Ogni vita un racconto / Bergamo Città
Mercoledì 11 Settembre 2024
Partigiani, suore e motociclisti, la storia di Bergamo
Grazie alla preziosa collaborazione di Silvio Mondinelli che ha raccolto alcune storie degli abitanti del quartiere cittadino di Colognola e al signor Magri che ha recuperato la storia di Gianni e Stefano Zonca, possiamo oggi restituire alla memoria comune i volti di alcuni tra coloro che hanno costruito la storia della nostra città.
ZAVERIA CASSIA
Superiora delle suore Sacramentine
Teresa Brigida Cassia nasce il 15 dicembre del 1874 a Colognola. Seconda di cinque fratelli, cresce in una famiglia di modeste possibilità; il padre Angelo è mugnaio e la madre Rosa Acquaroli è casalinga.
All’età di due anni viene affidata alla zia Teresa a Orio al Serio, una donna dinamica e generosa che fa l’insegnante; Teresa Brigida rimane da lei fino a quando entra nel convento delle suore Sacramentine di Bergamo dove diviene suor Zaveria collaborando in qualità di segretaria, con madre Geltrude Comensoli, la fondatrice dell’istituto e insegnando alle elementari del Collegio S. Alessandro di Bergamo. Anche dopo la morte di Madre Geltrude, Suor Zaveria rimane segretaria della nuova superiora Madre Maria Casardelli. Sono anni durante i quali le Sacramentine aprono nuove case, scuole materne, scuole elementari e centri di assistenza alle orfane: Suor Zaveria si distingue per il suo intenso l’amore all’istituto; la vita religiosa l’ha trasformata profondamente rendendola capace di conciliare la fermezza e la dolcezza, domando il suo carattere forte e impulsivo tanto da far apparire solo la mitezza e la serenità.
Nell’agosto del 1915 suor Zaveria Cassia, che ha poco più di quarant’anni, viene eletta Superiora generale delle Sacramentine e, con una breve interruzione, rimane in carica fino alla sua morte. Entusiasta, intelligente, piena di curiosità, madre Zaveria predispone le Regole, nelle quali infonde l’eredità spirituale ricevuta dalla fondatrice arricchendola con la propria intelligente esperienza. Nel 1926 madre Zaveria inoltra al vescovo di Bergamo la richiesta di iniziare un processo ordinario sulle virtù e sulla fama di santità di madre Geltrude Comensoli; la lunga procedura si sarebbe conclusa nell’ottobre del 1989 con la beatificazione della fondatrice. Madre Zaveria Cassia, insieme a suor Chiarina Griffini, conduce in porto nel 1931 l’acquisto di un vasto terreno a Colognola, sul quale sarebbe cresciuto l’istituto delle Sacramentine.
Nel lungo periodo in cui madre Zaveria è responsabile delle Sacramentine, le case religiose aumentano fino a diventare più di cento. Con il suo impulso trova realizzazione anche l’impegno missionario, per il quale la fondatrice ha sempre avuto una particolare attenzione. Cinque suore partono per l’Harar, in Africa Orientale, altre suore per l’Honan in Cina e altre partono per il Brasile, il Malawi e per l’Ecuador. Madre Zaveria Cassia diviene così una figura di primo piano nella storia delle Sacramentine, un modello di alta spiritualità e di materna bontà; si dedica all’istituto senza riserve, guidandone la rapida crescita e accogliendo circa duemila novizie durante il proprio generalato. Madre Zaveria Cassia muore a Bergamo il 6 luglio del 1950.
Questa storia ci è stata inviata all’autore di «Terra di Colognola», Silvio Maffioletti, introduzione di Gianmario Petrò, coordinatore dell’opera Gianni Barachetti. Grafica Monti, Bergamo, 1994, Edizione a cura dell’Avis- Aido Colognola.
GIANNI ZONCA
Il pioniere del motociclismo
Gianni Zonca tagliava l’ultimo traguardo della sua vita, per una volta senza la sua fedele moto Rumi, nel dicembre 2014, a 88 anni. A ripercorrere la sua carriera nel campo delle motociclette fu il nove volte iridato Carlo Ubbiali che, tre anni più giovane di lui, ricordava come nel 1947 Zonca già bazzicasse il negozio di famiglia di via Palma il Vecchio 8. «Così ha imparato ad andare in moto – ricordava Ubiali -. Era un buon pilota e ha vinto numerose corse».
Venticinque i successi ottenuti in carriera da Zonca che è stato anche campione italiano velocità in salita nel 1955. Sempre cavalcando le Rumi, di cui era considerato un’icona, anche fuori dai confini nazionali: alla vigilia degli ottant’anni fu invitato in Giappone e nel Nord Europa dai cultori della casa motociclistica creata dal geniale Donnino Rumi. Non a caso su un sito nipponico c’è una pagina dedicata a Zonca. Riconoscimenti non da poco per un pilota mai approdato al Mondiale. Le moto che guidava erano per lo più di piccola cilindrata, ma comunque capaci di raggiungere prestazioni di tutto rispetto per l’epoca: in sella al Gobbetto 125 (11 Cavalli), progettato dall’ingegner Salmaggi, Zonca raggiungeva i 150 Km/h. Coadiuvato da Troisi, Strada e Francone, nel 1951 condusse la Rumi al successo nella classifica a squadre della Valli Bergamasche. Appeso il casco al chiodo, Zonca ha lavorato a lungo come rappresentante d’auto: i motori erano la sua vita e alle rievocazioni amava tornare in sella.
