«La più elegante? Sono io»
Rossella Jardini parte con la sua linea

Pochi lo sanno che Rossella Jardini è bergamasca. Una donna che la moda la ama e la vive, capace di catalizzare l’attenzione per la sua raffinatezza, quella capacità di indossare l‘eleganza che appartiene a pochissime. Un’allure che mai passa di moda e che ora la racconta attraverso un nuovo progetto, tutto personale, dopo che dagli anni Ottanta è stata musa, e successivamente, anima di Moschino.

Ci racconti la sua Bergamo.

«Sono originaria di Fiorano al Serio, mia madre era una donna elegante e di grande fascino. Della mia infanzia ricordo pochi volti, ma tantissimi vestiti».


Come incontrò Moschino?


«Avevamo due carissimi amici in comune: erano due modelli, uno svizzero e un argentino. Dopo aver lavorato da Valentino aprirono la griffe “Alvear” e io lavoravo per loro. Era il 1978 e, quando partirono per gli Usa, raggiunsi Franco (Moschino, ndr) da Cadette, realtà pret-a-porter: un anno in cui la nostra amicizia si consolidò, anche se nel frattempo io passai a Bottega Veneta dove rimasi fino al 1985, gli anni più di formazione dopo il mio inizio da Nicola Trussardi negli accessori».


Moschino nel 1983 diede il via alla sua griffe, lei lo raggiunse due anni dopo.


«Mi chiamò e io letteralmente volai, senza più lasciarlo. Franco è stato il mio maestro, la mia guida, il mio migliore amico. Un uomo incredibile per il suo genio e la sua umanità».


Dopo la sua scomparsa nel 1994, fu lei a portare avanti la maison, fino al 2013.


«Con Franco mi occupavo degli accessori, poi ho preso in mano il brand non abbandonando mai l’heritage voluto da Moschino, ma rendendolo più femminile con uno spirito irriverente che racconta me. E Franco».


Se le dico «ribellione», lei cosa mi risponde?

«Mia madre me lo diceva sempre, che ero una ribelle, ma credo che la vita smussi gli angoli acuti delle esistenze».


Poi nel 2014 è arrivata da Missoni.

«Un lavoro appassionante, ma è giunto il momento di fare quello che piace a me, che mi racconti. Questa etichetta sono io, il mio stile anche maschile, il mio modo di presentare una donna che sa distinguersi, con sofisticatezza e un plus in più: c’è sempre tempo per creare ciò che si ama».


Il suo volto e i suoi occhiali distintivi sono il marchio.


«A disegnarlo Antonio Pippolini che ha saputo ben giocare con la mia griffe, tra ironia e genialità. Poi c’è Alex Majoli che ha scattato tutte le immagini della collezione: ho scelto un fotoreporter, non un fotografo di moda, perchè volevo che si raccontasse una donna vera, autentica, quotidiana e raffinata».


Lei è anche una trend setter della Rete: la sua pagina Fb è costellata da mise di alta classe.

«Ho iniziato per caso lo scorso anno: un po’ per tornare in pista dopo la pausa da Moschino, un po’ per curiosità. Ora mi diverto come una pazza!».

La sua griffe preferita?


«Moschino, naturalmente, e la mia nuova etichetta. Poi vesto molto Aspesi, legame indissolubile da sempre, ma è anche vero che scelgo gli abiti non tanto per la griffe quanto per il mio gusto personale e passo senza problemi da Rocha a Comme des Garçon fino a brand di avanguardia giapponese».


Ci racconta la sua cabina armadio?


«Zeppa (ride). Poi c’è il mio archivio storico personale, circa 300 pezzi, con i Moschino più importanti della mia vita».


Come sono cambiate le donne?


«Hanno a disposizione la moda low cost, possono scegliere. Ma “indossare la moda” non è così semplice: il gusto è innato e non sempre tutta questa quantità di capi aiuta ad essere eleganti».

Dovrebbero usare di più?

«Più che altro dovrebbero imparare a scegliere, sentendosi a loro agio».


Ci dica la verità. Ma la donna più elegante chi è?


«Ovviamente sono io».

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