La biodiversità può essere un fattore di moltiplicazione per investimenti pubblici e privati

Le trasformazioni sociali ed economiche producono numerosi effetti sull’assetto fisico di un territorio. Scopriamo in questo articolo due progetti di valorizzazione dei temi ambientali per il futuro della Bassa bergamasca e per il capoluogo lombardo, Milano

Progetti di valorizzazione, tutela e promozione della biodiversità sono fondamentali per preservare l’identità di un territorio, garantendo la continuità ecologica tra diverse aree anche di rilevanza regionale e nazionale. Tali piani possono rappresentare anche un’occasione unica per attrarre finanziamenti pubblici e privati che potrebbero portare ricadute positive per l’assetto economico, sociale e turistico di una determinata area.

La biodiversità da tutelare nella Bassa bergamasca

Riportare ad uno stato naturale ambienti adiacenti al letto dei fiumi Serio e Oglio per favorire il miglioramento degli ecosistemi e ricostruire la continuità ecologica tra aree dall’alto valore naturalistico, ad oggi disconnesse tra loro. Sono gli obiettivi di «Arco Blu – ricostruzione del Capitale Naturale nella bassa pianura bergamasca e nell’alto cremasco», il progetto che ha riunito in un partenariato il Parco Regionale del Serio (capofila), il Parco dell’Oglio Nord, i comuni di Covo, di Fontanella, di Palazzolo sull’Oglio e Paratico, il Consorzio DUNAS-Dugali, l’Università di Bergamo e Legambiente. Il piano – il valore complessivo degli interventi è di 1 milione e 160mila euro – è stato finanziato per il 60% circa da Fondazione Cariplo nell’ambito del bando «Capitale Naturale».

«I lavori – spiegano Laura Comandulli e Basilio Monaci, rispettivamente direttore e presidente del Parco del Serio si sono sviluppati lungo un triennio e si stanno concludendo quest’anno. In particolare, è stata riattivata una lanca fluviale nella riserva naturale Palata del Menasciutto nel Cremasco, che era in avanzato stato di interramento, sono state create nuove zone umide lungo il fiume Serio e sono stati riqualificati e riattivati dei fontanili a Covo e Fontanella, oltre all’inserimento e alla riqualificazione di boschi con la messa a dimora di specie autoctone».

«Tutti questi interventi – prosegue il direttore – hanno lo scopo di aumentare la biodiversità del territorio, incrementando le connessioni ecologiche anche alla luce delle frammentazioni ambientali derivanti dalle grandi infrastrutture». Approfittando di questo bando, è stato anche ampliato il Centro Cicogne a Romano di Lombardia, realizzato dal Parco del Serio nei pressi della Cascina Naviglio. «Grazie al progetto – precisa Comandulli – è stata installata una nuova voliera e sono stati piantumati nuovi alberi e arbusti per creare un punto di attrazione per le cicogne selvatiche. Con questa esperienza di partenariato, oltre alle opere realizzate o in corso di completamento, abbiamo avuto l’opportunità di far parte di una “comunità di buone pratiche”, dove ci siamo confrontati, abbiamo incrementato le nostre conoscenze su tematiche comuni, sul contenimento del consumo di suolo nel nostro territorio e sull’agricoltura sostenibile».

Tutte esperienze che il Parco del Serio – che raggruppa un territorio che si estende da Pedrengo fino alla confluenza in Adda, comprendendo 17 comuni bergamaschi, 11 cremaschi, due province e un’area da 190mila abitanti – terrà in considerazione per le sfide future. «Oltre all’attività ordinaria di gestione del Parco – conclude il presidente – molti obiettivi ci aspettano per i prossimi anni, tra i quali importante è cercare di incrementare sempre più la biodiversità dei nostri territori, ad esempio censendo le zone demaniali libere da concessioni per lavorare su un progetto di riqualificazione di queste aree, ricostruendo antichi boschi, preservando i prati stabili e le praterie aride, e combattendo dove possibile situazioni di degrado ambientale. Infine stiamo sviluppando tutto un piano di comunicazione per far conoscere sempre più la nostra realtà che, soprattutto con la pandemia, è stata rivalutata e riscoperta da molti cittadini come oasi di bellezza naturalistica e luogo per il benessere personale».

Riaprire i Navigli per una Milano «città d’acqua»

« Per Milano potrebbe essere il più grande progetto ecologico dal dopoguerra ad oggi ». Non usa mezzi termini il presidente dell’associazione «Riaprire i Navigli» Roberto Biscardini per spiegare il piano di riqualificazione dei Navigli del capoluogo lombardo, che sono stati chiusi tra la fine degli anni Venti e la fine degli anni Sessanta, e la valorizzazione dell’intera rete dei circa 150 chilometri dei Navigli lombardi. L’associazione è nata nell’agosto 2012 per promuovere l’idea sviluppata qualche anno prima, nel 2008, dopo un lavoro di ricerca svolto dal Politecnico di Milano.

«Attraverso la ricostruzione della fossa interna – sottolinea il presidente – si tratterebbe di riattivare tutto il sistema non più per il trasporto merci, ma per i nuovi bisogni del turismo, del tempo libero, della cultura e del paesaggio, facendo rientrare a pieno titolo Milano tra le “città d’acqua” europee. Stiamo parlando, per quanto riguarda la città, di otto chilometri da Cassina de’ Pomm alla Darsena». «L’obiettivo – precisa ancora Biscardini – è quello di fare della riapertura dei Navigli una grande occasione per promuovere trasformazioni urbane e una nuova qualità della vita: un ambiente migliore, un nuovo paesaggio, un modello di vita e comportamenti più virtuosi. Con la sicurezza che quest’opera rappresenterà un fattore di moltiplicazione di nuovi investimenti pubblici e privati. E se l’opera dovrà essere realizzata, dovrà essere fatta con la dovuta chiarezza strategica e con coraggio, anche dal punto di vista architettonico: come associazione abbiamo indetto un concorso internazionale i cui risultati sono consultabili sul nostro sito internet».

Il valore dell’intervento assumerà la massima importanza con una visione complessiva della riqualificazione dell’intera rete lombarda dei Navigli: dal Naviglio Grande a quello di Bereguardo, dalla Martesana alla Darsena, passando per il Naviglio Pavese e quello di Paderno. «Quest’ultimo – prosegue il presidente – ha avuto storicamente forti ripercussioni per il territorio bergamasco, in modo particolare a Calusco d’Adda, Suisio e Medolago. La riapertura dei Navigli consentirà di ripristinare il collegamento via acqua dall’Adda al Ticino, e quindi verso il Po e il mare, e sarà fonte di attività economicamente produttive nel settore turistico, nel settore energetico e in altre attività».

Per quanto riguarda il progetto nel tratto milanese, il costo complessivo degli interventi ammonta, secondo i dati a disposizione dell’associazione, a circa 360 milioni di euro. Le opere – nel 2011 circa 450mila cittadini milanese si sono espressi favorevolmente alla riapertura dei Navigli con un referendum – sono state inizialmente valutate positivamente dall’amministrazione comunale di Milano e da Regione Lombardia. Ora il progetto vive però un momento di stallo “amministrativo”, anche se le drammatiche inondazioni del Seveso di questi ultimi giorni impongono una nuova e urgente riflessione: «È da quindici anni – conclude il presidente – che sosteniamo come tra le utilità collaterali alla riapertura dei Navigli c’è non solo la regolazione del sistema idrico milanese, ma anche la possibilità di accogliere nei navigli a cielo aperto le acque che dovessero ancora esondare dal Seveso e quelle che periodicamente allagano la città in occasione di violenti temporali ».

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