La loro forza era la certezza di un futuro migliore

C’è Maria che da Cene si è imbarcata per l’Australia per raggiungere un marito sposato per procura, Pio che in guerra ha tenuto nascosti due fuggitivi provenienti da due schieramenti avversi, Emmanuele che è diventato «guastatore» per intervenire nei campi minati, Riccardo che da carbonaio si è fatto politico per difendere la sua comunità, Giuseppina che abitava isolata in fondo al paese di Strozza con sette figli e non ha avuto dubbi ad ospitare gli sfollati di guerra, Sandra che insegnava un mestiere alle ragazze, Angelo che lo insegnava ai ragazzi e Dino che ha portato la Croce Rossa a Seriate.

Da Cene fino a Perth per trovare il marito sposato per procura

Veniva a mancare a Perth, in Australia, il 28 novembre 1993 la signora Maria di Pilato vedova Bortolotti, nata a Cene il 9 luglio 1911. La sua storia è stata eroica come quella dei molti bergamaschi che lasciavano la povertà della nostra terra per scommettere su un futuro migliore. Maria lasciava l’Italia nel 1937, con un viaggio difficoltoso, una famiglia numerosa alla quale era molto legata, per raggiungere in Australia il marito sposato per procura.
Lontana dalla patria, ma con il pensiero sempre rivolto alla famiglia a Cene e a tutti quelli che le volevano bene, si costruiva con molta nostalgia, una vita. A causa della lontananza poche volte, e con molti sacrifici, era potuta tornare al paese natale nel corso di questi lunghi anni. Seppellita nella lontana terra, resta però a Cene la memoria del suo passaggio.

Archivio de L’Eco di Bergamo

COMM. DINO CAPELLI

A Seriate fondò il Premio bontà «Notte di Natale»

In occasione del trigesimo dalla morte, L’Eco di Bergamo ospitava il ricordo di questo uomo definito di «straordinaria umanità» e uno dei personaggi più stimati di Seriate. Aveva 72 anni e da alcuni giorni era stato ricoverato all’Ospedale Bolognini di Seriate. Nulla faceva presagire la morte improvvisa. Dino era delegato provinciale della Croce Rossa italiana di Seriate che aveva fondato. Era stato fra i promotori del Museo Mons. Carozzi, dove sono raccolte quasi tutte le notizie sulle vicende dei seriatesi. Di spirito sensibile e patriottico, il suo nome rimane legato a tante associazioni di cui era presidente e a tante iniziative civili e religiose, tra le quali l’Associazione del nucleo Arma Aeronautica di Scanzorosciate e l’Associazione famiglie caduti e dispersi di guerra, dove lo si incontrava spesso in queste celebrazioni, per dare una buona parola a tutti, un gesto di incoraggiamento, un abbraccio affettuoso.
Fu anche promotore di iniziative sociali e culturali fondatore inoltre del circolo di cultura «Bebe Pedroni Radici », situato in Via Veneziani, 4 dove con la sua nota sensibilità di uomo che sentiva il bisogno di rendersi utile verso il prossimo, operava con zelo e interesse.
Il premio della bontà «notte di Natale» istituito 25 anni prima, dopo la morte del fratello Gianni, con lo scopo di porre in rilievo i valori della solidarietà e della riconoscenza verso la generosità di tante persone è l’esempio più limpido che fa risplendere la figura del caro commendatore, meglio delle sue luminosissime stelle che offriva come premio.

Archivio de L’Eco di Bergamo

Comm. Dino Capelli
Comm. Dino Capelli
Seriate, 14 dicembre 1993

SANDRA BERTA

Promosse a Mozzo l’«Opera Salus» per le ragazze

La sua vita è stata tutta un servizio per gli altri: giovane maestra, oltre all’insegnamento, dedicava il suo tempo libero alle ragazze dell’«Opera Salus», proponendo un sano insegnamento culturale, che comprendeva in particolare musica, ricamo e svariate attività ricreativa che avevano lo scopo di educare ad una vita costruttiva e responsabile Poi la sua consacrazione a quest’opera che è diventata la Casa famiglia per ragazze madri. Per rent’anni è stata Superiora dell’Associazione diocesana «Oblate di Santa Grata» e per la sua sensibilità è da molte rimpianta come madre: Sandra Berta è partita per il cielo i punta di piedi come è stata la sua vita. «Il Signore è buono, sempre» diceva.
Archivio de L’Eco di Bergamo

