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Lunedì 07 Marzo 2022
L’opera dell’Accademia dello Sport per la Solidarietà come un raggio di sole nel buio della pandemia
Giovanni Licini, fondatore dell’associazione che da 35 anni è al servizio della comunità bergamasca, si è impegnato in prima persona per andare incontro alle esigenze delle strutture sanitarie sul territorio. Nei giorni più difficili mancavano ossigeno, medicinali e strumentazioni indispensabili per salvare vite umane
Ritorniamo a dicembre 2019, quando a tutti noi giungevano le immagini terribili del virus che aveva colpito la Cina.
«A fine anno eravamo impegnati con l’Accademia per portare avanti le nostre iniziative e proprio in quei momenti arrivavano segnali importanti da Wuhan. Nella città cinese la gente veniva segregata in casa e c’era molta preoccupazione per la pandemia che stava avanzando prepotentemente. Abbiamo assistito in diretta televisiva alla costruzione di un ospedale in pochi giorni e in cuor mio mi chiedevo se l’emergenza fosse rimasta isolata in Cina. Purtroppo in breve tempo il Covid è arrivato anche a Bergamo».
Da febbraio 2020 la nostra provincia vive una delle pagine più brutte della sua storia.
«Ha iniziato a serpeggiare particolare preoccupazione anche da noi e si iniziavano a vedere le prime mascherine. Come Accademia, abbiamo subito annullato un importante evento al Palacreberg e dai primi di marzo ci siamo trovati tutti isolati in casa. Ricordo che avevo lasciato il computer in ufficio, di conseguenza tramite IPad e telefonino ero in contatto con ospedali e istituzioni per capire l’evoluzione della pandemia».
Anche in questa occasione l’Accademia dello Sport per la Solidarietà si è messa a disposizione della comunità, dando un supporto fondamentale.
«Gli ospedali cominciavano ad intasarsi e come Accademia eravamo inermi davanti a questa situazione più grande di noi. L’ospedale di Seriate era in grande difficoltà e il dottor Gianluigi Patelli, a capo della radiologia, mi ha telefonato per segnalare che una tac non bastava per esaminare tutti i pazienti, dato che servivano 40 minuti per sanificare la strumentazione. Mi sono subito attivato e ho scoperto che in Europa c’erano due tac mobili, una in Germania e l’altra in Olanda. Nei Paesi Bassi non c’era ancora la pandemia e si sono resi disponibili per affittarla. Servivano 80 mila euro al mese e con poche telefonate ai nostri imprenditori Beppe Panseri, Claudio Bombardieri e Giuseppe Mazza siamo riusciti a portarla nella Bergamasca. Quando è arrivato il tir ci ha riempito il cuore e nell’aria c’era tanta commozione, perché rappresentava un raggio di sole condito da tanta speranza, capace di penetrare il buio nel quale era caduta la nostra provincia».
Esattamente due anni fa ci siamo ritrovati a vivere un vero e proprio incubo con ospedali al collasso e carenza di dispositivi.
«Mancavano mascherine, camici e disinfettanti, ma anche tamponi e reagenti. C’era una rincorsa su tutto e il personale ospedaliero era allo stremo. Medici e infermieri non hanno mai perso la forza nell’aiutare il prossimo e ognuno ha dato tutto se stesso per gli altri. Non c’era tempo per lo sconforto o per pensare, perché bisognava reagire velocemente. Non nascondo che più di una volta mi sono scese le lacrime, ma l’Accademia è sempre stata presente. Anche quando all’ospedale di Seriate mancava l’ossigeno e in sole 36 ore, grazie al nostro amico imprenditore Roberto Paratico siamo riusciti a potenziare l’impianto salvando numerose vite umane. Ho ricevuto numerose riconoscenze, ma l’orgoglio più importante è stato aiutare tanta gente, un traguardo che condivido con tutta la mia famiglia e con l’Accademia. Ognuno di noi è stato un anello fondamentale per costruire una catena forte e resistente, indispensabile per arginare l’avanzata del Covid sul nostro territorio».
L’Accademia si è attivata anche per recuperare alcuni farmaci indispensabili per la cura dei pazienti, come il Curaro.
«Un venerdì sera mi ha chiamato il direttore dell’ospedale di Seriate perché mancava questo medicinale, indispensabile per sedare le persone. Mi sono subito attivato e ho trovato due aziende, una in Emilia e l’altra a Cenate Sotto. Ho contattato l’imprenditore Aldo Angeletti che in breve tempo ha fatto pervenire alla struttura sanitaria tutte le scorte che aveva in magazzino. Scherzo del destino, dopo poche ore mi ha chiamato il fratello per avvisarmi che l’imprenditore era stato portato a Seriate a causa del Covid e per la sua guarigione è servito proprio il farmaco che aveva appena donato. A marzo anche il Papa Giovanni XXIII necessitava di una particolare medicina che consentisse ai malati di uscire dalla terapia intensiva. Non sapevamo dove sbattere la testa, poi una sera, mentre andavo a dormire, mi sono ricordato che 30 anni fa giocavo a tennis con il dipendente della multinazionale che distribuiva questo prodotto. Gli ho telefonato e ho scoperto che nel frattempo era diventato l’amministratore delegato dell’azienda e in poche ore è riuscito a far arrivare a Bergamo questo presidio indispensabile. E’ giusto ricordare anche le case di riposo, che sono state duramente colpite dalla pandemia. A Leffe eravamo in contatto con la direttrice sanitaria, la quale mi ha comunicato che stavano finendo le bombole di ossigeno e anche qui siamo riusciti in tempi record, un paio d’ore prima che finissero, a rifornire la struttura».
A fine 2020 arriva la tanto attesa notizia: il vaccino è pronto per essere somministrato.
«Tutti noi speravamo che arrivasse presto un rimedio dalla comunità scientifica e a dicembre 2020 è partita la macchina organizzativa per trovare punti vaccinali. Dalle vecchie primule si è passati a strutture concrete e già esistenti come fiere e gli impianti sportivi dove somministrare le dosi. Come Accademia abbiamo allestito gli hub di Clusone e Rogno, mettendoci al servizio come volontari nello spazio di Chiuduno. Ora guardiamo avanti con impegno e con tanta forza. Dobbiamo riprendere con grande entusiasmo le tante attività grazie a tutti i nostri collaboratori che rappresentano la nostra vera forza. Il nostro spirito ci porta sempre ad aiutare le persone che, ancora di più dopo la pandemia, avranno bisogno di noi».
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