 anni con il marito Mario, madre di tre figlie – Eugenia, Carla e Laura – e nonna di otto nipotini, morì improvvisamente il 6 febbraio 1977 all’età di 74 anni. Tra gli amici, i conoscenti e gli studenti si generò un doloroso vuoto e un sincero rimpianto.
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