Luoghi (non) comuni
Lunedì 19 Dicembre 2016
Guardiamoci in faccia
e non in Facebook
Quasi la metà della popolazione mondiale accede a internet, mentre sono circa un terzo le persone attive sui canali social. Il dato maggiormente in crescita riguarda il numero d’ingressi da dispositivi mobili. Facebook è il canale social maggiormente adoperato, con più di un miliardo e mezzo di utenti. Si tende a usare sempre meno il computer e sempre più lo smartphone anche per visitare pagine web.
È in enorme crescita l’uso di servizi di «instant messaging». WhattsApp si sta avvicinando al miliardo di utenti attivi, mentre Facebook Messenger ha superato gli 800 milioni. I social network occupano un posto sempre più rilevante nella vita delle persone. Dal report «Digital Social and Mobile 2016» dell’agenzia «We Are Social», emerge che, in Italia, la media del tempo passato sui social è pari a circa 2 ore e mezza ogni giorno. Ben 912 ore in un anno! Evidentemente è tutto tempo rubato ad altre attività. Una ricerca condotta dal portale Skuola.net, tra studenti dagli 11 ai 25 anni di età, rivela che WhatsApp e Facebook sono i servizi social più utilizzati dai giovani italiani, che preferiscono il primo per «chiacchierare» in tempo reale.
I social possono diventare una forma di dipendenza: secondo un’indagine di Telefono Azzurro, per il «Safer Internet Day 2016», tra ragazzi dai 12 ai 18 anni, il 17 per cento degli intervistati dichiara di non riuscire a staccarsi dai social. Il 25 per cento è sempre on line, mentre quasi uno su due si connette più volte al giorno. Uno su cinque si sveglia durante la notte per controllare i messaggi. Quasi il 78 per cento (quattro su cinque) chatta continuamente su WhatsApp. Per guardare che cosa succede fuori, ormai, si apre la finestra di internet, per controllare i social network, prima ancora della finestra della stanza. Si beve il caffè con la tazzina in una mano e il cellulare nell’altra.
È noto come l’accesso a un’informazione globale stia cambiando radicalmente il modo di pensare e di scrivere. I giovani hanno la «e-memoria», la «memoria elettronica». Ha scritto Guido Ceronetti: «La battaglia di Waterloo? Quel 18 giugno 1815 vanno a cercarlo lì, su quegli aggeggi. Non hanno bisogno di ricordare. L’invenzione della tecnologia è stata una cosa devastante». In effetti, tutti ricorriamo, ormai, alla stampella perpetua di Google e di Wikipedia, quasi senza accorgercene.
Si valuta il peso degli avvenimenti in funzione dell’importanza attribuita da internet. Oggi non c’è studio, lavoro, relazione che ne possa restare indenne. Camminiamo, viaggiamo, lavoriamo, studiamo sempre connessi. Ad Augusta, in Baviera, sono stati installati semafori a terra per i pedoni distratti dallo smartphone. Come ha osservato Paolo Giordano, viviamo ormai in uno stato intermedio tra il terrestre e il virtuale. C’è chi si trova bene e chi non è ancora del tutto a suo agio. Lo storico Jacques Le Goff ha spiegato che «gli uomini si servono delle macchine che inventano conservando la mentalità dell’epoca precedente a queste macchine». Insomma, saremmo sempre un po’ troppo vecchi per adeguarci al mondo tecnologico che abitiamo. Non a caso, si parla di «nativi digitali».
A Natale, però, è meglio se scegliamo, nonostante tutto, di spegnere gli apparecchi elettronici e dedicarci, dal vivo, alle persone più care, senza essere interrotti dalle notifiche e dai segnali sonori dei messaggi in arrivo. Riscopriremo il gusto di guardarci in faccia e non in Facebook.
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