Quei matrimoni celebrati il 25 aprile 1945 che festeggiarono insieme gioie pubbliche e private

Le storie che trovate in questa sezione del sito de L’Eco di Bergamo, sono quelle che abbiamo trovato sbirciando nelle necrologie che il nostro giornale pubblica a partire dalla prima guerra mondiale. Ci sono solo alcuni personaggi, ogni settimana diversi. Abbracciano i numerosi paesi del nostro territorio, gli anni che vanno dal 1950 per arrivare ai nostri giorni e le esperienze più incredibili che a volte la nostra velocità ci ha fatto dimenticare.

Inserite nel portale le memorie associate ai vostri cari. Diventeranno patrimonio comune della comunità bergamasca. Come quelle che stiamo per raccontarvi.

MARCELLO COLOMBO

L’imprenditore che il 25 aprile ’45 festeggiò due volte

Marcello Colombo, cavaliere della Repubblica, nacque il 23 febbraio del 1924. Frequentò, da giovane, i corsi di meccanica alla «Breda». Durante la Seconda guerra mondiale, mentre svolgeva il servizio militare a Trieste, fu chiamato per partecipare alla guerra sul fronte russo. In seguito all’Armistizio dell’8 settembre del 1943 però, per fortuna, non partì mai. Tornato dalla leva a Casirate, fu ospite della zia Gina, proprietaria di una merceria nella quale lavorava Angela, la donna di cui Marcello si innamorò e con cui si sposò. Il matrimonio si svolse il 25 aprile del 1945. La famiglia raccontava, sulle pagine del nostro giornale, che Marcello scambiò i festeggiamenti per la fine della guerra per quelli per le sue nozze. Nel 1946 comprò le prime macchine per la costruzione e la lavorazione di attrezzature meccaniche. Nel 1957 aprì il primo stabilimento della «Colombo-Filippetti», la sua azienda, nel centro di Casirate. Si ammalò nel 1983 e cedette ai figli la conduzione dell’azienda. Era comunque sempre presente anche quando nel 1985 venne aperto lo stabilimento in Via Rossini, nell’area produttiva di Casirate. L’azienda crebbe e divenne leader in Europa nel settore dell’automazione industriale. Nel 2013 l’azienda entrò a far parte del gruppo «Inman» con la ditta Bettinelli Spa di Bagnolo Cremasco.
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TULLIO OLIVARI

Il muratore che amava i boschi e le campane

Il suo mestiere principale era quello del muratore in alcune aziende dell’Alta Valle Seriana che lo corteggiavano per la sua particolare abilità ed esperienza professionale. Anche nel ricordo di Tullio al suo funerale vennero celebrate le sue doti professionista puntuale, affidabile e competente. Spesso al termine della giornata di lavoro, ricordarono i presenti, rimaneva sul cantiere per perfezionare alcuni dettagli delle opere edili. Tullio amava anche la natura e soleva passeggiare nei boschi di Gromo e dei dintorni nel tempo libero. A chiudere la vita ricca e appassionata di Tullio c’era anche il servizio in parrocchia: si era riservato il compito di cambiare i fiori sull’altare della chiesa. Ma soprattutto faceva orgogliosamente parte del locale gruppo dei campanari.
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DAVIDE VITTORI

L’allenatore di calcio che amava suonare il basso

Davide Vittori lavorava come tecnico all’«Euromec» di Martinengo. Nel tempo libero, si dedicava alle passioni sportive. Amava il calcio, ed era vice allenatore della squadra Esordienti a nove della «Forza & Costanza». Fino al 2015, aveva anche allenato la squadra dell’oratorio di Ghisalba e, prima ancora, aveva giocato nella squadra di calcetto di Bergamo. Davide era anche un appassionato di musica: suonava il basso con i due gruppi «Primavolta» e i «Noxedo» Inoltre collaborava con il solista «Zano» di Calcio. Nel suo cuore grande ci stava anche un altro impegno civile: l’aiuto alle comunità di Bamako, in Mali. Per finanziarle nel 2010 fondò la «!UK Club», con la quale stampava T-shirt per sensibilizzare sul tema delle diseguaglianze economiche. Il ricavato della vendita delle magliette andava a finanziare progetti di microcredito a Bamako tramite l’associazione «UnAltroMondo onlus». Nel, 2014, inoltre, adottò a distanza, Fatim, una bambina di quattro anni della medesima comunità.
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MARIA ROSA PELUCCHI

La Pediatra di Cologno amica dei genitori e dei bimbi

Era il medico pediatra di Cologno di Serio, ma anche un punto di riferimento certo per le mamme e i papà del paese. Maria Rosa Pelucchi ha iniziato la sua attività a metà degli anni Novanta. Prima ha lavorato nei reparti di patologia neonatale agli Ospedali Riuniti di Bergamo, al Policlinico di Ponte San Pietro e poi a Dalmine come pediatra di base dell’Ambito. Per lei aiutare i bambini era una vera vocazione, e per questo formava con le famiglie una relazione di amicizia che andava oltre la cura dei piccoli. Quando si è ammalata, l’ha fatta soffrire più di ogni altra cosa il fatto di dover abbandonare le visite. Fino alla fine, ha collaborato con il «Centro volontari della sofferenza» della Diocesi di Bergamo per il quale il suo contributo decisivo ha risolto moltissime situazioni di vero disagio.
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MARIO ARNOLDI

Fondò l’editoria scolastica con la «Minerva italica»

Arnoldi fu fondamentale nell’editoria scolastica. Iniziò sviluppando l’attività commerciale della «Minerva Italica» insieme a suo padre che l’aveva fondata negli anni ’50. Quando la Minerva fu venduta alla Mondadori, Mario passò al gruppo De Agostini. Lavorò poi alla Larus fino a fine carriera. Arnoldi era anche un grande ammiratore dei film amatoriali. È morto il 3 giugno 2013
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GIOVANNI COLOMBO

