Moda e tendenze
Sabato 24 Gennaio 2009
Intervista a Massimo Facchinetti
«Design strumento anti-crisi»
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«Il mondo del mare mi ha sempre affascinato ed è la prima volta che progetto con il mio team una barca. In questo caso uno yacht». L’architetto bergamasco Massimo Facchinetti spiega così la nascita del progetto vincitore del «Millenium yacht design award» e lo fa in una chiave di sviluppo: «Puntare sulla creatività – spiega –, perchè anche le nuove idee, anche quelle che arrivano dal design, possono dare la scossa a una crisi che frena lo sviluppo».
Perchè avete chiamato lo yacht «Origami»?
«Il suo design, le sue forme destrutturate, ricordano le pieghe degli origami giapponesi. Un origami, poi, si apre e si chiude e questo yacht nasce con l’intento di una massima apertura, proprio per rappresentare l’ampiezza e apertura del mare».
Forme decisamente poco convenzionali per uno yacht...
«È stato un obiettivo che ci siamo prefissati come gruppo di lavoro: essere il più possibile anticonvenzionali, creare un progetto dal design innovativo, ma nello stesso tempo dare vita a un prodotto pienamente realizzabile, nel rispetto dell’ambiente e completamente accessibile».
Nessuna barriera architettonica?
«Assolutamente, e soprattutto attenzione al rispetto dell’ambiente con pannelli fotovoltaici per recuperare energia dal sole».
Il progetto ha vinto ora un premio internazionale. Il prossimo passo sarebbe quello di trovare una realtà locale che lo metta in produzione. Quanto è facile raggiungere questo secondo obiettivo?
«Il design, in questo momento di crisi economica, è molto svantaggiato: è visto da alcune aziende, in fase di progetto, come un plus e come quindi un mero costo. Da qui però parte tutta una catena di errori che determinano ancora maggiore crisi e meno sviluppo».
In che senso?
«Il design è un valore aggiunto, è uno strumento che punta sulla creatività e offre nuovi spunti di riflessione, nuovi modi per interpretare la realtà. Il valore aggiunto, in questo modo, può essere l’incentivo per ridare motore a settori che in questa fase languono. Serve innovazione, serve spirito critico ma anche creatività. Qualche volta serve ritornare a sognare e per chi fa il mio mestiere ritornare a progettare in modo innovativo».
Idee nuove contro la crisi: è la sua ricetta anche per la sua Bergamasca?
«Il mio motto è trasformare le avversità in opportunità. E anche per Bergamo, in tutti gli ambiti, questa potrebbe essere una formula vincente. Una ricetta che potrebbe essere ancora più proficua se ogni realtà territoriale pensasse a creare valore aggiunto anche con le risorse che possiede».
In che senso?
«Sarà che sono un campanilista, ma mi vien da sorridere quando spesso si cercano saperi fuori dal proprio territorio pur essendone ben forniti. Oppure che esistano ancora pregiudizi sul provincialismo».
Le è capitato?
«Pensi che nel passato mi sono dovuto appoggiare a studi di architettura di Milano: uno studio di design nel capoluogo sembra più prestigioso di uno che ha sede a Casazza».
Pregiudizi.
«In ambito di creatività, ma non solo. Ed è questa la filosofia da combattere, anche quando di parla di design».
Perchè avete chiamato lo yacht «Origami»?
«Il suo design, le sue forme destrutturate, ricordano le pieghe degli origami giapponesi. Un origami, poi, si apre e si chiude e questo yacht nasce con l’intento di una massima apertura, proprio per rappresentare l’ampiezza e apertura del mare».
Forme decisamente poco convenzionali per uno yacht...
«È stato un obiettivo che ci siamo prefissati come gruppo di lavoro: essere il più possibile anticonvenzionali, creare un progetto dal design innovativo, ma nello stesso tempo dare vita a un prodotto pienamente realizzabile, nel rispetto dell’ambiente e completamente accessibile».
Nessuna barriera architettonica?
«Assolutamente, e soprattutto attenzione al rispetto dell’ambiente con pannelli fotovoltaici per recuperare energia dal sole».
Il progetto ha vinto ora un premio internazionale. Il prossimo passo sarebbe quello di trovare una realtà locale che lo metta in produzione. Quanto è facile raggiungere questo secondo obiettivo?
«Il design, in questo momento di crisi economica, è molto svantaggiato: è visto da alcune aziende, in fase di progetto, come un plus e come quindi un mero costo. Da qui però parte tutta una catena di errori che determinano ancora maggiore crisi e meno sviluppo».
In che senso?
«Il design è un valore aggiunto, è uno strumento che punta sulla creatività e offre nuovi spunti di riflessione, nuovi modi per interpretare la realtà. Il valore aggiunto, in questo modo, può essere l’incentivo per ridare motore a settori che in questa fase languono. Serve innovazione, serve spirito critico ma anche creatività. Qualche volta serve ritornare a sognare e per chi fa il mio mestiere ritornare a progettare in modo innovativo».
Idee nuove contro la crisi: è la sua ricetta anche per la sua Bergamasca?
«Il mio motto è trasformare le avversità in opportunità. E anche per Bergamo, in tutti gli ambiti, questa potrebbe essere una formula vincente. Una ricetta che potrebbe essere ancora più proficua se ogni realtà territoriale pensasse a creare valore aggiunto anche con le risorse che possiede».
In che senso?
«Sarà che sono un campanilista, ma mi vien da sorridere quando spesso si cercano saperi fuori dal proprio territorio pur essendone ben forniti. Oppure che esistano ancora pregiudizi sul provincialismo».
Le è capitato?
«Pensi che nel passato mi sono dovuto appoggiare a studi di architettura di Milano: uno studio di design nel capoluogo sembra più prestigioso di uno che ha sede a Casazza».
Pregiudizi.
«In ambito di creatività, ma non solo. Ed è questa la filosofia da combattere, anche quando di parla di design».
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Design contro la crisi Arriva Origami