Ogni vita è un racconto e il nostro giornale è lo scrigno che lo custodisce

Una degli aspetti più interessanti di questa rubrica sono le parole del ricordo che si incontrano nei vecchi giornali e nei ricordi che giungono in redazione. Sono i nostri padri, i nonni o gli antenati, ma paiono lontani anni luce da noi. Cosa ci ha reso più fragili? Perché non riusciamo a vivere vite così generose e feconde pur avendone la possibilità e i mezzi? Sono domande che mi porto nel cuore ogni settimana e che mi stimolano, quando sembro stanca, a non mollare. Loro non si sarebbero arresi.

LISETTA STEFFANONI PANDINI

Fece crescere con luce e coraggio le opere della città

Nel gennaio 1994 L’Eco di Bergamo ospitava, nel trigesimo della sua morte, il ricordo accorato di una donna brillante e generosa che ha abitato la nostra città.

«Lisetta Steffanoni vedova Pandini è stata una cara figura di moglie e madre esemplare. La signora Pandini era nata a Lecco 93 anni prima e si era mantenuta attiva coltivando fino all’ultimo molti interessi. Erano, in particolare, molto saldi i suoi legami con la città e soprattutto con alcune istituzioni fondate sulla solidarietà e sull’attenzione peri bisogni dei più deboli. Spiccava, la signora Lisetta, in quella nutrita schiera di operose persone che, sospinte da una quasi istintiva attenzione per i bisogni degli altri, hanno costituito uno degli aspetti forse meno manifesti, ma che meglio di molti altri esprimono l’animo più genuino di Bergamo. Sposata nel 1930 con l’ing. Giulio Pandini, noto e capace imprenditore e al tempo stesso partecipe alla vita e ai problemi della comunità, seppe abbinare all’amorevole cura per la famiglia e per il marito una premurosa attenzione rivolta a chi aveva bisogno.

Non è facile ora elencare le opere in cui spiccò il suo zelo, fondato su una fede profonda e concretamente vissuta. Costantemente vicina al Patronato San Vincenzo, sostenne con entusiasmo e generosità don Bepo Vavassori, per la cui figura e opera ebbe una autentica venerazione; per molti anni fu presidente delle Madrine di don Bepo. Per lungo tempo impegnata nelle Conferenze di San Vincenzo, la signora Pandini fu a fianco dell’indimenticabile Betty Ambiveri nelle molteplici attività del Centro Italiano Femminile; la sua partecipazione fu pure molto preziosa nel “Comitato per la Salute del Fanciullo” e nella Sezione femminile della Croce Rossa, prodigandosi senza risparmio soprattutto in un periodo come gli anni Cinquanta quando i bisogni per la popolazione che usciva da un duro e difficile dopoguerra erano enormi. La sua operosa presenza non è mancata nel Patronato per l’assistenza spirituale al soldato, accanto alla contessa Maria Suardi, e nell’ Opera d’aiuto e di sostegno ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose.

La signora Pandini era particolarmente devota alla Madonna: una devozione manifestata nella preghiera e nei numerosissimi pellegrinaggi a Lourdes. Scriveva in una breve nota di alcuni anni fa: “La Madonna mi ha sempre prediletta, amata e per vie sue singolari mi ha portato a dir di sì in tante opere. Per quel poco che mi resta da vivere, mi metto a completa sua disposizione con umiltà e con tanto amore”. Di buon carattere, cordiale, comprensiva, attenta ai bisogni e ai problemi del giorno d’oggi, prendeva parte intensamente all’attività della parrocchia di Sant’Alessandro della Croce, in Pignolo. Nell’antico borgo si prodigò per diffondere la devozione e la preghiera della Medaglia miracolosa; la sua profonda sensibilità nei confronti dei problemi e delle esigenze del borgo si concretizzò nella Sosta Serena, un punto di incontro e di ritrovo da lei voluto e realizzato per gli anziani di Pignolo.