Il «pustì» che aveva combattuto nella guerra sulle sabbie

Giovanni Colombo per quarant’ anni è stato il «pustì» di Brembate. Prima di iniziare il mestiere del portalettere, ha partecipato alla «guerra sulle sabbie» egiziane di El Alamein in quanto era stato assegnato al 126° Reggimento fanteria in Africa settentrionale. Nel 1943 è stato fatto prigioniero dagli inglesi nel campo di detenzione di Tripoli. È stato in seguito trasferito prima a Marsa Matruk, poi a Tobruk e Suez in Egitto. È tornato in Italia nel 1946. Ha lavorato a Milano come magazziniere e poi, nel 1952, ha cominciato ad affiancare il postino del suo paese, che stava per andare in pensione. Ha preso il posto di quest’ultimo e, fino al 1992, ha svolto il servizio di consegna della corrispondenza nei comuni di Brembate e Filago, compresa la frazione Marne. Il suo sorriso e la dedizione al lavoro è ancora presente nella memoria di chi lo ha conosciuto.
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CARLO CARMINATI

Il fotografo che era anche Terziario francescano

Carlo Carminati è stato il fotografo di Calusco d’Adda per quasi sessant’anni. Ha imparato l’arte della fotografia dal padre Miro. È stato autore di molte foto del comune nel dopoguerra e il 29 agosto 1954 ha immortalato l’inaugurazione del viale dell’Immacolata dove ha partecipato il Patriarca di Venezia Angelo Giuseppe Roncalli. Si è diplomato nel 1956 in ottica e nel 1957 è stato il primo ad aprire in paese un negozio di foto cine e ottica. Si è inoltre dedicato, parallelamente, all’Azione Cattolica locale, di cui suo padre era fondatore e presidente. È stato anche catechista. Era un terziario francescano e, dal 2000, ha ricoperto il ruolo di ministro per sei anni. Con altri abitanti di Calusco d’Adda ha dato avvio al Gruppo caritativo missionario, poi diviso in Gruppo missionario e Gruppo carità.
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ENNIO BERNINI

Il medico condotto, volontario alla Proloco di Ardesio

Il dottor Ennio Bernini è stato per trent’anni medico di famiglia ad Ardesio. Originario di Pavia, si è trasferito nella bergamasca alla fine degli anni Ottanta e lì ha conosciuto la moglie Mimma Zanoletti, la quale è stata l’unica presidente donna della Proloco. Ennio lavorava nell’ambulatorio di medicina generale di Ardesio, ma era anche specialista nella cura delle vene e aveva uno studio a Clusone. Aiutava anche la Pro loco, ricoprendo il ruolo di medico volontario e di supporto all’ambulanza durante l’esibizione dei go-kart nella Piccola Montecarlo. Nel tempo libero, aveva ristrutturato una baita, in cui si rifugiava per apprezzare la bellezza della natura.
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PIETRO MOSCA

Il medico che cercava il senso profondo dell’arte

Pietro Mosca nacque a Siracusa nel 1942, ma apprezzò e conobbe Bergamo fino in fondo sin dai primi momenti che la abitò. Era un osservatore attento della storia locale e lo incuriosivano le vicende dell’arte pittorica e scultorea. Era un apprezzato medico di base, ma parallelamente si dedicò ogni giorno alla scoperta dei segreti dell’arte della pittura. Voleva conoscere i motivi che spingevano gli artisti a scegliere determinati colori e tecniche, voleva immergersi completamente nelle opere che studiava. Il suo obiettivo era quello di cogliere il significato celato dentro l’arte. Era a tutti gli effetti un critico che voleva recuperare il senso delle opere, invece di osservarne esclusivamente l’aspetto. Scrisse una serie di libri editi da Grafica e Arte. L’ultimo fu il volume «Arte e costume in Bergamo Veneta dal 1427 alla fine del 1500». Fu inoltre lui a ideare lo «Spelù d’oro», che era riservato ai personaggi di rango. Organizzò e presentò anche una serie di mostre. Psicologico e profondo come il suo approccio alla critica era il suo approccio alla pittura. Dipingeva in maniera poetica e non si fermava mai alla mera rappresentazione.
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MINO BARTOLI

Il partigiano che invitava a visitare i cimiteri di guerra

Sotto il nome falso di Raniero Ranieri, Mino Bartoli è stato il comandante della «Brigata partigiana «Giustizia e libertà - Cacciatori delle Alpi». Bartoli ha giocato un ruolo indispensabile nella Resistenza bergamasca. Nel 1943 ha difeso, con i suoi uomini, i siti cruciali per la provincia, ed è riuscito a imprigionare ben dodici militanti fascisti. Questi ultimi sono poi stati lasciati liberi dal comandante, che condannava la violenza gratuita. Bartoli ha ricordato con più di una pubblicazione il periodo della Liberazione e ha ricevuto, a Caravaggio, una targa di gratitudine per il suo ruolo importante nella guerra di Liberazione. Nel 2009 gli è stata consegnata dal Comune di Bergamo la medaglia d’oro perché «Comandante partigiano, ferito e arrestato» che «dopo la Liberazione si impegnò in attività di riconciliazione con i precedenti avversari politici». L’impegno di Bartoli per questa riconciliazione è dimostrato, ad esempio, dal fatto che, nel 2005, Italo Pilenga di Urgnano, i cui parenti erano stati uccisi ingiustamente dai partigiani, lo abbia voluto incontrare per stringergli la mano.
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