Senso civico e partecipazione alla vita di comunità: i risultati nella realtà bergamasca

Concretezza, comunità, fare, passione civica, in opposizione a inerzia, burocrazia e potere. Queste sono solo alcune parole chiave che emergono dalla nostra indagine. Ma da dove ripartire per vincere la disaffezione e sostenere la passione per «bene comune»? Capire la condizione della partecipazione politica nelle comunità e quali sono le nuove forme di impegno civico: ecco i risultati dell’indagine sociologica condotta nella nostra provincia, promossa da L’Eco di Bergamo in collaborazione con i sociologi dell’Università di Bergamo.

Concretezza, comunità, fare, passione civica, in opposizione a inerzia, burocrazia e potere. Queste sono solo alcune parole chiave che emergono dalla nostra indagine. Ma da dove ripartire per vincere la disaffezione e sostenere la passione per «bene comune»? Capire la condizione della partecipazione politica nelle comunità e quali sono le nuove forme di impegno civico: ecco i risultati dell’indagine sociologica condotta nella nostra provincia, promossa da L’Eco di Bergamo in collaborazione con i sociologi dell’Università di Bergamo.

Alcune parole, più di altre, risuonano con frequenza nelle oltre cinquanta testimonianze che abbiamo raccolto sul tema della politica nella nostra provincia. Termini come concretezza, fare, comunità, passione civica emergono spesso come valori fondamentali, in netto contrasto con inerzia, burocrazia, potere e altri ostacoli simili. Sono parole che richiamano un desiderio di impegno tangibile.

«Vorrei che si tornasse a credere in una relazione positiva tra cittadini ed amministrazione, vorrei che il Comune tornasse ad essere la casa in cui i cittadini di una piccola realtà possono entrare anche solo perché hanno un dubbio, anche solo perché hanno un problema, in cui si sentono a loro agio. In cui trovano il senso di appartenenza. Con una relazione di fiducia, di rispetto. Questo però passa inevitabilmente dalla competenza. Quando tu entri in Comune devi trovare qualcuno che ti ascolta, che ti risponde o che ti indirizza». (dalle interviste di Missione Bergamo)

La politica è in crisi, ma si scorgono segni di un nuovo civismo

È risaputo da tempo che la politica non gode di una buona reputazione, un fenomeno diffuso in tutte le società occidentali. «Il primo momento di partecipazione alla vita pubblica dei nostri comuni è la seduta del Consiglio comunale. Purtroppo, non c’è mai nessuno. Quasi mai nessuno...».

Cosa vuol dire fare politica? Cos’è davvero questa politica che viene tanto criticata? E, soprattutto, cosa non ci piace così profondamente della politica? Nel cercare delle risposte a queste domande cruciali per la nostra vita sociale, possiamo dare un significato alla vita politica.

«A me piace molto che la politica abbia in sé la capacità di trasferire il senso di civiltà e di civismo tra generazioni. Per questo è necessaria la competenza amministrativa, ma anche la passione. È l’essenza della politica». (dalle interviste di Missione Bergamo)

Nel 1929, il sociologo tedesco Karl Mannheim pubblicò “Ideologia e Utopia”, libro di grande rilevanza. Due termini antichi e forse un po’ superati, che possono suscitare un certo timore, come se trattare di questi temi fosse pericoloso.

Se l’ideologia è il motore dei gruppi dominanti, l’utopia lo è dei gruppi dominati.
La prima rappresenta l’insieme di idee e convinzioni, a volte persino irrazionali, che dividono individui e gruppi sociali in base alle questioni di potere. L’utopia, invece, è una parola di origine greca che significa “luogo che ancora non esiste” e rappresenta il pensiero focalizzato sull’azione di chi si sente escluso o oppresso e che usa i mezzi a sua disposizione per sfidare il potere costituito e cambiare la propria condizione.

Entrambe sono essenziali per la politica. Come possiamo sostenere le nostre idee, se neghiamo la loro stessa validità? E come possiamo agire senza immaginare un mondo diverso, ancora da costruire?
Possiamo affermare che uno dei destini immeritati della politica nell’idea che ne hanno le persone oggi e che le nostre interviste mettono in chiara evidenza è la separazione dell’ideologia dall’utopia, tra pensiero e azione, tra immaginazione e volizione, tra mondo rappresentato e mondo immaginato.

