Ne siamo usciti tutti cambiati, capaci di dubitare e più maturi

Famiglia, lavoro, senso civico e tensione al trascendente. Con i sociologi dell’Università di Bergamo rileggiamo come stiamo cambiando e la direzione che le nostre città stanno intraprendendo.

Bergamo

Non siamo migliori né peggiori: siamo diversi. Sono cambiate le priorità e la gerarchia dei valori. Il lavoro, che tradizionalmente era l’orgoglio dei bergamaschi, è sceso nella classifica di ciò che dà importanza alla vita, mentre hanno preso piede pesantemente le relazioni con gli amici e la realizzazione personale, da raggiungere nel tempo liberato dalla professione. E la Chiesa? Si salvano le dimensioni autentiche mentre perdono terreno le ritualità. Per quanto riguarda la politica, c’è voglia di partecipazione, associazionismo e volontariato, di mettersi in gioco.

La ricerca di Missione Bergamo è stata resa possibile grazie al supporto di Banco BPM. «Con questo progetto – sottolinea Fabrizio Zambetti, responsabile della direzione territoriale di Bergamo, Brescia e Lario – abbiamo voluto riavvolgere la pellicola di quanto vissuto con la pandemia e capire bene cosa la nostra comunità ha attraversato. Il tutto per lasciare una testimonianza alle nuove generazioni, facendo da testimoni di un periodo che ha segnato profondamente il nostro territorio. Il tempo non deve essere cancellato: speriamo che quello che è successo sia ricordato negli anni futuri e che abbia lasciato qualcosa su cui riflettere per continuare ad essere bergamaschi orgogliosi di esserlo».

Religione: il valore del dubbio

Bergamo, come tutte le società occidentali, non si è sottratta al fenomeno della secolarizzazione.

«In questi ultimi anni, il numero di non credenti – spiega Lorenzo Migliorati, professore ordinario di Sociologia dei Processi Culturali dell’Università di Bergamo – è aumentato di molto, così come è cresciuto il numero di persone che hanno iniziato a nutrire dei dubbi rispetto alla fede. E quindi, di conseguenza, i credenti sono diminuiti. C’è però un dettaglio importante: i credenti dubbiosi sono aumentati più dei non credenti. Il tema del dubbio, quindi, è più significativo di quello della certezza della non fede».

I risultati dell’indagine di Missione Bergamo confermano infatti che è cambiato negli intervistati il rapporto con la fede, ma che resta un bisogno forte di una «dimensione legata al totalmente altro». E la Chiesa come ha reagito a questi cambiamenti? «Con il cambio di società e con la pandemia – sottolinea Don Davide Rota, Superiore del Patronato San Vincenzo – la Chiesa si è trovata smarrita, fuori dalla realtà. Possiamo correggere questa direzione rimanendo ancorati alla realtà e assumendo una dimensione fortemente comunitaria, senza mai perdere il contatto con la gente. Solo la realtà, unita alla fede restituiscono la dimensione del senso della vita».

Lavoro: conciliare i tempi

I bergamaschi cercano un’esperienza lavorativa capace di valorizzare la vita personale, con un nuovo equilibrio tra lavoro e benessere. «Qui – sottolinea il professor Stefano Tomelleri – il lavoro ha perso la sua storica centralità. Le piccole e medie imprese hanno dovuto adattarsi all’avanzare delle tecnologie digitali, mentre le nuove generazioni stanno ridefinendo il rapporto con il lavoro, ripensando le loro priorità, mettendo al centro la famiglia, le passioni personali o il proprio benessere. L’idea di legarsi a un ufficio dalle 9 alle 17 sembra superata, sostituita da una maggiore attenzione al risultato piuttosto che al tempo passato alla scrivania».

La ricerca ha portato alla luce come la flessibilità, la conciliazione tra la vita familiare e lavorativa e il welfare aziendale non siano più percepiti come concessioni, ma «come elementi generativi, capaci di migliorare sia il benessere dei dipendenti sia l’efficienza dell’impresa per cui lavorano», conclude il professor Tomelleri.

