Moda e tendenze
Sabato 04 Gennaio 2014
Franco Farinelli
mago delle svendite
In questi giorni di saldi e ribassi ha un gran da fare, in giro un po’ per tutta Italia, ma la sua attività non si esaurisce nel periodo degli sconti, anzi: il suo lavoro è infatti quello di organizzare le svendite di negozi che stanno pensando di riallestire o rinnovare gli spazi o chiudere l’attività.
In questi giorni di saldi e ribassi ha un gran da fare, in giro un po’ per tutta Italia, ma la sua attività non si esaurisce nel periodo degli sconti, anzi: il suo lavoro è infatti quello di organizzare le svendite di negozi che stanno pensando di riallestire o rinnovare gli spazi o chiudere l’attività.
Franco Farinelli, di Ancona, nella Bergamasca ci viene spesso e proprio negli ultimi tempi ha curato gli allestimenti - e la loro comunicazione – di alcuni negozi che erano pronti per il «fuori tutto». «Ho imparato da mio padre – racconta - ho seguito dagli anni Settanta la sua attività. Ora con mio figlio Matteo proseguo in questo lavoro sempre più richiesto».
Nel mondo del tessuto il padre di Farinelli, direttore e consulente commerciale, è finito per entrare a sua volta nei negozi altrui, aiutando a chiudere i titolari di aziende di abbigliamento ed esercizi legati al mondo della moda: «Negli anni Settanta parlare di svendite non era una cosa semplice e soprattutto non era cosa nota – ricorda -. Ora è all’ordine del giorno, complice la crisi e un mercato molto in movimento».
Le prime svendite della «Farinelli e figli» sono state, date le origini, nelle Marche, «poi c’è stato il passaparola e ho iniziato a lavorare in Emilia, salendo verso la Lombardia: «Qui sono approdato negli Anni Novanta – racconta –. Nella Bergamasca ho raggiunto anche le valli, presso aziende che chiudevano ma non sapevano come muoversi».
Dalle aste in voga negli Anni Sessanta al bisogno di comunicare e di vendere al meglio la propria merce: «Ma anche il miglior commerciante, in questi casi, può non essere in grado di presentare il suo prodotto. Quel negozio è la sua casa e chiudere i battenti ha dei risvolti emotivi difficili da gestire».
Farinelli insegna questo: come vendere meglio, partendo dalla pubblicità. «Sono uno di quelli che ha sempre promosso i furgoni con gli altoparlanti in giro per le città ad annunciare le svendite – rammenta -. I tempi ovviamente sono cambiati ma la comunicazione è il primo passo di un “fuori tutto”: si parte dai media locali, si fanno affissioni, volantini, ora si usano anche i social media, passaparola della nuova era».
Dalle radio ai giornali locali, dalle locandine sui muri a dei nuovi volantini che Farinelli si è inventato: «Non sui tergicristalli: la gente non li guarda e li butta via in un attimo – spiega -. I miei sono coloratissimi, di carta più grossa e si appendono allo specchietto delle macchine, quasi fossero un appendino».
E questa è solo la prima fase: «Poi si lavora all’interno del negozio, allestendolo per la svendita». E qui c’è la regola numero uno: «Tutto meno coccolato, tutto preparato con meno poesia: l’esposizione deve essere pratica e funzionale e la maggior parte dei capi deve essere appesa».
Il momento più difficile per il negoziante: «Entri in casa sua e stravolgi la sua vita, ma è necessario. Un esempio pratico? I maglioni si appendono, così il cliente ne può vedere più pezzi in meno tempo e non si creano mucchi di abiti da ripiegare».
La vetrina è un altro elemento centrale nella svendita: «La faccio coprire tutta: crea interesse, aspettativa, ed è il primo mezzo di comunicazione per informare la clientela. Incuriosisce». Poi ci sono le luci, i commessi da organizzare, le percentuali degli sconti da decidere: «A seconda della vendibilità – spiega Farinelli -. La valutazione del ribasso non è in funzione del solo prodotto, ma soprattutto della sua vendibilità: il pullover blu avrà uno sconto inferiore di quello identico ma giallo».
Tutto questo partendo sempre da un presupposto: «Avere ben chiaro l’obiettivo del commerciante, che deve sapere cosa farà dopo quella svendita, se si tratta per esempio di un rinnovo locali o se c’è la cessazione dell’attività. Sono percorsi delicati, dolorosi e difficili, sempre di più».
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