Gesti gratuiti per il prossimo

Quando il cuore guida i gesti, la vita si fa straordinaria. Sette storie di altruismo e dedizione, tra insegnamenti, cucine e botteghe sempre aperte e un impegno verso il prossimo che lascia il segno

Ogni Vita Un Racconto Ogni Vita Un Racconto

Quando l’amore per il prossimo è il fil rouge della vita, un’esistenza normale può diventare straordinaria. Come quella del prof. Angelo Pelis che ha insegnato per tutta la vita o come quella di Zaira Spreafico che ha messo a disposizione casa e bottega per i bisognosi. Vi raccontiamo di Stefano Rovaris di Colognola, che ha invece promosso la tradizione bergamasca, di Fiorenzo Pesenti di Brembate che ha meritato la benemerenza civica e poi Emilio Azairo, diventato Console onorario in Brasile. E ancora, parliamo di Angelica Del Prato e della sua cucina sempre aperta per tutti e Mario Capelli, che ha servito Lecco come sua città adottiva trasformandola in una meta turistica.

Le storie raccolte in questo articolo sono accomunate dai gesti gratuiti per il prossimo, scopriamole insieme.

Mario Capelli: da Alzano a Lecco per rilanciarne il turismo

Negli anni Sessanta raccontò le vicende di Lecco sul nostro giornale, e per oltre vent’anni contribuì a rilanciare la cittadina lariana dal punto di vista turistico. Mario Capelli, nato nel 1930 ad Alzano, è stato una delle anime di APT, l’azienda di promozione turistica dove lavorò dal 1962 al 1985 occupandosi dell’organizzazione di numerose iniziative, anche di respiro nazionale, tra le quali il campionato mondiale di sci nautico velocità nel 1981.

Archivio de L’Eco di Bergamo

Angelica Del Prato: casoncelli e pasta erano il suo modo di accogliere

Angelica Del Prato si spegneva a 102 anni nell’ottobre 2019. In paese era un punto di riferimento. Angelica ha vissuto a Genova, dove ha lavorato come domestica, e quando è rientrata nella Bergamasca ha svolto il lavoro di commessa in una salumeria. A Brembate era diventata un punto di riferimento per risolvere piccoli e grandi problemi, una sorta di “infermiera di paese”. Perché Angelica per gli altri ha sempre avuto tempo: prima per i figli, ai quali amava preparare casoncelli e pasta fresca, poi per i loro amici, ai quali apriva volentieri la porta di casa, e infine per i tutti suoi compaesani. Era una persona disponibile e sempre pronta a dare una mano. Una vita piena, anzi ricca, che la signora Del Prato amava raccontare a chi le poneva delle domande, lasciando intravedere il carattere forte, determinato e volitivo dei suoi anni migliori.

Archivio de L’Eco di Bergamo

Zaira Spreafico: a Endine fondò la casa dove tutti possono lavorare

In una grande casa bianca a Endine Gaiano vivono come in una famiglia alcuni ragazzi disabili e altri si uniscono a loro ogni giorno nelle attività di un laboratorio di “lavoro guidato”. Un servizio prezioso, fatto di attenzione quotidiana, amore e speranza: è il piccolo, grande segno che lascia in Bergamasca l’opera di Zaira Spreafico, presidente dal 1948 al 2004 dell’associazione «La nostra famiglia», morta nel luglio 2004 a Milano. Furono gli alpini a costruire la casa di Endine tra il 1976 e il 1977, ristrutturando un edificio di proprietà della Provincia. Un’impresa “storica” perché il presidente provinciale dell’ANA di allora, Leonardo Caprioli, propose ai suoi «veci» e «bocia» di imboccare una strada nuova dedicandosi a chi aveva bisogno d’aiuto. Centinaia di alpini lavorarono gratis per terminarla, e fu solo il primo atto di una storia di solidarietà che continua fino ad oggi. L’associazione «La nostra famiglia» si assunse dal 1979 il compito di gestire la struttura su indicazione di Zaira Spreafico (erede di don Luigi Monza, fondatore de «La nostra famiglia»). Guidando l’istituto delle Piccole Apostole della Carità, fece dei centri de «La nostra famiglia» strutture con operatori sanitari qualificati e capaci di realizzare progetti di vita per migliaia di bambini, in anni in cui non c’era ancora la cultura della presa in carico globale delle persone con handicap.

Sabrina Penteriani, Archivio de L’Eco di Bergamo

Stefano Rovaris: le «Crape de legn» e il «Giopì» nutrono il ricordo

«Non mi tolgo le fatiche dalle spalle, ma le affronto». Era una delle frasi che Stefano Rovaris amava ripetere e che meglio rende l’idea del suo coraggio e della sua indole altruista e generosa. Aveva 64 anni e abitava a Colognola: nonostante la preoccupazione per la malattia, aveva continuato ad affrontare la quotidianità con il buonumore e quell’ottimismo che lo contraddistinguevano. «Vedeva il bene ovunque – racconta Bruno Agazzi, duca di piazza Pontida -, era una persona ottimista e capace di farsi ben volere da tutti». Anche gli ex colleghi della Commissione di gestione della biblioteca di Colognola, di cui ha fatto parte fino a pochi mesi prima della morte, e la 7ª Circoscrizione lo ricordavano come un uomo sempre pronto al sorriso, capace di scherzare addirittura sulla sua malattia. Ex bancario (prima di andare in pensione aveva lavorato infatti per la Popolare di Bergamo), Stefano Rovaris coltivava da sempre una passione profonda per la cultura e la tradizione orobica. Oltre a rivestire da anni nel Ducato di piazza Pontida l’incarico di responsabile delle «Crape de legn» (burattini), dai primi anni ottanta collaborava con il quindicinale «Giopì». Fino a poche settimane fa, sotto la direzione di Carmelo Francia, ha curato la rubrica intitolata «Cose di questo e dell’altro mondo» e la sezione dedicata alle “bergamascherie”, eventi e fatti locali. Era affascinato dal dialetto, dalla pittura, dalla poesia e da tutto quanto era legato alla sua terra natale. «Si sentiva bergamasco nel profondo - prosegue nel racconto Agazzi - e teneva moltissimo a trasmettere questa sua passione a chi lo circondava, soprattutto ai giovani».

