Alla scoperta del service learning, un nuovo modo di fare scuola

“Apprendere serve, servire insegna”: un approccio educativo in cui scuola e vita stanno insieme. E si impara così a “stare al mondo”, cioè ad averne cura.

Una scuola attiva e solidale

Apprendimento e servizio: Service learning. La formula inglese rende forse meglio la forza di questa esperienza, che consiste proprio nel legame stretto, quasi inscindibile, tra i due vocaboli: «apprendere serve, servire insegna».

Il Service learning è un approccio pedagogico che integra l’apprendimento vero e proprio con il servizio alla comunità. Si tratta di un’originale esperienza partita negli anni ’70 negli Stati Uniti e in Argentina, e che ora vede una diffusione crescente anche in Italia. Dal sito dell’Indire (punto di riferimento per la ricerca educativa) emerge che nel nostro Paese è oggi adottato in 248 scuole, anche in Bergamasca. Anzi, proprio una di queste, l’Istituto comprensivo di Villa d’Almè (dove il Service learning è realtà da diversi anni), si candida ad essere tra le scuole capofila in Italia per questo tipo di sperimentazione.

Ne parliamo in queste pagine perchè rappresenta un interessante contributo alla costruzione di una «comunità educante»: gli studenti sono coinvolti in attività di servizio alla comunità e incoraggiati ad identificare e affrontare problemi reali, promuovendo così una partecipazione attiva e responsabile nella società. È lo scopo dell’educazione civica, che qui si realizza con esperienze concrete di cittadinanza attiva.

Il progetto «Mi riguarda» a Villa d’Almè

In letteratura ci sono numerose definizioni di Service learning. Il pedagogista Italo Fiorin lo definisce come «un modo di apprendere attraverso l’azione solidale messa in campo». Coinvolge cioè gli studenti in un’esperienza in cui si integrano sia gli apprendimenti disciplinari che un servizio alla comunità.

Come ci dice Marta Beatrice Rota, dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo di Villa D’Almè, il Service learning «promuove una scuola attiva, civica, attenta ai bisogni del territorio, in grado di divenire luogo di incontro tra sapere formale e informale, capace di integrare scuola e territorio attraverso esperienze di servizio integrate agli approfondimenti disciplinari».

Nella sua scuola il tutto si concretizza nel progetto «Mi riguarda», che si svolge ormai da diversi anni, coinvolgendo circa 200 alunni (di entrambi i plessi, Almè e Villa d’Almè), insieme a docenti, associazioni del territorio, volontari e Comitato genitori. È proposto ai ragazzi delle classi quinte della primaria e a quelli di classe seconda delle secondarie di primo grado. Nato nell’anno scolastico 2015-16 come progetto «A scuola di volontariato», si è poi nel tempo trasformato in un progetto vero e proprio.

Elemento qualificante di queste esperienze è che si lascia agli alunni e alunne delle classi coinvolte la scelta del cosa fare, del servizio da ideare, e che poi verrà realizzato. Sono i ragazzi stessi i protagonisti veri di questo percorso, che inizia ad ottobre e prosegue lungo tutto l’anno scolastico, integrandosi con il normale programma curricolare (in fondo alla pagina alcune tappe del percorso).

Si parte dai bisogni del territorio

Altrettanto decisivo è il rapporto che si crea con il territorio, e in particolare con le associazioni di volontariato, che i ragazzi incontrano e intervistano e che diventano un punto di forza nell’ideazione del progetto stesso.

Essendo decise dagli stessi ragazzi, le attività cambiano anno per anno. La prima esperienza fu ad esempio, nel plesso di Villa d’Almè, un percorso di alfabetizzazione informatica, con gli alunni che pensarono di aiutare i nonni (e poi anche i genitori) nell’utilizzo di computer e smartphone. «Hanno creato un minicorso - ricorda Rota – e ogni ragazzo è diventato così un tutor di una mamma, un papà, un nonno. Migliorando le competenze informatiche degli adulti, ma nello stesso tempo potenziando le proprie».

Oppure, altro esempio, il lavoro svolto un anno fa dalle quinte elementari, colpite dal fatto che a Villa d’Almè diverse famiglie erano in difficoltà nel fare la spesa. Da qui il contatto con una realtà del territorio, l’associazione della San Vincenzo, e l’ideazione e poi la realizzazione di due azioni solidali: una raccolta alimentare organizzata dai ragazzi e poi un’indagine antispreco, perchè nel corso del progetto gli alunni erano rimasti colpiti dalla notevole quantità di cibo sprecato in mensa.