Ma non va dimenticata la sua costante attenzione rivolta ai giovani: si può dire che per lei non esistesse il divario degli anni; le era particolarmente caro l’oratorio di Pignolo, del quale seguiva l’attività, non mancando di essere presente nelle occasioni più significative. Un esempio di come generosità, entusiasmo e sincera attenzione al prossimo possano dare preziosi frutti ovunque».
Archivio de L’Eco di Bergamo

ROSALBA NOVARA SCROFANI

Dio ti avvolga nella tenerezza in cui hai creduto

Nel marzo del 1994 alla Dorotina di Mozzo saliva al cielo la professoressa Rosalba Novara Scrofani, mancata a soli 45 anni. Un mese dopo L’Eco di Bergamo ospitava un pensiero scritto dagli amici, le amiche catechiste e la comunità della Dorotina di Mozzo: «Con lei abbiamo compiuto un tratto di cammino. Con lei abbiamo condiviso la gioia e la fatica di credere, la gioia e la fatica di “raccontare la fede” . Lei ci ha partecipato la sua delicatezza, la sua discrezione, la finezza, la dignità e la maturità. Rosalba era una donna innamorata della tenerezza. Amava dire che Dio non è prepotente, non è arrogante... Dio è delicato, Dio ama sempre, Dio capisce e Dio ci abbraccia. Ti auguriamo Rosalba, di sentirti avvolta dentro questa tenerezza nella quale hai sempre creduto. E per l’ultimo, ti ringraziamo di essere stata, nel tuo vivere e nel tuo morire, per nulla preoccupata di “esibire”, ma sempre preoccupata di “essere”. Grazie amica per questa lezione di fede e di umanità».
Archivio de L’Eco di Bergamo

PAOLO CATTANEO

Un ricordo grato per i nati nel 1900 chiamati in guerra

«Con riferimento ai coscritti di leva nati nell’anno 1899, chiamati alle armi nell’ultimo anno della guerra 1915-1918 all’età di 18 anni circa e perciò definiti “ragazzi del ‘99”, cosa dovremmo dire dei coscritti nati nel 1900 e parimenti precettati e inviati in zona di guerra, sempre durante l’ultimo scorcio dello stesso conflitto? Giovani quasi imberbi, travolti dalla bufera che, fortunatamente per loro, si esauriva poco tempo dopo la loro chiamata con la firma dell’armistizio e con la cessazione delle ostilità il 4 novembre 1918. Ecco, Paolo Cattaneo, classe 1900, fu tra questi ultimi, una fra le centinaia di migliaia di comparse che si trovarono a sostenere sul macabro palcoscenico della vita una parte che non si addiceva alla loro giovane età: il suo foglio matricolare dice chiaramente: “Chiamato alle armi il 20-3-1918 nel 66.0 reggimento Fanteria” ed inviato quindi nelle retrovie del fronte rimanendo in servizio fino al 21-1-1919 e poi ancora dal 6-9-1920 al 21-1-1922. Tornato dal servizio militare si era sposato con la Maria Togni dalla quale aveva avuto poi sette figli. Trasferitosi da Ossanesga a Villa d’Almè prestò la sua opera come impiegato presso il “Linificio e Canapificio Nazionale” fino al momento di andare in pensione il 31-1-62, riscuotendo la stima dei responsabili dello stabilimento tessile villese, come è dimostrato dagli attestati di operosità e dal Premio fedeltà al lavoro che gli furono conferiti all’atto della sua cessazione del rapporto di lavoro. Anche l’Amministrazione comunale di Villa d’Almè, facendosi interprete dei sentimenti di riconoscenza dei Combattenti e Reduci della cui associazione era stato segretario per ben vent’anni, aveva consegnato a Cattaneo un attestato d’onore “quale combattente della guerra 1915-1918”. Ecco un breve curriculum vitae del nostro “Paolino”, il quale ci lascia un esempio di operosità, di serietà, probità e discrezione: qualità non disgiunte da affidabilità e cordialità che non gli sono mai venute meno fino agli ultimi giorni della sua esistenza, nell’aprile 1994».
M. Gamba - L’Eco di Bergamo