Anteporre il Noi all’Io

In molti contesti delle società occidentali, la disgregazione politica ha prodotto profonde lacerazioni sociali e spaesamenti forse irreversibili.

Alla politica abbiamo sottratto il valore dell’ideologia che dà senso all’azione, che è il motivo per cui operiamo una scelta collettiva invece di un’altra. E abbiamo spesso sostituito il criterio del senso collettivo con quello del valore economico. In questo modo, l’orizzonte utopico è negato o usato come forma di rivendicazione proprio contro la politica. Così, il povero si oppone al ricco, l’umile al famoso, la gente normale ai potenti, l’amministratore al politico in un gioco di risentimento e rancore.

Dall’indagine sociologica, la sensazione è che, nel nostro territorio e nelle nostre comunità, un po’ siamo riusciti a garantire una certa tenuta sociale, pensiero e azione. Si creano così “i posti che non contano” (come li chiamiamo noi): aree e comunità lontane, non solo geograficamente, dai centri del potere.

Il senso della comunità, del noi collettivo come lo chiama Margaret Gilbert, trova forma e sostanza nella condivisione di obiettivi, credenze e valori con gli altri, nelle associazioni, nell’agire con e per gli altri. La forza generativa della solidarietà collettiva, della partecipazione dal basso, del comunitarismo solidale, tuttavia, richiede anche la sistematizzazione entro il quadro di organizzazioni politiche che sappiano orientare questa creatività solidale.

Volontariato: una palestra per la partecipazione

Tutti concordano sul fatto che è il mondo del volontariato a poter colmare il divario tra i cittadini e le istituzioni, favorendo una rete di sostegno reciproco e fiducia. Nella nostra città e provincia ancor di più: sono oltre 4000 le realtà bergamasche attive nei più svariati ambiti, dal sociale, al sanitario, ambientale, culturale e sportivo. Un ruolo storicamente radicato e per molti una vera e propria palestra per la partecipazione civica. Il volontariato consente alle persone di sperimentare e assumente un ruolo attivo all’interno della propria comunità, comprendendo le reali esigenze locali e contribuire al bene comune in modo concreto.

«Impegno pubblico non significa per forza doversi candidare o dover avere dei ruoli pubblici di rilievo e di prestigio, ma è innanzitutto interessarsi alla vita collettiva, cercare, nel proprio piccolo, di dare una mano e di dare valore aggiunto a una collettività di cui c’è sempre bisogno. La Comunità si fortifica grazie all’impegno collettivo di tutti, questo la rende da un lato più forte, più coesa, ma credo che possa anche essere importante per renderlo un luogo migliore in cui vivere». (dalle interviste di Missione Bergamo)

Si tratta, purtroppo, di un fenomeno in calo e segnato da grandi cambiamenti in un momento non semplice per il volontariato, come quello attuale. Perché? Problemi legati al cambiamento demografico e sociale, invecchiamento della popolazione, senza dimenticarci del pesante impatto che ha avuto la pandemia che ci ha colpito 4 anni fa. Altra novità importante per il volontariato è sicuramente il Registro unico nazionale del Terzo Settore, concepito per migliorare la trasparenza e l’organizzazione delle associazioni di volontariato e di altri enti non profit. Questo strumento facilita il monitoraggio delle loro attività, garantisce la trasparenza delle risorse e agevola la partecipazione a bandi e incentivi fiscali. Nei prossimi appuntamenti legati all’indagine sociologica di Missione Bergamo ritorneremo a parlare dell’impegno e dei cambiamenti nel mondo del volontariato bergamasco, che continua a rappresentare una forma di partecipazione capace di risvegliare un senso di responsabilità collettiva.

Parola a Lorenzo Viviani

Abbiamo incontrato Lorenzo Viviani , professore ordinario di Sociologia dei fenomeni politici all’Università di Pisa e coordinatore della sezione di Sociologia politica dell’Associazione Italiana di Sociologia, per chiedergli una riflessione sul tema.

