Luoghi (non) comuni
Lunedì 16 Ottobre 2017
«L’albero degli zoccoli»
e la civiltà contadina
Correva l’anno 1978, quando una giuria, presieduta dal regista americano Alan J. Pakula, nella quale figurava, tra gli altri, l’attrice svedese Liv Ullmann, musa di Ingmar Bergman, conferì la Palma d’oro del festival di Cannes a «L’albero degli zoccoli» del regista bergamasco Ermanno Olmi. Il film, com’è noto, ricostruiva la vita, alla fine del secolo scorso, in una cascina della Bassa, dove abitavano quattro, cinque famiglie di contadini; era interpretato da gente della campagna e parlato in dialetto, doppiato, poi, dagli stessi attori non professionisti.
Del film circolarono entrambe le versioni: a Bergamo stabilì, con la prima edizione, il record di giorni di programmazione, ben 113, dopo la memorabile anteprima nazionale, presente anche Olmi, il 20 settembre 1978, in un affollatissimo cinema San Marco.
Il successo internazionale del film fu spiegato con il ricorso alla teoria del’inconscio collettivo dello psicanalista Jung: avrebbe risvegliato le origini contadine, presenti in ognuno di noi.
Nella settimana su «Agri-cultura e diritto al cibo», nell’occasione del G7 a Bergamo, la Provincia ha organizzato un interessante incontro per presentare il progetto di un documentario, diretto da Federica Ravera, di cui si sono potute vedere delle anticipazioni, che alternerà scene dell’epoca e testimonianze di oggi degli attori e delle maestranze, ingaggiati quarant’anni fa da Olmi. All’incontro era presente anche Patrizia Graziani, dirigente dell’Ufficio scolastico territoriale: è stato deciso che «L’albero degli zoccoli» sarà proiettato nel corso dell’anno prossimo in tutte le scuole bergamasche, mentre il nuovo «docufilm» sarà solo il primo atto di un progetto che, nato a Mornico al Serio, ha poi coinvolto Calcinate, Cividate al Piano, Cortenuova, Martinengo e Palosco, oltre alla Provincia, all’Ufficio scolastico, alla Abf-Azienda bergamasca di formazione. «Io so cosa vuol dire avere fame, andare a letto alla sera con la pancia vuota», ha ammonito Maria Teresa Brescianini, la vedova «Runk» del film, davanti alla folta platea di studenti. Un’occasione utile per far riflettere giovani e non sul cibo, che allora scarseggiava e ora abbonda, almeno in alcune zone del mondo. L’originaria vocazione agricola della Bergamasca, troppo spesso oscurata, ha trovato nel vertice dei Paesi sviluppati del G7 l’occasione per tornare al centro dell’attenzione, come non accadeva proprio dal tempo dell’«Albero degli zoccoli». Un documento che costituisce ormai un capitolo imprescindibile dell’identità bergamasca. L’auspicio è che il quarantesimo del film sia anche uno sprone a riprendere la lezione di Olmi sulle radici culturali della nostra terra. La proiezione del film in tutte le scuole bergamasche potrà suggerire riflessioni sul mondo contadino di ieri e di oggi, ma anche su come sono cambiate le relazioni familiari e sociali.
Il presidente della Provincia di Bergamo, Matteo Rossi, nel saluto ai ministri del G7, ha invitato le delegazioni internazionali a portare a casa tre ricordi della nostra terra: il mais spinato giallo di Gandino e il rostrato rosso di Rovetta, come simboli della biodiversità da difendere e dell’impegno profuso dalle comunità locali; poi quello del più illustre conterraneo, Angelo Roncalli, Papa Giovanni XXIII, figlio di contadini, che con l’enciclica «Pacem in Terris» richiamò al rispetto dei valori fondamentali della pace e della giustizia; quindi, il film di Olmi, che racconta la storia della nostra terra. Ambientato in quella Bassa, la piccola ma florida pianura bergamasca, la cui agricoltura sta oggi difendendosi, faticosamente, dall’assalto delle recenti infrastrutture viarie che l’hanno sventrata.
Una provincia «glocal», che pensa globale e agisce locale, è la migliore testimonianza che la Bergamasca possa lasciare dopo il vertice del G7 dei ministri dell’Agricoltura e della settimana di incontri sul diritto al cibo, che l’hanno preceduto e accompagnato.
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