Segnalato da O. Magri - Archivio de L’Eco di Bergamo
STEFANO ZONCA
Un bel sorriso che non ha perso il suo vigore
Nell’estate del 1979 perdeva la vita per un tragico incidente lo studente Stefano Zonca, figlio di Gianni (il campione di motociclismo che ricordiamo in questa stessa pagina). La famiglia Zonca abitava alla Celadina. Verso le 10 Stefano si stava muovendo sulla sua moto «Vespa Primavera» sulla strada Cremasca nel tratto fra Azzano e Zanica in direzione di Zanica dove avrebbe visitato alcuni parenti quando è avvenuto l’incidente nel quale è spirato. Stefano era un bravo ragazzo ed era anche dedito allo studio, avendo frequentato quell’anno stesso con profitto la quarta classe elettrotecnica all’Esperia. Avrebbe compiuto 18 anni in dicembre. Era una vita, quella di Stefano, ancora tutta da vivere e da scoprire. A lui piaceva farlo, come aveva imparato dal papà, a bordo della sua motocicletta. Anche se i suoi sogni si sono interrotti, la sua famiglia ne ha conservato il ricordo per anni, anche sulle pagine del giornale e ora il sorriso di Stefano ci raggiunge dalle pieghe di Ognivitaunracconto. Stefano non è dimenticato. Il ricordo di Stefano ci è giunto con un ritaglio di giornale dal signor Magri.
Archivio de L’Eco di Bergamo
LIVIO MONDINI
Alpino, cristiano e partigiano per tutta la vita
Nelle formazioni bergamasche che sono state protagoniste della Resistenza, si sono distinti alcuni giovani di Colognola: Ilario Garlini, Nino Viganò, Raimondo Zonca, Livio Mondini, Giuseppe Manzoni, Mario Invernicci, Gottardo Bonomi, Costantino Maggioni e Callisto Cividini. Esaminando i loro tratti caratteristici, spicca la loro giovane età (hanno in media 21-22 anni), la provenienza dai paesi dove il movimento resistenziale agisce, il coraggio e infine il buon rapporto con la popolazione, come testimoniano i numerosi esempi di partigiani ospitati e nascosti dalle famiglie di contadini. Livio Mondini, abitava in via Lorenzi ed è cresciuto frequentando l’Oratorio Immacolata di Bergamo, in via Greppi. Ha preso parte alle operazioni belliche come ufficiale degli alpini, comportandosi con valore.
Nel 1943 ha aderito alla Resistenza divenendo uno dei più stretti collaboratori del comando della Divisione Orobica Giustizia e Libertà, della quale è divenuto ufficiale di collegamento interessandosi principalmente al coordinamento dei servizi. Dal 1943 al 1945 l’appartamento di Livio Mondini sito in via S. Bernardino 78 è infatti diventata la sede effettiva del comando della Divisione Orobica Giustizia e Libertà ed è stata un centro nodale della lotta clandestina: la casa fungeva da vera e propria centrale operativa, nella quale sono avvenuti i contatti tra i maggiori esponenti locali della Resistenza e si tenevano i collegamenti con il CLN di Milano. Nell’appartamento veniva altresì ciclostilato un bollettino settimanale di informazioni, che veniva poi recapitato ai comandi superiori di Giustizia e Libertà e ai reparti collaterali operanti nella bergamasca. Livio Mondini è morto il 30 dicembre 2004 lasciando come ultima volontà che per il suo funerale le offerte non fossero destinate all’acquisto di fiori ma all’Associazione Partigiani Cristiani della sezione di Bergamo.
Da «Terra di colognola» di Silvio Maffioletti.
MARIO INVERNICCI
Evase dal carcere e riprese subito la lotta partigiana
Mario Invernicci è nato a Colognola nel 1909 in vicolo del Pozzo, un’angusta stradina posta a fianco del pozzo di via Carlo Alberto. Prima della guerra iniziò a lavorare come funzionario amministrativo alla Dalmine. Durante il conflitto aderì alla Resistenza divenendo promotore delle brigate Giustizia e Libertà e, successivamente, è stato commissario di guerra nel Comando di zona di Bergamo. In quella fase entrò in contatto con esponenti nazionali antifascisti di Giustizia e Libertà, in particolare con Ferruccio Parri e con il gruppo dirigente del Partito d’Azione. Invernicci venne arrestato in Valtellina nel maggio del 1944; ha trascorso in carcere tre mesi subendo selvaggi maltrattamenti che lasciarono evidenti tracce nel suo fisico pur non piegandone la volontà e il coraggio. Riuscì a fuggire dal carcere a luglio e subito riprese la lotta clandestina; alla morte di Norberto Duzioni, nel settembre del 1944, Invernicci assunse il comando della Divisione orobica Giustizia e Libertà e ne curò, insieme a Pietro Redaelli e Mario Buttaro, la riorganizzazione militare. Il loro lavoro ha garantito continuità alla vita delle formazioni, sempre insidiate dalla durezza della repressione e dalle rappresaglie sulla popolazione. Invernicci nell’aprile del 1945 ha partecipato alle trattative che sfociarono nella dichiarazione di resa del Comando militare tedesco di Bergamo.
Dopo la guerra venne decorato con la Medaglia d’argento per l’attività svolta durante la Resistenza e fondò, con alcuni soci, l’Istituto bergamasco per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea, del quale rimane presidente fino al 1968. Mario Invernicci nel 1974 si è trasferito a Milano morendo nel luglio 2003. Bergamo non lo ha dimenticato
da Silvio Maffioletti autore del testo «Terra di Colognola»
Il fiume dei ricordi
Queste sono le immagini postate sul sito Ognivitaunracconto.it
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