Nel Paese del sole
si spegne la felicità

L’Italia non sorride più. Sul Paese del sole si distendono le ombre. Il Rapporto mondiale sulla felicità 2016 contiene i livelli di soddisfazione espressi dai cittadini di 156 nazioni. Il dossier è stato prodotto dal «Sustainable Development Solutions Network», un organismo dell’Onu che riunisce esperti mondiali nei campi dell’economia, della psicologia, della salute e della sicurezza pubblica. L’Italia è al cinquantesimo posto, superata da Malaysia, Nicaragua e Uzbekistan: è tra i dieci Paesi con il maggiore calo di felicità.

Il Paese più felice al mondo è la Danimarca, mentre la Germania è al 16° posto, il Regno Unito è al 23°, la Francia al 32°, la Spagna al 37°. Il rapporto è fondato sull’indagine Gallup, la società statunitense che si occupa di ricerche e sondaggi, e si basa sui dati relativi al triennio 2013-2015. Per sensibilizzare sul tema, ogni anno, il 20 marzo, si tiene la giornata mondiale della Felicità delle Nazioni Unite.

La felicità non è solo questione di pil, ma anche di fattori sociali e ambientali. Lo ricordava già Bob Kennedy in un famoso discorso: «Il pil misura tutto, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta». Il dato più allarmante è il minor grado di felicità espresso dai giovani rispetto agli anziani, a causa della disoccupazione e della conseguente preoccupazione per il futuro. Senza giovani motivati a incidere nel mondo in cui vivono, l’ascensore della storia si blocca. I giovani di oggi, invece, hanno abbandonato la politica, hanno perso la visione prospettica e hanno trovato rifugio nei mondi virtuali. Viviamo in un’epoca caratterizzata dall’eclisse del futuro, provocata dalla secolarizzazione della società e dal crollo delle grandi utopie del Novecento. Ci si domanda se calo delle nascite, lavoro precario e crisi della politica siano cause o effetti della sfiducia nel futuro.

Spaventate da un domani imprevedibile e minaccioso, le famiglie di oggi cercano in ogni modo di difendere figli e nipoti dal fallimento esistenziale, sforzandosi di assicurare sicurezza, benessere e, se possibile, successo sociale, mentre la competizione diventa sempre più dura. Affidando la realizzazione dei desideri incompiuti ai discendenti più prossimi, però, si rischia di non educare i giovani a costruire se stessi con coraggio e determinazione. Se la società non sa prospettare un domani possibile, occorre che gli educatori concedano ai giovani possibilità di scelta, di valutazione e di dissenso e non li rinchiudano in una gabbia di sicurezze illusorie.

Le persone soddisfatte sono più sane e vivono più a lungo. Il grado di soddisfazione nella vita dipende dalla salute, fisica e mentale, dalla qualità e dalla quantità delle relazioni sociali, dalla serenità nel matrimonio e nella coppia. Oggi si constata la fatica a vivere relazioni significative e generative di vita a tutti i livelli, perché abbiamo coltivato, per troppo tempo, il consumo e l’individualismo come valori fondamentali e ora ne paghiamo il prezzo. Il recupero della dimensione spirituale, a lungo emarginata e trascurata, è l’unica via per uscire da questa condizione.

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