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Martedì 22 Febbraio 2022
La prossimità della Chiesa di Bergamo durante la pandemia
Monsignor Giulio Dellavite, Segretario generale della Curia di Bergamo, ripercorre i momenti più tragici della pandemia. In quei giorni tragici la prossimità, una parola di conforto e la benedizione dei medici agli ammalati, hanno permesso, grazie a semplici gesti, di alleviare dolore e sofferenze
In collaborazione con l’Accademia dello Sport per la Solidarietà, proseguiamo la raccolta dei ricordi dei primi mesi del 2020.
In un momento tragico per tutta la Comunità bergamasca, qual è stato il primo pensiero della nostra Chiesa?
«Una delle priorità che il Vescovo Francesco Beschi ha avuto durante la pandemia, soprattutto nel boom della prima ondata, è stato quello della prossimità, cioè di cercare di essere presenti il più possibile, tramite lo slogan «Uniti a distanza». Nei giorni della malattia, tutto distanziava, creava divisione e lontananza. Ogni domenica in Cattedrale veniva celebrata una Messa, mentre a metà settimana il Vescovo recitato un rosario nelle chiese della provincia. Con lui non c’era nessuno, ma la diretta televisiva dai diversi paesi della pianura e delle valli era un modo per essere prossimi a tutto il territorio».
La Chiesa e molte associazioni della Bergamasca si sono attivate per stare vicine ai più deboli e per portare loro conforto.
«La prossimità era rappresentata dai gesti più concreti dell’Accademia dello Sport per la Solidarietà, così come di altre associazioni, che hanno permesso di smuovere incredibili forze. Ma ricordiamoci anche dei tanti vicini di casa che si sono occupati di fare la spesa ad amici, parenti e conoscenti che in quei giorni erano ammalati, partendo dalle piccole cose. Nel momento peggiore della pandemia era molto importante anche ricevere una telefonata e la nostra Curia ha organizzato un servizio di ascolto con 60 preti, oltre a personale laico, in modo da rispondere alle numerose chiamate. Tanti anziani, ma anche giovani, avevano bisogno di supporto e la prossimità è stata indispensabile per superare la burrasca, nella quale la barca della famiglia ha sicuramente tenuto. I genitori sono stati molto presenti, assistendo i propri figli nella didattica a distanza, ma in quei giorni tutta la società è diventata famiglia, così come la Chiesa, che è entrata nelle case con le celebrazioni».
Il Vescovo di Bergamo, Francesco Beschi, ha sostenuto anche tutto il personale sanitario, autorizzando medici e infermieri a benedire i malati.
«E’ stata una bellissima decisione, nata dal nostro Vescovo Francesco, che insieme a tutti i Vescovi della Lombardia, ha permesso a tante persone un grande gesto di vicinanza. Mi ha molto colpito il discorso di un medico che si dichiarava ateo, che ha raccontato come, nei momenti più concitati dell’emergenza sanitaria, le cure non bastavano e mancava completamente il contatto fisico con in pazienti. Ebbene, anche secondo lui l’ultima cura che potevano dare gli operatori sanitari era proprio la benedizione. Non si sarebbe mai aspettato che anche per lui, che era ateo, dire bene e una maggiore vicinanza a Dio, avrebbe rappresentato un dono unico e prezioso. Medici e infermieri sono diventati benedizione, presenza e mano di Dio. In quei giorni moltiplicavano il pane, guarivano i malati e scacciavano i demoni, la sofferenza e la paura, esattamente come i miracoli di Gesù».
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