
Luoghi (non) comuni / Bergamo Città
Lunedì 05 Febbraio 2018
Le tecnologie avanzano
Salviamo l’umanesimo
L’incessante rivoluzione tecnologica in atto ha accresciuto la distanza tra le generazioni. I figli sono più svelti dei padri nello stare al passo con le continue novità digitali. C’è sempre stato un momento nella vita degli adolescenti in cui le figure dei genitori cessano di rappresentare dei miti: scoprendone gli inevitabili difetti, i ragazzi tendono ad allontanarsi, cercando riferimenti altrove. È un fenomeno ricorrente nel tempo: si pensi, per esempio, alla dirompente contestazione giovanile del Sessantotto.
Oggi questa frattura tra padri e figli non è fomentata da utopie di trasformazione sociale e politica. Anzi: i ragazzi, privi degli idealismi dell’epoca dei padri, si dimostrano, il più delle volte, ancor più realisti nell’accettare lo stato di cose esistente come irreversibile, anche nelle sue più evidenti storture e ingiustizie. I giovani sono, semplicemente, più pronti nell’adeguarsi. E così come ai tempi, pure alle nuove tecnologie. La figura dei padri, di conseguenza, ora è corrosa non da ideologie contrarie al concetto di autorità, ma, più banalmente, da social e smartphone. Così questi ultimi minano, ancora più di quanto non avvenisse già in passato, la comunicazione tra le generazioni e, conseguentemente, la consegna di un patrimonio, inestimabile, di memoria e di identità.
L’uso dei nuovi dispositivi non dovrebbe essere demonizzato, ma nemmeno incentivato. Com’è noto, dal ministero della Pubblica Istruzione è arrivato, accompagnato da un decalogo di regole, il via libera al ricorso responsabile agli strumenti digitali nella didattica. Dal testo ministeriale emergono, in particolare, due idee forti: la consapevolezza che «è la didattica che guida l’uso competente e responsabile dei dispositivi» e la sottolineatura della necessità che «l’alleanza educativa tra scuola e famiglia si estenda alle questioni relative all’uso dei dispositivi personali».
La strada che il ministero italiano ha scelto di imboccare va nella direzione opposta rispetto a quella intrapresa dalla Francia, dove il ministro dell’Istruzione, Jean-Michel Blanquer, ha introdotto il divieto di usare gli smartphone a scuola. Due risposte alternative al medesimo fenomeno. In Italia l’89,3% dei giovani usa i «telefoni intelligenti». Il primo apparecchio è posseduto già all’età di 8, 9 anni. L’Italia sceglie di puntare sull’educazione, partendo dalla convinzione che «proibire l’uso dei dispositivi a scuola non è la soluzione».
Anche sul ricorso a chat tra professori e studenti è aperto il dibattito. C’è chi, come l’ex ministro Francesco Profumo, sostiene: «è bene che la scuola sia più vicina agli studenti rispetto al passato e debba usare i nuovi strumenti», comprese le chat. Chi, invece, come la psicopedagogista Barbara Tamborini, ribatte: «senza un progetto didattico, l’online rischia di diventare un Far West. E la responsabilità cade sui docenti».
La scuola dovrebbe insegnare, innanzitutto, il mestiere di studiare. Se allontana i ragazzi, ancor più di quanto già non lo siano, dalla lettura attenta e analitica dei testi, non solo non li educa e forma, ma contribuisce ad aggravare la crisi antropologica in corso, distanziandosi dal modello della scrittura nato con Platone e coltivato e preservato per millenni.
Allo stesso modo, è corretto migliorare l’orientamento – del tutto insufficiente, salvo eccezioni – agli studi superiori e universitari e alla domanda esistente nel mondo del lavoro. A questo proposito, il presidente degli industriali di Cuneo esorta le famiglie con un figlio in età da liceo a fargli fare, semplicemente, l’operaio e a non inseguire «aspetti emotivi e ideali», inconciliabili con «l’esame obiettivo della realtà». Per carità: il lavoro nobilita, sia intellettuale sia manuale.