Professore, come sta la politica oggi? E quali sono le grandi sfide del contemporaneo che richiedono la presenza e la forza della politica?

«La politica si trova ad affrontare sfide molteplici, ma in primo luogo deve confrontarsi con un aspetto centrale della modernizzazione globalizzata delle società contemporanee: il tempo della società è più veloce del tempo della politica (democratica). Ciò che accade nell’ambito dell’economia, della finanza, delle crisi migratorie e dei contesti di guerra ha un passo accelerato rispetto alla capacità delle democrazie di rispondere senza tradire i suoi presupposti procedurali e il rispetto dei processi di deliberazione. In altre parole, senza tradire sé stessa».

Bella espressione, «tradire la politica». A quali segnali dobbiamo porre attenzione?

«Il paradosso che si crea è quello di una delegittimazione della politica rappresentativa, con l’indebolimento delle istituzioni e degli attori della politica sfidati da soluzioni di diverso tipo. Da una parte il potere tecnocratico e dall’altra da involuzioni illiberali di tipo populista o neo-autoritario. A questo si aggiungono una sfiducia e un disincanto che non derivano (solo) dalla capacità concreta di dare soluzione ai problemi contingenti, quanto dal più generale venir meno della capacità rappresentativa delle forze politiche in termini di attività identificante.

In altri termini, le trasformazioni sociali, per di più su scala globale, rendono i perimetri identitari e di appartenenza costituiti sulle fratture tradizionali non più rispondenti alla frammentazione sociale delle società contemporanee».

Soprattutto nei contesti locali, si tende a confondere il civismo con la politica. Molte persone accettano di impegnarsi politicamente soltanto sotto l’ombrello civico, come se dalla politica non si dovesse essere “contaminati”. È vero?

«Confondere è un verbo ambivalente. Può stabilire una connessione stretta fra civismo e politica, necessaria. Al tempo stesso può rendere i due termini sovrapponibili, l’uno la sostituzione dell’altro, o forse addirittura rendere il civismo l’equivalente funzionale della politica, rischiando di falsare la connessione e corrompendone il carattere. Ma anche qui abbiamo un caveat. La dimensione civica non sostituisce la dimensione politica, la cui portata e responsabilità è orientata alla complessità dei problemi sociali. Fare politica è un “servizio” alla collettività, ma richiede anche un certo grado di professionismo. No, quest’ultima non è una parola dannata. Si tratta di riconoscere quelle tre componenti, il senso di responsabilità, la lungimiranza e la passione che già Max Weber indicava come il segno distintivo di chi si dedica attivamente alla politica. Non solo nelle istituzioni, ma anche nelle organizzazioni intermedie di aggregazione e articolazione di interessi e valori, sulla base di un’idea di trasformazione della società. Civismo e politica devono essere distinti, non distanti, devono collaborare in una rete di relazioni costante, ma non colonizzata dall’una o dall’altra parte, e infine non devono porsi in opposizione. La virtuosità generativa di cultura partecipativa in grado di alimentare la qualità di democrazia sta nel mantenere una dialettica fra politica, nel senso di azione collettiva organizzata, e civismo come pratica di cittadinanza attiva nella società civile».

Non limitarti a leggere

Sui temi del lavoro come della famiglia, della vita religiosa e della partecipazione politica in queste settimane è in corso in Bergamasca una grande indagine sociologica, voluta da L’Eco di Bergamo e in collaborazione con i sociologi dell’Università di Bergamo. Per capire come e quanto siamo cambiati negli ultimi anni. Per questo i collaboratori de L’Eco stanno realizzando tante interviste, incontrando testimoni della vita delle nostre comunità. Accompagniamo l’indagine con diversi contributi, ospitando sulle pagine e sul sito de L’Eco pareri, domande e riflessioni. Insieme al contributo di chi, bergamasco, oggi vive e lavora all’estero.

Ma soprattutto chiediamo anche a te di comunicarci il tuo pensiero. Vogliamo conoscere le tue idee, per costruire insieme a te una “missione” per il territorio bergamasco. Puoi scrivere a: [email protected]

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