Famiglia: il luogo dei sogni

La pandemia ha fatto emergere una serie di bisogni e conflitti che riguardano la famiglia, negli anni cambiata nella sua struttura. «Pensiamo ai bisogni di cura dei figli e delle persone anziane – dichiara Vera Lomazzi, professoressa associata in Sociologia Generale dell’Università di Bergamo – e all’acuirsi delle disuguaglianze sociali ed economiche che crescono anche in una società ricca come la nostra. Ma anche all’aumento delle conflittualità interne tra partner o tra genitori e figli. Di fronte allo smarrimento del lockdown, molti giovani si sono isolati o hanno reagito con violenza: il disagio giovanile è cresciuto esponenzialmente». Nonostante lo scenario, ci sono state però anche famiglie «forti» che sono riuscite a trasmettere aiuti ai figli e a sostenere tutti i bisogni da caregiver. «È bene sottolineare – focalizza Tomelleri – che la famiglia non deve essere solo il luogo dei bisogni, ma lo spazio delle aspirazioni e dei sogni. Per questo la società, deve permettere alle famiglie di esprimere tutto il loro potenziale come motore propositivo delle comunità».

Politica: spazio al civismo

Missione Bergamo ha fotografato la pandemia come un momento che ci ha permesso di fare il «tagliando» alla società bergamasca, verificando i «livelli» di alcune questioni, tra cui la politica intesa come grande «contenitore collettivo». Dalle interviste e dai dati raccolti è emersa una fatica della politica, comune a tutte le società della modernità matura. «La possiamo chiamare disaffezione o disinteresse – conferma il professor Lorenzo Migliorati – e riguarda la forma partitica. Questo non significa che la politica sia finita o tramontata, sono cambiate gli strumenti con cui le persone vogliono avvicinarsi alla politica. Una delle grandi categorie che abbiamo rilevato è quella del civismo, che permette infatti alle persone di mettersi in gioco dal punto di vista della partecipazione, dell’associazionismo e del volontariato». Tale disaffezione è stata rilevata soprattutto «nei luoghi marginali della provincia, nei posti che non contano e in quelli lontani dai grandi centri di potere».

Leggere i gesti al di là delle parole, un esercizio di stile

Un po’ giornalisti e un po’ sociologi, l’orgoglio di esserci. Missione Bergamo è stato un viaggio entusiasmante ma anche una sfida e un’occasione di crescita professionale. Durante la pandemia, abbiamo osservato e raccontato la sofferenza e il dolore dei nostri territori ma anche il senso di comunità e la voglia di rinascita.

Essere tra gli intervistatori di «Missione Bergamo», parte di un progetto di ricerca sull’identità dei bergamaschi, sui cambiamenti che hanno attraversato la nostra provincia in questi anni con uno sguardo anche al nostro futuro è stato per me stimolante e sono riconoscente a chi ha scelto di coinvolgermi. La mia e nostra «missione» dall’esterno non sembrava diversa dal solito lavoro quotidiano: ogni giorno infatti per il giornale intervistiamo amministratori, rappresentanti di associazioni, sacerdoti, imprenditori e gente comune. E invece è stata un’esperienza che ci ha permesso di approcciare le interviste con uno sguardo nuovo e obiettivi diversi e con un grande senso di responsabilità. Non eravamo a caccia di notizie da pubblicare sul giornale il giorno seguente: la finalità era far emergere il punto di vista di quegli osservatori privilegiati delle nostre comunità che avevamo attentamente selezionato, indagando le loro opinioni su alcuni temi come la famiglia, il lavoro, la religione e la politica.

Dovevamo chiedere, ascoltare, osservare e cercare di cogliere nei gesti anche le parole non dette. Non è stato semplice calarsi nei panni dell’intervistatore seguendo le indicazioni dei sociologi dell’Università, ma è stato bello ascoltare e raccogliere anche le diverse posizioni degli intervistati sui quattro temi al centro dell’indagine e cercare di soddisfare gli obiettivi della ricerca. La disponibilità e la fiducia degli intervistati, che ringrazio, è stata fondamentale. Vivo a Clusone e sono nata e cresciuta nei territori che amo raccontare. Qui ho trovato una grande disponibilità ed entusiasmo verso l’indagine e persone interessate a mettersi in gioco e dare il proprio contributo al progetto del nostro giornale e della nostra università.

Puoi rivedere qui la trasmissione andata in onda su Bergamo tv domenica 6 aprile.

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