Terza Repubblica?
Saremmo alla Prima...

Sul modello della Francia, arrivata alla Quinta Repubblica, dall’ormai lontano 1958, e sull’esempio dei Reich, che come è tristemente noto furono tre (il terzo fu il nome con cui si autodefinì il regime nazista), anche in Italia ci vantiamo ora di essere sulla soglia tra una seconda e una terza Repubblica, quando in realtà siamo sempre rimasti nella Prima.

Siamo noi giornalisti ad aver inventato i termini seconda e terza Repubblica, quando in realtà, nel caso italiano, la distinzione tra prima e seconda Repubblica è formalmente scorretta, perché considera come elemento di discontinuità storica la trasformazione politica avvenuta durante il biennio 1992-1994, che non si risolse in un cambiamento di regime, bensì in un profondo mutamento, prima del sistema elettorale – il referendum di Mario Segni con il 95,6 per cento di sì alla preferenza unica ­­- poi dei partiti a causa dell’inchiesta «Mani Pulite» e del crollo del pentapartito.

Il cardine normativo del nostro sistema politico resta però la Costituzione in vigore dal 1º gennaio 1948: dal 1992 le funzioni del presidente della Repubblica e del presidente del Consiglio sono rimaste le stesse. Da De Nicola a Mattarella c’è continuità: non siamo mai diventati, per esempio, una Repubblica presidenziale o federale. E la legislatura in corso - con la nascita prima del governo Letta, poi di quello Renzi - assomiglia molto a quelle dei primi decenni di storia repubblicana, quando mediamente i governi duravano un anno. Le dimissioni di Berlusconi nel novembre 2011, sostituito da Monti, furono già un segnale in questo senso, a prescindere dalle motivazioni che ne furono alla base. La legge elettorale del 1946 di tipo proporzionale, modificata col tempo e infine abrogata nel 1993 e sostituita dalla legge Mattarella (nota come Mattarellum), in vigore fino al 2005, era prevalentemente maggioritaria e tendeva allo scontro tra due blocchi. Con quella del 2005 (legge Calderoli, chiamata Porcellum, perché il suo stesso autore la definì una «Porcata») – in barba al referendum del ’93 - entrò in vigore un sistema proporzionale corretto con un premio di maggioranza, attribuito su base regionale al Senato, e non consentendo il voto di preferenza.

Nel 2013 la Corte costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità di parte della legge, proprio in riferimento al premio di maggioranza e all’impossibilità per gli elettori di fornire una preferenza. Ora la nuova riforma elettorale (il cosiddetto Italicum che entrerà in vigore a luglio) e la riforma costituzionale (con la differenziazione delle Camere), che andrà a referendum in autunno, sembrano preludere a un terza repubblica. In realtà resteremo nella Prima, finché non cambieranno le funzioni del presidente della Repubblica e del presidente del Consiglio.

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