Sandra Berta
Sandra Berta
Dorotina di Mozzo, 12 aprile 1994

PIO EPIS

Il contadino che in guerra salvò due nemici

Giovanni Antonio Epis (detto anche «Pio») di Cantoni d’Oneta veniva ricordato sulle pagine de L’Eco nel mese di marzo 2004 perché avrebbe festeggiato 100 anni. Ci piace ricordarlo non perché abbia fatto cose eccezionali ma per come semplicemente ha vissuto e per il ricordo che ha lasciato. Contadino, servitore della patria in periodo di pace, boscaiolo emigrante in Francia, minatore e poi capocantiere, sposo e padre esemplare.
Di carattere gioviale, amante del lavoro e della compagnia, sempre disponibile per la gente, amministratore comunale e collaboratore della parrocchia. Dopo l’8 settembre 1943 si è trovato in una situazione particolare e rara: nascondeva nella cantina della casa di Cantoni un noto professionista di Bergamo.
In un cascinale sul colle di Zambla ospitava un albanese di opposta fazione. A volte, di notte faceva da guida ai combattenti che passavano dalla Val del Riso alla Val Serina, con il colle di Zambla ben presidiato dagli avversari. Ricordava quel periodo con soddisfazione per esserne uscito indenne, ed orgoglioso per il contributo dato a proteggere persone. Senza ricevere neppure un grazie, ma semmai qualche minaccia. Come tutti ha vissuto periodi di difficoltà, ha perso quattro figli ed incontrato molti problemi di salute. Mai gli è venuta meno la serenità, sorretto da una fede d’altri tempi e da una voglia di vivere contagiosa. Appena possibile sapeva cogliere i piccoli piaceri che la vita sa offrire a chi la affronta per il giusto verso e non la subisce. Mariarosa con Vittorio, Simona e Dario; Eugenio con Antonia, Ivan e Paolo, insieme a quanti lo ricordavano con stima ed affetto, indirizzavano per la ricorrenza che avrebbero celebrato insieme buon compleanno.

Archivio de L’Eco di Bergamo

Pio Epis
Pio Epis
Cantoni d'Oneta, 21 febbraio 1986

EMMANUELE BORGOGNONE

Fu Generale del 31° Battaglione dei Guastatori

Il giorno 30 dicembre 1993 si sono celebrati a Bergamo, nella chiesa di Borgo Palazzo in piazza Sant’Anna i funerali del generale Emmanuele Borgognone , presidente provinciale dell’Anget (Associazione nazionale genieri e trasmettitori) e vice presidente dell’associazione di Bergamo dell’Ancr (Associazione nazionale combattenti e reduci). Emmanuele era «guastatore del XXXI». Ma cosa significa? Bisogna risalire a quanto accadde nel 1940 quando, durante la guerra, si sentì la necessità di costituire reparti con il gravoso e pericoloso compito di collocare campi di mine davanti al fronte per contrastare eventuali avanzate dell’esercito nemico. Questi nuovi reparti avevano anche l’incarico di aprire, nei campi minati, allestiti dagli avversari, varchi per permettere ’avanzata dei reparti di prima linea verso il fronte nemico. Minare e sminare erano operazioni che richiedevano un grande coraggio e una notevole preparazione tecnica. Furono così costituiti nell’arma del genio, reparti di «guastatori» formati da volontari che si sentivano di possedere le richieste doti di coraggio e di adeguata preparazione tecnica. In Africa ettentrionale il reparto fu impiegato nelle operazioni di guerra, il «XXXI battaglione guastatori» che si distinse per le sue doti e l’affiatamento dei suoi componenti. Il giovane sottotenente Emmanuele Borgognone, dopo aver frequentato l’Accademia militare dell’artiglieri e geniodi Torino, aveva chiesto ed ottenuto di essere «guastatore del XXXI battaglione» diventando pochi mesi dopo da tenente, comandante della prima compagnia. Sul fronte dell’Africa Settentrionale visse un’intensa attività bellica, rimanendo ferito ad un braccio nella battaglia di Akatir. Rientrato in Italia, a causa delle ferite, fu catturato dai tedeschi dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Rimase nei campi di internamento tedeschi, essendosi rifiutato di aderire alle richieste di far parte della Repubblica Sociale, fino all’estate del 1945. In seguito riprese la sua attività di ufficiale in servizio permanente effettivo. Piemontese di nascita (era nato a Bardonecchia il 17 marzo 1918) si è sempre considerato bergamasco di elezione, non solo per aver ricoperto a Bergamo importanti incarichi militari, l’ultimo dei quali come comandante del Deposito divisionale Legnano, ma anche per aver sposato nel 1953 Santina Cassera di Cene e per aver deciso, dopo il pensionamento, di rimanere in città. Proprio in Borgo Palazzo dove sono stati celebrati i suoi funerali.
Archivio de L’Eco di Bergamo

Gen. Emmanuele Borgognone
Gen. Emmanuele Borgognone
Bergamo, 28 dicembre 1993

RICCARDO ZANNI

Da carbonaio ad amministratore pubblico esemplare

Riccardo Zanni era un montanaro che viveva a Chignolo d’Oneta, un paesino alpestre della Valle del Riso. Con lui se ne andava, l’antivigilia di Natale del 1993 a 74 anni, una figura significativa e singolare della valle. Riccardo era un uomo semplice, riservato, ma all’occorrenza determinato nei suoi propositi e testardo nel portarli a compimento. Così era stato per la strada di collegamento tra la Prealpina Superiore, che percorre la Val del Riso e Chignolo, in cui si impegnò con tutta la sua passione e l’attaccamento al paese che voleva togliere dell’isolamento; così pure per altre iniziative che aveva seguito anche come amministratore del Comune di Oneta, cui dedicò 16 anni della sua vita, da 1964 all’1980.
Una vita iniziata come carbonaio, sull’esempio del padre e della maggior parte dei suoi compaesani, proseguita come minatore, per oltre vent’anni, nelle viscere della valle. Un’esistenza trascorsa sempre nel paese natale con la moglie Pierina, i figli e i nipoti. L’attenzione ai problemi della sua terra e della sua comunità montana, alla quale era orgoglioso di appartenere, lo hanno spesso portato a bussare, senza arroganza ma con caparbietà, alle porte di uffici e funzionari presso cui sapeva di poter trovare una soluzione ai problemi che gli stavano a cuore.

Archivio de L’Eco di Bergamo

Riccardo Zanni
Riccardo Zanni
Chignolo d'Oneta, 23 dicembre 1993

GIUSEPPINA LOCATELLI

Visse quando il problema era sfamare le bocche

Nelle Memorie de L’Eco di Bergamo viene definita «una donna di una volta», in realtà è una donna che ha incarnato la tenacia e la resistenza femminili in un contesto che a noi oggi pare davvero angusto. Nella sua lunga vita Giuseppina Locatelli ha saputo vivere con semplicità e generosità ogni istante: ha avuto sette figli di cui uno morto in età infantile. Ha vissuto quando il vero, unico problema, era quello di sfamare tante bocche. Nella sua umile dimora sul fiume Imagna, al lembo estremo del paese di Strozza, quasi isolata dall’incedere del tempo, ha conservato negli anni uno stile di vita legato completamente ai ritmi della natura e alla fede nella Provvidenza di Dio. Nei tempi duri della Seconda Guerra mondiale, aveva saputo offrire ospitalità agli sfollati che per anni ne hanno conservato un ricordo straordinario. Una nipote scriveva su L’Eco a trenta giorni dalla morte «Ho ancora gli occhi umidi di commozione quando rievoco i momenti di quel compleanno in cui tutti i familiari le hanno cantato “Mamma, la canzone mia più bella sei tu” e lei dalla sua poltrona ci ha regalato un bellissimo sorriso sicura di essere la roccia di tutti noi. La nostra nonnina Bepa».
Archivio de L’Eco di Bergamo

Giuseppina Locatelli Ved. Gregis
Giuseppina Locatelli Ved. Gregis
Strozza, 11 dicembre 1993

ANGELO MAFFEIS

L’artista di Curno e insegnante del ferro battuto

A Curno e nei dintorni era riconosciuto come l’artista del ferro battuto. Le sue opere d’arte hanno abbellito la casa di molti bergamaschi. Era Maestro del lavoro e insegnava ai giovani volenterosi alle scuole di Ponte San Pietro, che allora si frequentavano la domenica mattina. «I miei studenti sono diventati tutti ottimi artigiani», amava ripetere. Ha dato vita ad una famiglia numerosa ma non solo. In casa sua ha trovato spazio anche una bambina presa in adozione. È morto a Curno l’8 maggio 1994.
Archivio de L’Eco di Bergamo

Angelo Maffeis
Angelo Maffeis
Curno, 8 maggio 1994

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