Luoghi (non) comuni
Giovedì 24 Marzo 2016
Cambiamenti climatici
e rischi per l’umanità
Il governo degli Stati Uniti considera finalmente il cambiamento climatico, provocato dalle emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera, come una minaccia primaria per la sicurezza nazionale.
La Corte Suprema degli Usa, però, ha fermato il provvedimento per regolare le emissioni di anidride carbonica delle centrali elettriche, finché i ricorsi di 27 Stati non saranno esaminati. Nell’enciclica «Laudato si’», Papa Francesco ha scritto: «I cambiamenti climatici sono un problema globale, con gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche, e costituiscono una delle principali sfide attuali per l’umanità. Gli impatti più pesanti probabilmente ricadranno nei prossimi decenni sui Paesi in via di sviluppo».
In effetti nei futuri cinquant’anni, ma in alcuni casi in soli trenta, molti laghi e isole scompariranno per effetto dei cambiamenti climatici. Può succedere nel Pacifico, dove un intero Stato, Tuvalu, al largo della Papua Nuova Guinea, formato da un gruppo di isolette, sta per essere inghiottito dall’oceano. La Nuova Zelanda già accoglie per legge 75 tuvalesi all’anno. Un rischio identico corrono le Maldive: il governo ha stanziato 63 milioni di dollari per la prima fase del progetto di un’isola artificiale, Hulhumalé, in grado di accogliere tutta la popolazione dell’arcipelago. Il costo finale potrebbe aggirarsi sui 13 miliardi di dollari. Un’isola artificiale potrebbe essere anche la salvezza per la Repubblica delle Kiribati, un altro arcipelago del Pacifico, tra Australia e Hawaii, dove il livello del mare si sta alzando al ritmo di un centimetro all’anno: anche in questo caso i costi sono proibitivi.
Intanto si è completamente prosciugato il lago boliviano di Poopò, evaporato a causa della siccità. Anche il lago Ciad, tra Ciad, Camerun, Nigeria e Niger, rischia di trasformarsi in un ricordo: in cinquant’anni il bacino si è ridotto a meno di un decimo della sua estensione. Dalle acque di quel lago dipendono trenta milioni di persone: è facile immaginare quale immane catastrofe potrebbe essere la sua scomparsa. Si stima che oltre 200 milioni di persone entro il 2050 potrebbero essere costrette a migrare per le conseguenze di eventi meteo estremi. Scrive ancora Papa Francesco nella «Laudato si’»: «È tragico l’aumento dei migranti, che fuggono la miseria aggravata dal degrado ambientale, i quali non sono riconosciuti come rifugiati nelle convenzioni internazionali e portano il peso della propria vita abbandonata senza alcuna tutela normativa». Gli fa eco la Conferenza episcopale boliviana: «Tanto l’esperienza comune quanto la ricerca scientifica dimostrano che gli effetti più gravi di tutte le aggressioni ambientali sono subiti dalla gente più povera». Il Nord del mondo, se non vuole subire un’ondata migratoria senza precedenti, deve troncare gli indugi e intraprendere una severa lotta ai cambiamenti climatici, attraverso l’abbandono delle energie fossili produttrici di anidride carbonica e il passaggio alle fonti rinnovabili. Non c’è più tempo da aspettare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA