Ogni vita un racconto / Bergamo Città
Venerdì 15 Marzo 2024
Il lavoro e i ricordi: quando il mestiere era il marchio di qualità della vita
L’analisi dei necrologi di L’Eco di Bergamo tra il 1950 e il 1959 rivela la complessa realtà sociale dell’epoca, testimoniando professioni e attività svolte dai defunti. Dai commercianti ai muratori, ogni mestiere racconta storie di orgoglio e identità, offrendo uno sguardo unico sul mondo del lavoro del tempo.
La lettura dei necrologi pubblicati da L’Eco di Bergamo tra il 1950 ed il 1959, oltre a far riaffiorare il dolore dei famigliari e degli amici per la perdita subita, ci consente di conoscere la composita realtà sociale della nostra provincia di quel decennio nel corso del quale Bergamo esce dalla critica condizione sociale del dopoguerra e si avvia nel cosiddetto “miracolo economico” che cambierà tutto.
L’analisi di oltre 600 necrologi ci aiuta a capire quale fosse la composizione sociale della città e della provincia, in particolare osservando le categorie e le professioni indicative della attività svolta dal defunto: non ci sono necrologi, o pochissimi, che non indichino il lavoro svolto dal defunto. E quali le attività indicate? Moltissime, in quantità diverse troviamo praticamente tutte le attività immaginabile nella nostra società; ovviamente prevalgono quelle che si riferiscono ad attività “economicamente più rilevanti“ ed alle altre che godevano di un generale e riconosciuto prestigio sociale. Vediamole: in primo luogo troviamo commerciante (65), poi pubblico funzionario (53), industriale e dirigente di industria (48); a seguire perito (29), insegnante elementare e capomastro (28), poi medico e chirurgo (21), professore (16), macellaio ( 12 ), veterinario e proprietario di albergo (11) ci sono poi le varianti prestinaio, fornaio, panificatore, panettiere con 10 necrologi.
Sotto il numero di dieci i necrologi fanno riferimento, praticamente, a tutte le attività che innervano la vita minuta e quotidiana delle persone: vigile urbano, geometra, tipografo, ferroviere, operaio, rappresentante di commercio, elettricista, orefice: ogni necrologio, oltre al sofferto ricordo, ci testimonia, con l’indicazione della attività svolta, anche una sorta di orgoglio per averla vissuta e, quasi certamente, con l’essersi identificato e realizzato come persona con quel lavoro. Una successiva analisi comparativa tra le necrologie del tempo passato e di altre più vicine a noi nel tempo ci consentirà di cogliere anche i cambiamenti avvenuti nel mondo del lavoro, per cui nella società.
Di notevole interesse, poi, sono le indicazioni di specifiche attività che oggi difficilmente avrebbero l’onore di apparire in un necrologio ed altre delle quali la nostra contemporaneità ha praticamente perso memoria del loro stesso senso. Vediamo alcune delle prime, cioè di quelle che oggi con molta difficoltà potremmo trovare riportate: pollivendolo, idraulico, tabaccaio, sarto, muratore, tramviere, massaggiatore, salumiere, postino o postina, fiorista, oste, terziario francescano, agricoltore, droghiere, meccanico, fabbro, calzolaio, sacrista, tintore, falegname, solo per citarne alcuni. Tutte indicazioni scritte in grassetto, poste immediatamente sotto il nome del defunto: quasi una identificazione reciproca, un orgoglio di appartenenza.
Ma oltre a queste professioni oggi poco dichiarate ce ne sono parecchie altre delle quali probabilmente, in questa nostra contemporaneità, si è persa la memoria o perché non vengono più svolte o perché sono diventate così marginali da non rappresentare più nulla (o ben poco) e nessuno nel nostro attuale sistema lavorativo e che sono degne di essere studiate: levatrice, vetturale, organaro, escavatore ardeale, bilanciaio, tagliatore di calzature (lavoro umile e buono, viene definito), artigiano in arredi sacri, trebbiatore, artigiano dei compassi, inceppatore di campane, affreschista: tutte attività che, ancora nel corso degli anni Cinquanta, avevano un notevole riscontro ed una pubblica riconoscenza. Certo, la società è cambiata, la stessa civiltà è cambiata, ma queste professioni meritano almeno uno studio specifico ed un ricordo.
(Gianni Carullo)
Già nell’Egitto Faraonico, nelle tombe di soldati particolarmente valorosi, si trovano gioielli in forma di mosche in oro (Ordine della Mosca d’Oro al valore) e anche nella Civiltà Romana alcune statue ed epigrafi evidenziano gli atti di eroismo dei cittadini-soldati con gioielli (Corone, Falere, Armillae, Torques) indossati per la gloria della Res Publica.
Nell’epoca moderna è stato il Re di Sardegna Vittorio Amedeo III di Savoia ad istituire nel 1793 le Medaglie al Valore Militare. Ve ne sono anche tra i defunti, soprattutto quelli degli anni Cinquanta che hanno combattuto nella 1° e 2° guerra mondiale. L’invito è quello di arricchirne le storie sul portale.
(Paolo Moschini)
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