Chi decide di fare l’operaio, ma anche chi sceglie studi tecnici, non dovrebbe dimenticare, però, il respiro umanistico ereditato da millenni di cultura. Il compito della scuola deve continuare ad essere, innanzitutto, quello di tramandare l’eredità dell’umanesimo, mai così minacciata come in questa era digitale. Se pensiamo che l’altra rivoluzione tecnologica, cui stiamo assistendo, accanto alla digitale, è quella dell’intelligenza artificiale, ci rendiamo conto di come sia in gioco il futuro stesso della persona umana, nei termini in cui è esistita fino ad ora.
Salviamo l’umanesimo, prima di doverlo rimpiangere.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Alessandro Veneziani
7 anni, 2 mesi
Da ex-allievo del Liceo Sarpi, ieri ho ricevuto un articolo del gruppo di ex-studenti che mostra come le nuove tecnologie stanno aiutando il recupero e la conservazione dei testi classici. Questo articolo propone una dicotomia fra tecnologie e umanesimo che e' totalmente fittizia e anche un po' retro'. Partiamo dal presupposto che in un Paese dove dire che l'Infinito e' di Manzoni e' una bestemmia (si' lo e') ma dire che un angolo retto e' di 180 gradi e' un lapsus ("ma poi io non ci ho mai capito niente di Matematica") o dire che "io col computer non sono capace" (M. Cacciari) non suona come assurdo, non credo proprio che autorizzare l'uso di strumenti nuovi metta in pericolo l'umanesimo. Non sono gli strumenti a essere buoni o cattivi, ma gli utilizzatori. Sbagliata la demonizzazione e il proibizionismo, giusta l'educazione e le aperture guidate. In Italia manca una cultura scientifica (matematica in particolare) solida, con buona pace di Piero Angela.
Alessandro Veneziani
7 anni, 2 mesi
"Il compito della scuola deve continuare ad essere, innanzitutto, quello di tramandare l’eredità dell’umanesimo, mai così minacciata come in questa era digitale. Se pensiamo che l’altra rivoluzione tecnologica, cui stiamo assistendo, accanto alla digitale, è quella dell’intelligenza artificiale, ci rendiamo conto di come sia in gioco il futuro stesso della persona umana, nei termini in cui è esistita fino ad ora." L'era digitale non minaccia nessuno. Gli strumenti di informazione hanno aperto l'accesso della conoscenza a persone che prima non avevano le risorse. Vanno educate, certo, a farne buon uso. Questa visione antagonista e' davvero figlia di una concettualizzazione dei saperi infondata. I primi intellettuali erano filosofi e matematici. Arte e scienza non sono forme contrapposte, ma compenetrate del sapere umano. La Matematica ha certificato la sua imperfezione con il Teorema di Godel, dando cosi' il suo crisma di umanita'. Chi non sa riconoscere la scienza nella Notte Stellata di Van Gogh? L'Intelligenza Artificiale, in un certo senso, e' proprio la certificazione della necessita' di mimare i paradigmi di pensiero dell'Uomo, senza mai raggiungerli davvero. Finche' rimaniamo ancorati a questi discorsi fatti di ambiti ben delimitati e invalicabili, rimarremo padroni (infelici) di una cultura sterile.
Beppe Locatelli
7 anni, 2 mesi
senza una conoscenza, almeno superficiale, delle cosiddette lingue morte non ci si può accostare ai documenti del passato, ne sintetizzarne le informazioni. senza questo tipo di conoscenza il patrimonio culturale dell'individuo è zoppo, perché dalla cultura dipendono le sue capacità di analisi e di sintesi degli avvenienti in corso e delle idee in circolazione. è inutile poi lamentarsi del disinteresse e dell'apatia mostrati dalla media della popolazione, dallo scarso, in alcuni casi nullo, livello etico delle sue classi dirigenti. basta considerare il fatto inoppugnabile che lo scadimento delle qualità personali va, nella maggioranza dei casi, di pari passo con lo scadere del livello culturale, salvo lamentarcene ad ogni nuovo scandalo.
Beppe Locatelli
7 anni, 2 mesi
(seguito del mio commento sopra)...senza la cultura, senza il disincanto e lo scetticismo che ne conseguono, che le fanno da scudo e da arma, l'individuo è fragile, a rischio di rimanere affascinato da ideologie di scarto, esposto alle psicosi di massa e disposto a seguire qualsiasi pagliaccio che, a suon di chiacchiere, gli dipinga una realtà che tale non è e che lo aizzi contro un nemico che non esiste. e non è che gli esempi, di questi tempi, non manchino.
Alessandro Veneziani
7 anni, 2 mesi
Io vorrei che l'implicazione CULTURA => ETICA fosse vera. Ma ho davvero molti esempi in cui non e' cosi'. L'etica senza cultura sta in piedi (e di solito, chi sa di non sapere non e' ignorante) e non e' pericolosa. La cultura senza etica invece e' dannosissima e, purtroppo, mi creda, ne ho vista. Quindi, pur sapendo bene che la cultura ha un ruolo fondamentale, mi sono dovuto disilludere sul fatto che sia sufficiente. Una prova? Recentemente, un importante docente universitario e' stato diffidato dall'avere ruoli amministrativi perche' c'e evidenza che abbia gestito le promozioni universitarie in modo arbitrario. Era anche un ex ministro delle finanze. Certo, ci spaventano i fautori del no-vax, ma solo perche' i danni di chii fa della cultura un'arma impropria sono piu' silenziosi. Ma non meno dannosi, nella misura in cui selezionano male la classe dirigente.
Gianalberto Vezzoli
7 anni, 2 mesi
Tecnologie ed umanesimo sono in contrasto? Dipende da quale uso si voglia fare delle tecnologie. Sono stato una vita in mezzo all'evoluzione delle tecnologie per il settore in cui lavoravo. Sono solo servite a produrre meglio, in maggiore quantità, con costi minori e minor fatica per le persone. Le tecnologie bene impiegate servono a LIBERARE e non a rendere schiave le persone. Se accade il contrario, la responsabilità è di chi usa male le tecnologie.
Maria Grazia D
7 anni, 2 mesi
Sig. Vezzoli, veda Lei se si usano male le tecnologie. Per esempio ogni 3 x 2 viene messo sul mercato un nuovo tipo di cellulare, e gli altri dove vanno a finire? Stessa cosa vale per i televisori, o elettrodomestici che durano pochi anni e poi non funzionano più, ecc. ecc......costi a poco prezzo ma di scarso valore, in compenso di grande consumo!
silvana messori
7 anni, 3 mesi
Lo strumento sempre di più in sviluppo di tecnologie applicate, in sé è neutro! è il suo uso come ogni oggetto(penso alla lavatrice o al televisore per il passato, ad esempio) che comporta gli effetti collaterali. La comunicazione in sé è "umanesimo" e che diventa inumano quando invece di essere al servizio dell'uomo, usa l'uomo per profitto! Per essere in tema all'articolo, gli insegnanti stessi subiranno per forza di cose, dei cambiamenti rivoluzionari, ma che dovranno essere tenuti sotto controllo nel metodo, non proibendo, ma qualificandone l'uso! Dobbiamo vedere un po' più in là dello sguardo degli "anziani di oggi" e parlo dei 40enni, perché gli 80enni mi sembrano a volte anche più vivaci dei giovani ed usano gli strumenti in modo adeguato al bisogno; L'individualismo e l'isolamento conseguente è da combattere, e non quanto invece lo strumento sia di socializzazione ed in aiuto ad una umanità in declino soprattutto culturalmente nei valori più semplici ed antropologici.
Giancarlo Passalacqua
7 anni, 3 mesi
Una cosa,secondo il mio modesto parere ,potrebbe aiutare i giovani a capire chi siamo e da dove veniamo , dedicare più ore all'insegnamento della storia dell'umanità , la storia é una grande maestra,la conoscenza degli errori fatti durante il lungo e faticoso cammino dell'umanità verso la conoscenza credo sia un grosso aiuto alla formazione e maturazione dei giovani , ed un grosso aiuto per evitare alle generazioni future di essere senza radici .
Graziano Rosponi
7 anni, 3 mesi
Al tempo dei miei nonni a scuola ci si andava per imparare a leggere, scrivere e far di conto. Poi, chi aveva mezzi iscriveva i figli alle superiori, Avviamento al Lavoro o Liceo, gli altri a lavorare. Perciò l'Umanesimo rimaneva appalto di pochi e ben circoscritti ceti sociali. Oggi che ci sarebbero i mezzi e le possibilità di estenderlo a tutti, viene snobbato da tanti perché presenta sbocchi lavorativi poco interessanti in confronto ad altre discipline. E con il lavoro che scarseggia viene ancor più emarginato. A chi, nonostante tutto ancora lo coltiva, tanto di cappello.