GIUSEPPINA GIAMBELLINI

Il suo spirito religioso-mistico si nutriva di lavoro

«...Giuseppina è passata all’altra sponda improvvisamente. Così chi l’ha conosciuta ha comunicato la notizia della morte di una persona straordinaria che desiderava fare la volontà di Dio, ma chiedeva di non disturbare nessuno. Giuseppina visse solamente per Dio e per gli altri. Anche nei giorni dell’agonia, nonostante l’età avanzata e la salute cagionevole, assumeva un suo compito: l’aiuto nella «Casa Pensionato» dell’Istituto Ancelle di Gesù. Era un’associata, fin dai primi tempi, della Fondazione. Non vestiva la veste di religiosa, ma nutriva uno spirito religioso-mistico. Era giunta alla vetta mistica mediante la preghiera e il lavoro. Una spiritualità la sua che risentiva dello spirito dell’Istituto, ma aveva tutta una nota personale. Già da fanciulla, nel paese nativo di Brembo di Dalmine, si orientò, in famiglia, verso la piena donazione di sé a Dio e agli altri. Collaborò con il primo sacerdote (poi primo parroco) per la fondazione della parrocchia, allora costituita da tante case, in continua crescita, di operai. Nacque così la chiesa e nacquero gli spazi per le opere parrocchiali. Giuseppina ricordava volentieri gli incontri con il vescovo Bernareggi, anche nel palazzo vescovile. Un ricordo gioioso, collegato con un esposto chiesto dal grande Vescovo. Per amore del prossimo fu a servizio di ricchi (non troppo) e di poveri. Teneva continui contatti con l’Istituto Ancelle di Gesù finché poté - volle - decisamente entrare come sorella di lavoro e di preghiera. Sentiva il peso degli anni e delle sofferenze? Sentiva il conforto, grande, della fede e dell’amore di Dio e degli altri. Amo vederla come l’anima di Santa Scolastica nel giorno della morte».
Archivio de L’Eco di Bergamo

CAV. ROBERTO CAMPANA

L’artigiano di Dio che operava con passione e fede

«La commossa partecipazione ai funerali ha ampiamente attestato di quanta stima e affetto fosse circondato il compianto cav. Roberto Campana, un galantuomo che ha legato la sua vita al bene della famiglia e ha onorato col suo lavoro e col suo impegno associativo la categoria nella quale operava: l’artigianato. Roberto Campana era orgoglioso di essere un artigiano: sin da giovanissimo aveva pensato a un’attività indipendente. che gli garantisse libertà di iniziativa e autonomia decisionale. Appena completati il tirocinio e la preparazione in elettrotecnica aveva avviato una sua azienda, portandola avanti con passione e facendola crescere sino agli attuali livelli: nella “Videotecnica”, di recente trasferitasi a Pedrengo, ha profuso una applicazione costante, senza misurare orari e sacrifici, agendo sempre con estrema competenza professionale e meritandosi la fiducia di una vasta clientela. Di poche parole, come tutti coloro che sono abituati a lavorare sodo, si era dedicato con slancio anche alle attività dell’Associazione artigiani. Era uno dei più validi collaboratori del presidente Antonello Pezzini, che ricordava (che lo ricordava, nel maggio 1994) come un uomo dallo spirito giovanile, oltre che amico carissimo, aperto alle nuove esperienze, solido nelle sue convinzioni e disponibile all’impegno per favorire la promozione della categoria. Nell’ambito dell’Associazione artigiani le sue doti sono state capite e valorizzate: capo categoria degli impiantisti, presidente del Confiab-consorzio Fidi de del Caeb-consorzio edile, era anche vicepresidente del Consorzio lombardo produzione-lavoro di Treviglio, oltre che consigliere della Cooperativa artigiana di garanzia. Incarichi che ha svolto con intelligenza, volontà e capacità che sono d’esempio, trovando il più vivo apprezzamento dei colleghi e dei vertici dell’Associazione artigiani».
Archivio de L’Eco di Bergamo

MARIO MALVESTITI

La sua allegria era contagiosa e accattivante

«Nel febbraio 1986 saliva al cielo Mario Malvestiti di Almenno San Salvatore, una figura esemplare di uomo che si distinse per bontà, rettitudine, correttezza e attaccamento alla famiglia. La sua famiglia lo ricordava con parole piene di nostalgia: «Il tempo che passa non attenua il ricordo. Padre affettuoso, seppe trasmettere esempi di vita cristiana ai figli. Con poche parole sapeva dare suggerimenti e consigli: un solo sguardo bastava a stemperare ogni difficoltà e a dare coraggio: la sua onestà. la sua allegria erano contagiose e accattivanti. Il Signore gli ha dato la vita eterna accogliendolo nel suo regno; egli tramanda nei suoi cari le sue virtù e ognuno intimamente le custodisce per sempre nel cuore».
Archivio de L’Eco di Bergamo

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