La guerra in Iraq un errore
Il terrorismo è aumentato

La commissione presieduta da John Chilcot lascia agli storici un netto atto d’accusa nei confronti dell’ex premier britannico Tony Blair: «L’invasione dell’Iraq nel 2003 fu decisa in modo affrettato. C’erano altre opzioni pacifiche, perché non esistevano minacce imminenti da parte di Saddam Hussein».

Il presidente americano George W. Bush, insieme a Blair, giustificò quella guerra affermando che era destinata a neutralizzare le armi di distruzione di massa di Saddam, che in Iraq però non furono mai trovate. Quaranta giorni dopo l’inizio, Bush dichiarò che la missione in Iraq era compiuta. In realtà, l’operazione durò 8 anni e 199 giorni, provocò la morte di 134 mila civili iracheni, 10.819 militari e poliziotti iracheni, 4.488 militari americani, 318 militari alleati, tra cui 179 britannici e 33 italiani, 150 reporter. Furono 2 milioni e 800 mila gli sfollati iracheni. L’operazione è costata, ai soli contribuenti statunitensi, un milione e mezzo di triliardi di euro, 441 milioni di euro per indennità e indennizzi ai veterani. Per la ricostruzione in Iraq sono stati stanziati 54 miliardi di euro. Per l’intervento in Iraq, la sola Gran Bretagna ha speso 11,2 miliardi di euro.

Cifre sbalorditive. Con quali risultati? Tredici anni dopo l’invasione, l’Iraq è spaccato in tre: una larga fetta è sotto il controllo del brutale Stato islamico dell’Isis, al Nord il Kurdistan è avviato verso l’indipendenza, Bagdad è governata dalla maggioranza sciita, alleata dell’Iran e non degli Usa. E sono già 400 i civili uccisi solo quest’anno negli attentati terroristici dell’Isis: la maggior parte compiuti nella capitale, fino al recente camion bomba nel quartiere dei negozi frequentato dalle famiglie che ha provocato 126 morti, di cui 25 minori. Insomma, un disastro totale: il dopo Saddam è una guerra infinita.

L’Occidente sta perdendo la lotta contro il terrorismo: è stato calcolato che, dal 2000 a oggi, le vittime di attentati e kamikaze sono aumentate di nove volte. E l’Occidente sta perdendo perché non trova la compattezza contro chi finanzia il terrorismo. L’Arabia Saudita, che ufficialmente partecipa alla coalizione anti-Isis, promuove l’islamismo estremista sunnita per contrastare la diffusione di quello sciita, sponsorizzato invece dall’Iran. La svolta nella lotta al terrorismo avverrà solo quando cesserà la promiscuità con l’Isis dei Paesi arabi sunniti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA