Trattare di Futurismo e Moda è uno squisito escamotage per attraversare il costume della società. I futuristi fecero della moda un fondamentale campo di indagine per rompere i vecchi equilibri e superare le passatiste e soffocanti «tradizioni borghesi». E primi fra tutti favorirono l’incessante divenire della moda, sollecitandone il suo continuo rinnovamento. Attribuivano al modo di vestire il compito di rispecchiare «la dinamicità, l’energia e la velocità caratteristiche dei tempi moderni». A raccontare questo binomio inscindibile un volume dal titolo «Il futurismo e la moda» di Luca Federico Garavaglia.
L’abito rientra quindi nell’ambito della «ricostruzione futurista dell’Universo» e l’interesse per la moda nacque con il Movimento futurista, coinvolgendo Marinetti, Balla, Depero, Crali, Thayaht, Diulgheroff, Rizzo, Nizzoli, Corona, De Sanctis, Delle Site. Ma anche, e a vario titolo, Dal Monte, Volt, Mazza, Carli, Boccioni, Corra e Severini, per una produzione di proposte e riflessioni che oggi, dal casual all’haute couture, ritroviamo nel nostro guardaroba e nel nostro modo di vestire quotidiano. «Bisogna colorare il mondo, anche se non si hanno soldi, anche semplicemente indossando qualcosa di economico, purché sia colorato» scrive Corra nel 1916; «L’uomo moderno è portato verso il colore» continua Balla. Perchè la moda, con l'avvento del futurismo, deve abbandonare «le false insegne della distinzione e della sobrietà»: «Cominceremo con l’abolire la simmetria. Faremo decolletés a zig-zag, maniche diverse l’una dall’altra, scarpe di forma colore e altezza differenti» scrive Volt nel Manifesto della Moda femminile futurista (1920).
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