Moda e tendenze / Bergamo Città
Domenica 22 Settembre 2019
Il docufilm della Ferragni visto per voi
In scena il «personaggio» di se stessa
Un film che è un viaggio nella sua vita, da quando Chiara è bambina che scruta l’obiettivo a qualche spezzone glamour tra gli outfit più astrusi, fino a pezzi di vita quotidiana che poi, in fin dei conti, è quella social considerando che le due cose spesso e volentieri si sovrappongono.
«Mi ricordo che la sua prima macchina fotografica gliel’avevamo regalata con i punti dell’Esselunga». Questo il ricordo del papà di una Chiara Ferragni adolescente, già curiosa esploratrice del mondo, riportato da «Unposted», il docufilm della regista Elisa Amoruso sulla vita della 32enne cremonese con 17 milioni di follower, imprenditrice digitale con 80 dipendenti, prima influencer al mondo secondo le classifiche di Forbes, un «caso» studiato alla business University di Harvard.
Un film che è un viaggio nella sua vita, da quando Chiara è bambina che scruta l’obiettivo a qualche spezzone glamour tra gli outfit più astrusi, fino a pezzi di vita quotidiana che poi, in fin dei conti, è quella social considerando che le due cose spesso e volentieri si sovrappongono.
Ma attenzione: chi pensa a questa pellicola come un tutorial per la perfetta blogger tra party e paillettes, si sbaglia. Il messaggio del documentario è uno solo, così come il personaggio è ben caratterizzato: «Se hai una passione devi coltivarla, devi spingerla» è il senso di tutto, come spiega Alberta Ferretti, tra i tanti celebri nomi della moda che spiegano il «Chiara Ferragni fenomeno». Fenomeno che è analizzato con tanto di numeri e nozioni sociologiche che mettono in mostra quanto oramai le influencer sono delle pagine pubblicitarie viventi, frantumando le barriere tra consumatore e prodotto.
Chiara Ferragni racconta questo fenomeno e ne ha tutti i diritti: lo ha creato lei. Il segreto? «Averci creduto sempre» dice «essere gentile, impeccabile, autentica» ribadisce il suo staff, ma essere anche e sempre on line. Nel senso di avere un controllo attento, imprenditoriale, estetico di ogni cosa. Nel documentario Chiara chiede di provare che ogni pezzo delle sue collezioni, al trucco in abito da sposa verifica in diretta il trend di crescita dei follower, alle riunione controlla statistiche e programma campagne. Sempre sul pezzo, anche nel ruolo di moglie e mamma, fino a quando si siede su una poltrona e si concede le lacrime, raccontando degli haters e della sua ossessione di «essere la versione migliore di sè».
Nel docufilm non mancano le follower che la considerano «maestra di vita», capace di influenzare gusti ma anche scelte, che è poi l’obiettivo di chi crea una comunità. Chiara lo ribadisce: «Quello che sono io lo puoi essere anche tu», mentre posta pezzi di vita e attiva sondaggi per la scelta di cosa indossare.
E Chiara ribadisce più volte il ruolo del suo passato: «Dove veniamo ci dice cosa siamo» dice mentre scorrono immagini di Chiara bambina, filmata dalla mamma che la descrive «entusiasta, con la voglia di esplorare, determinata». E poi: «Mia madre mi ha fatto capire fin da sempre che ero speciale. Che avrei trovato la mia strada, il mio talento: io le ho creduto». Cuore di mamma, prodotto di mamma che il fashion system conosce bene, Chiara dal 2009 è imprenditrice digitale e ribadisce la sua forza di donna manager: «La mia storia dimostra che non serve un uomo per fare tutto questo». Lei è il personaggio di se stessa. Lo capisci bene in una battuta, poco prima delle nozze, quando dice: «Spero solo di piangere in modo carino».
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