E ancora, nell’anno scolastico che si è appena concluso, il tema della condizione degli anziani e della povertà delle famiglie, che hanno portato a realizzare interviste ai nonni della RSA di Villa d’Almè, a promuovere una tombolata al Centro anziani del paese, o a realizzare vasi e altri manufatti con materiale di riciclo, per poi raccogliere fondi a supporto delle associazioni che aiutano le famiglie in difficoltà.

Tanti progetti, tutti nati dagli stessi ragazzi, dall’analisi dei bisogni all’ideazione e progettazione e infine alla realizzazione. Questo rimane il valore primario di una metodologia come il Service learning, con la quale gli studenti apprendono e imparano, e allo stesso tempo offrono un loro personale contributo al miglioramento della società e del mondo in cui viviamo.

Marta Beatrice Rota: Una scuola «aperta» e in dialogo con il territorio

Anima di tutti i progetti che si attuano nell’Istituto scolastico di Villa d’Almè è la sua dirigente, Marta Beatrice Rota, conquistata da questa metodologia fin dai tempi della tesi del suo dottorato di ricerca, dedicato proprio alla proposta pedagogica del Service learning.

Come riassumerebbe l’importanza di questo approccio per la nostra scuola oggi?

È un fare scuola molto motivante che va oltre l’aula stretta fra quattro mura, che riconosce le pratiche di servizio, pensate e realizzate dagli alunni, come situazioni autentiche di apprendimento delle discipline del curricolo e occasioni per maturare competenze di cittadinanza.

Come rispondono le famiglie e la comunità locale alla proposta del vostro progetto “Mi riguarda”?

Hanno imparato negli anni a conoscere il progetto e ne apprezzano gli esiti restituiti in forme diverse. Chi è fuori dalla scuola si stupisce soprattutto delle capacità organizzative ed operative degli alunni ed è “contagiato” dalla loro forte motivazione. Arrivano ringraziamenti scritti dalle associazioni per i fondi raccolti e dalle persone che usufruiscono del servizio prestato dagli alunni. Sono parole che ci rendono il senso della scuola: luogo aperto in cui si impara, fin da subito, ad essere cittadini insieme ad altri. Sono un grande incoraggiamento a proseguire.

È un cambiamento radicale nel concepire i rapporti tra la scuola e il territorio…

«Ci scegliete ancora il prossimo anno?»: così mi disse una volontaria al termine del progetto. Emerge il desiderio di essere scelti dalla scuola perché si possa essere protagonisti, insieme, di cambiamento e di crescita. Il territorio non è solo un luogo in cui la scuola fisicamente sta, è una fonte inesauribile di opportunità di apprendimento.

Si deve osservare molto, cogliere i ganci da cui poter partire per costruire, creare relazioni di fiducia, creare legami che generano apprendimenti e crescite reciproche, con i tempi giusti, a volte in paziente attesa e a volte con spinte ad uscire allo scoperto.

Cosa comporta dal punto di vista degli insegnanti?

Un grande lavoro di progettazione, il coordinamento e la collaborazione nel team di docenti, competenze nell’ambito dei metodi attivi che sviluppano capacità riflessive, collaborative e organizzative negli alunni; il superamento di rigidità nella gestione di orari, lezioni e discipline, l’accettare la sfida di non avere tutto predefinito (non si sa mai prima cosa gli alunni individueranno come servizio e come prenderanno forma le loro azioni), fidandosi delle intuizioni degli alunni, stando un passo indietro, perché si possa promuovere un protagonismo reale e autentico degli alunni.

La vostra scuola potrebbe diventare tra le capofila in Italia per il Service learning…

Sì, da tempo l’IC di Villa è attenzionato da INDIRE - Ente di Ricerca per l’innovazione della scuola italiana - che promuove il Service Learning come idea innovativa. Siamo in attesa della conferma ufficiale.
Il 20 e il 21 maggio abbiamo ricevuto la visita di quattro loro ricercatori per vedere da vicino il nostro progetto e raccogliere dati utili per la loro ricerca. Hanno svolto dei focus group con diversi soggetti: dirigente, docenti, associazioni, operatori CSV e alunni. Nell’ascoltare il focus group di alcuni bambini di quinta primaria mi sono appuntata una frase che è una sintesi meravigliosa : «Fare questa cosa è stato un segno di libertà!». Sì, perché libertà, come nella canzone di Giorgio Gaber, è partecipazione.

I.C. Villa d’Almè tra le scuole capofila in Italia

E gli studenti, i veri protagonisti di questa attività, cosa dicono? Proviamo a lasciare la parola anche a loro. Riportiamo alcune frasi raccolte durante i focus group svolti con i ricercatori Indire che nel mese di maggio hanno visitato l’Istituto comprensivo di Villa d’Almè, per raccogliere dati sul progetto “Mi riguarda” e valutare l’operato della scuola bergamasca. Riconoscendo in questa esperienza un alto livello qualitativo, che a breve porterà Villa d’Almè ad essere annoverata tra le scuole capofila in Italia che promuovono Service learning.