Bruno Agazzi_ Archivio de L’Eco di Bergamo

Fiorenzo Pesenti: il volontario dal «cuore grande»

Aveva solo 69 anni quando è morto per un malore improvviso, e in molti ancora lo ricordano. Nel 2016 aveva ricevuto la benemerenza civica dall’Amministrazione comunale. «Fiorenzo era soprattutto un amico di quelli veri che quando capisce che sei in difficoltà ti dice: hai bisogno? Sappi che io ci sono! – Lo ricordava l’assessore ai Servizi alla Persona, Savina Ferrari. - L’ho sperimentato personalmente. Era un uomo sensibile e dal cuore grande; per molto tempo si è preso cura di un amico colpito da una malattia degenerativa, lo portava in giro con un carrozzino e ogni tanto organizzava ritrovi tra amici per farlo stare in compagnia».

Nel 2016 gli è stata conferita la benemerenza civica con questa motivazione: «Esempio di profondo senso di altruismo e immensa solidarietà umana». «Andava di frequente alla Casa di riposo di Capriate a trovare i brembatesi – continua Ferrari – e aveva un pensiero per tutti. Inoltre, svolgeva l’attività di accompagnatore per il Piedibus. La comunità ha subìto una grave perdita. Ora me lo immagino in Paradiso a prendersi cura di qualcuno».

Archivio de L’Eco di Bergamo

Emilio Azario: dalla sua Rovetta al Brasile

Aveva Rovetta nel cuore e per ventitré anni ha rappresentato l’Italia come console onorario in Amazzonia. Emilio Azario, classe 1930, si è spento venerdì dopo una breve malattia a Manaus, in Brasile, dove viveva dagli Anni Cinquanta dopo essere emigrato dalla natia Rovetta, per raggiungere il resto della famiglia. Azario mancava dal suo paese natale da sette anni, ma alla notizia della sua morte in molti, sotto la Presolana, hanno voluto manifestare la loro vicinanza alle sorelle e al fratello. «Sono partito nel giugno del 1953 per Cayenne, nella Guyana Francese – raccontava Emilio in un’intervista al nostro giornale – dove all’epoca vivevano i miei genitori e i miei fratelli. Io avevo appena finito il servizio militare a Roma, avevo 23 anni, e dopo due anni di lavoro là sono partito per il Brasile, per Belém. Da lì alcuni amici mi hanno consigliato di andare a Manaus, dove c’era molto lavoro». Là Emilio fondò un’impresa di costruzioni. «A Manaus ho costruito il collegio dei Salesiani e per i Cappuccini nel 1957-’59 ho costruito un collegio molto grande, al confine con la Colombia e il Perù», amava ricordare. Sposò una ragazza di Manaus, Eunice, che lei aveva 17 anni. Gli ha dato sei figli, sparsi tra Losanna, New York, Manaus e Mato Grosso. «Emilio era il nostro fratello maggiore – raccontava la sorella Miranda –, ci sentivamo per telefono, la lontananza era molta. Quando la mattina dei funerali ho visto la sua fotografia sui manifesti di lutto affissi in paese, pensando che invece lui è là, oltre l’oceano, mi si è stretto il cuore».

Archivio de L’Eco di Bergamo

Angelo Pelis: il professore che insegnava il senso civico

Il professor Angelo Pelis era Cavaliere Ufficiale della Repubblica ed il suo nome è legato a due città, Bergamo e Fermo. Pelis, nato nel ’19 nella nostra città e ultimo di una famiglia di sette figli, passò una adolescenza difficile: già orfano di padre prima di nascere e poi orfano di madre a dodici anni, trascorse alcuni anni in collegio tra il Veneto e in Friuli, prima di dedicarsi agli studi classici.
Dopo aver ottenuto prima la maturità classica e poi la laurea a pieni voti in lettere classiche all’Università di Pavia, si fece conoscere come giovanissimo insegnante del Collegio di Celana, dove fondò il liceo scientifico ed ebbe la fortuna di incontrare il futuro Papa Roncalli. Il trasferimento a Fermo avvenne dopo il matrimonio con Anna Maria Passamonti, nobile del luogo: nella città marchigiana divenne presidente del Comitato Civico lasciando in allievi e colleghi un ricordo molto forte di grandi capacità didattiche e rigore morale. Ritornato a Bergamo con i primi quattro figli, ai quali ne seguiranno altri quattro, Pelis divenne un celebre insegnante di materie classiche nonché stimato preside di scuola media. Fu anche insegnante di istituti privati dopo il pensionamento, proseguendo così l’attività educativa nei confronti dei giovani. L’amore per le giovani generazioni, sempre legato al senso del dovere civico e morale, e il grande attaccamento alla famiglia furono i tratti caratteristici del suo pensiero e delle sue azioni.

Archivio de L’Eco di Bergamo

Cerca il nome del defunto e scrivi un un pensiero o carica un ricordo o un’immagine in sua memoria

© RIPRODUZIONE RISERVATA