Città Alta: i bei frequentatori del «salotto» della città

Nei secoli artisti, letterati e imprenditori hanno trovato in Città Alta il luogo perfetto per coltivare il loro talento e le loro aspirazioni, lasciando un segno che ha superato i confini del tempo. I contributi di Eulalia Murari, Gianandrea Gavazzeni e Trento Longaretti, che hanno reso la loro vita una celebrazione dell’identità bergamasca.

Ogni Vita Un Racconto Ogni Vita Un Racconto

Città Alta è da sempre un simbolo di bellezza, cultura e tradizione. Questo patrimonio è stato arricchito nel tempo da personalità straordinarie che hanno lasciato un’impronta indelebile. Tra i tanti che hanno contribuito a rendere ancora più speciale il “salotto” della città, spiccano figure di rilievo che, con le loro diverse sensibilità e competenze, hanno saputo alimentare quel dialogo continuo tra il passato e il presente. Tra le necrologie pubblicate dagli anni Cinquanta su L’Eco di Bergamo e messe a disposizione della comunità bergamasca dal progetto «Ogni vita un racconto», troviamo infatti storie di donne e di uomini che hanno legato per sempre il loro nome a Bergamo Alta, il «salotto» della città.

Negli anni Settanta troviamo il ricordo di «una di quelle figure della Bergamo antica che hanno collaborato a fare la Bergamo di oggi». Il 28 agosto 1973 moriva a 92 anni, travolto da un’auto, Giuseppe Ferrante, un imprenditore che ha dato vita a una ditta di tinteggiature e decorazioni edili «che ben presto acquistò un posto di primo piano nell’attività edilizia bergamasca, collaborando, tra l’altro, alla creazione dell’attuale centro cittadino - ex Fiera di S. Alessandro - sotto la guida dell’architetto Piacentini, ideatore del complesso». Definito un galantuomo, Ferrante, animatore del Gruppo artistico filodrammatico del Seminarino, era molto conosciuto in Città Alta, dove ha vissuto con la famiglia in via Colleoni e per più di quarant’anni in via Sant’Alessandro.

Come Ferrante, alla scena culturale del quartiere ha contribuito negli stessi anni anche la contessa Bona Suardo Grumelli Pedrocca, scomparsa il 19 giugno 1972. Rimasta vedova a soli 29 anni del conte Luigi Grumelli Pedrocca, la contessa – che ottenne la medaglia di benemerenza per il servizio di assistenza prestato per l’assistenza dei soldati durante la grande guerra mondiale – è stata ricordata per molto tempo «per le sue doti di cuore e di intelletto» e per essersi prodigata, oltre alla crescita dei due figli Bonaventura e Piero, «per i meno abbienti, specie della sua Città Alta che tanto ha amato e difeso per un degno mantenimento delle sue tradizioni artistiche e storiche».

Il 15 dicembre 1983 sulle pagine de L’Eco di Bergamo si trova invece un articolo dedicato a Camillo Virtuoso, scomparso a 58 anni e che per molti anni ha lavorato alla tipografia del nostro giornale. Assunto nel 1949, era stato adibito al reparto spedizione. «Il suo lavoro – viene riportato nelle cronache del tempo – incominciava nel cuore della notte, quando il giornale, uscito fresco di stampa dalla rotativa, deve essere confezionato in pacchi a seconda delle varie destinazioni. Svolse il suo compito per ben 32 anni ininterrotti, lasciando il posto di lavoro nel maggio del 1981». Camillo si spense nella sua abitazione in via Mario Lupo, dove aveva sempre vissuto.

A 71 anni, il 18 febbraio 2008, è morto un altro protagonista della comunità di Città Alta: il fotografo Domenico Lucchetti, storico fondatore della «Bottega Bergamo» in Piazza Vecchia, sotto il Campanone. Nato e cresciuto tra piazza Mascheroni e Colle Aperto, Lucchetti aveva creato un legame speciale con il quartiere, coltivando la passione per la fotografia ereditata dal padre nello studio aperto nel 1960 nei locali sopra il Caffè del Tasso. «Con lui – viene ricordato sul nostro quotidiano – se ne va un osservatore speciale di Bergamo, della Città vecchia nella quale è nato e dove ha passato la vita, dietro l’obiettivo del fotografo, immortalando una città che non era soltanto un luogo, ma – come ebbe a dire – “un impasto di vita, di memoria, di storia, di conoscenza”».

Città Alta, nel corso dei decenni, ha accolto anche una generazione di imprenditori che hanno trasformato il mondo della ristorazione. Tra loro non possiamo non ricordare Enrico Panattoni - scomparso nella notte tra giovedì 3 e venerdì 4 ottobre 2013 - che, nel 1953, aprì la Marianna. Fu lui a inventare nel 1953 uno dei gusti preferiti dagli amanti del gelato di tutto il mondo: la stracciatella. «I clienti del ristorante - aveva raccontato Enrico un giorno in un’intervista a L’Eco di Bergamo - continuavano a chiedermi la stracciatella, nel senso della minestra alla romana fatta inserendo le uova sbattute nel brodo bollente. Mi ero stufato di servirla, così mi venne in mente di riproporla in altra forma. Ci pensai un po’ di giorni, poi in una notte misi a punto la ricetta del gelato». E poi ancora Franco Santambrogio (scomparso il 26 marzo 2018), fondatore del Sant’Ambroeus e vincitore del titolo di «Miglior sommelier d’Italia 1978 – 1979», e Mimmo Amaddeo, fondatore della storica pizzeria «Da Mimmo» che si è spento il 19 agosto 2017 a 92 anni.

Tutte storie che continuare a vivere oggi con la memoria e con la loro grande eredità.

Gianandrea Gavazzeni: l’antidivo geniale che odiava la retorica

Nella sua casa di via Porta Dipinta, a 87 anni, moriva il 5 febbraio 1996 il maestro Gianandrea Gavazzeni. «Con lui tutto il mondo della musica e della cultura – sottolinearono le cronache dell’epoca – ha perso un personaggio di primissimo piano direttore d’orchestra accompagnato dal successo nei maggiori teatri del pianeta, compositore, scrittore, attentissimo interprete degli avvenimenti –, e Bergamo piange la scomparsa di una delle figure che più l’hanno onorata lungo molti decenni: Bergamo che mai ha nascosto l‘orgoglio di avere dato i natali a questo figlio illustre così come egli sempre vantò i propri natali bergamaschi». Lavorò con i più grandi musicisti e interpreti del secolo scorso, a partire dalla «Divina» Maria Callas, e conobbe molti dei protagonisti del Novecento, tra i quali Papa Giovanni XXIII.

Eulalia Murari e la prima boutique con biancheria da notte

Tra le prime ad aprire a Bergamo una boutique e un atelier di moda , Eulalia Murari Cavalleri, conosciuta da tutti come «Lola», era una delle donne più ammirate di Città Alta della prima metà del secolo scorso. Arrivata dal Veneto ancora bambina, era una presenza fissa con i genitori e con la sorella Ernestina dell’antico Albergo del Sole. Lola che ha frequentato la scuola d’arte Fantoni, è cresciuta accanto al Teatro Sociale, diventando negli anni amica di molti artisti, che alloggiavano appunto al «Sole», e di molti pittori, che l’hanno scelta come modella per molte opere. In particolare è stata la modella preferita di Giovanni Cavalleri detto «Rana», che è diventato poi suo suocero: molte delle Madonne da lui affrescate portano il suo volto. Nel suo atelier di moda, aperto in via Tasso, sono stati confezionati numerosi abiti con tessuti preziosi. Lola è morta nel novembre 1983.

Trento Longaretti: il pittore con lo sguardo da bambino sul mondo

Ha attraversato la storia dell’arte di un secolo, lasciando un’impronta indelebile in tutto il panorama artistico nazionale e nella sua amata Bergamo. A distanza di otto anni dalla morte, avvenuta il 7 giugno 2017, la città non dimentica la figura di Trento Longaretti, uno dei pittori più amati dai bergamaschi. Una carriera, la sua, lunga e costellata di riconoscimenti e di successi: per decenni lo sguardo di Longaretti, che viveva nella sua casa di Borgo Canale, si è concentrato sugli ultimi, come gruppi di famiglie in cammino, sui pellegrini della vita, sull’elemento umano e sulla figura dell’ebreo errante, assunta più volte a simbolo della condizione umana. Era tollerante e ottimista, vedeva sempre il bicchiere mezzo pieno. Vedeva il mondo con occhi da bambino». Una visione che ha prodotto un’eredità culturale sconfinata, apprezzata in tutto il mondo.

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