Partiamo dai ragazzi di quinta elementare: «Durante il progetto ci sembrava che non andavamo a scuola: in classe devi ascoltare tanto, qui è più libero...»; «Non sapevo niente dei poveri di Villa d’Almè: all’inizio pensavo che non era divertente, poi abbiamo fatto un sacco di cose divertenti, anche se la mia proposta non è stata votata»; «Ognuno di noi ha qualcosa di speciale, e ho scoperto più cose dei nostri compagni; dando le opinioni, capisci la personalità, ognuno ha dei pregi su abilità diverse»; «Non pensavo che esistessero delle associazioni per aiutare le persone».

E di uguale tenore sono le riflessioni emerse dai focus group con i ragazzi di seconda media: «Ho imparato ad organizzarmi e ad avere più responsabilità»; «Costruire i rapporti con i nonni della RSA è stata una cosa “sociale”»; «Bisognerebbe fare di più attività sociali, attività con le persone»; o ancora: «Non avevo mai avuto rapporti con generazioni diversa dalla mia».

Interessanti, per finire, anche le risposte date da chi ha collaborato con la scuola, e cioè dalle varie associazioni del territorio e dal CSV: «Si è vissuta la fatica di uscire dal mero format della testimonianza a scuola, e del far vedere cosa facciamo e basta. Il progetto “Mi riguarda” fa superare questa logica perché non si arriva con un percorso già pronto. C’è uno sforzo collettivo, trasformativo e capacitante. Se prima le associazioni offrivano agli alunni proposte già confezionate, ora sono al servizio delle idee degli alunni e si mettono in gioco con loro».

Quelle riportate sono alcune delle riflessioni finali, raccolte al termine dell’esperienza di quest’anno, che esemplificano bene la bontà e l’efficacia di un progetto come il Service learning.
In provincia di Bergamo anche altre scuole stanno seguendo questa strada, come l’Istituto superiore Caniana di Bergamo, e altre ancora.

Una mappa esatta la si avrà tra qualche mese: proprio in queste settimane è in corso infatti (durerà fino al 7 luglio) una ricognizione e una raccolta delle esperienze che le scuole promuovono in tutto il territorio della Lombardia, su iniziativa dell’Ufficio scolastico regionale. I dati verranno resi noti durante un convegno regionale il prossimo 14 ottobre. Sarà il preludio del primo Festival nazionale del Service learning che si terrà, sempre in Lombardia, nel mese di maggio 2025.

Esperienze di innovazione che nascono dal basso e che costruiscono pezzi e momenti di scuola nuova, capace di andare oltre l’aula, e promuovendo reali situazioni di servizio alla comunità territoriale tutta.
Esperienze quindi da conoscere, per prima cosa. E poi anche da diffondere e replicare.

Il progetto in pillole

Alcune tappe del percorso di un anno scolastico:

1. Si individuano i bisogni della comunità

Si parte ad ottobre, con il coinvolgimento degli studenti nella ricerca e analisi dei bisogni della comunità locale. «Non è giusto che...» o «Il migliore dei mondi possibili...»: i ragazzi si interrogano a partire da queste domande.

2. Riflessione e scelta circa il servizio che può essere realizzato

Si riflette in classe sulle proposte emerse e sulla loro fattibilità. Poi i ragazzi, con votazioni democratiche, scelgono il tema e il servizio da realizzare. E iniziano a pianificare le tappe dei mesi successivi

3. Aggancio con le associazioni del territorio

Si approfondisce il tema scelto con le realtà del territorio che possono aiutare gli alunni (Consulta delle associazioni). I ragazzi scoprono così che esiste un mondo adulto che già si impegna sui bisogni della comunità.

4. Riflessione, preparazione e agganci disciplinari

Si pianifica in modo dettagliato il progetto di servizio, includendo obiettivi specifici, attività previste, tempi e risorse necessarie. E gli studenti si formano su tutte le competenze necessarie per realizzare il progetto

5. Realizzazione del servizio

L’attività così progettata si concretizza, con la partecipazione attiva degli studenti. Sia durante che dopo l’attività si analizzano le esperienze vissute, i successi e le difficoltà incontrate.

6. Valutazione e condivisione finale del percorso

Si valuta l’impatto del progetto sia sugli studenti che sulla comunità. L’esperienza e risultati vengono poi condivisi con la comunità scolastica e locale (chiusura pubblica a fine anno con attestati di riconoscimento).

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