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È meglio prevenire che lasciare spazio ai tabù

Il primo passo verso la prevenzione è affrontare i tabù. Regole non scritte, ma ben insediate in noi: i tabù si formano e si mantengono nel tempo come meccanismi di controllo sociale. Sono freni che portano a star lontano dai “camici” dei medici e restare in silenzio, ma la salute dell’uomo passa dall’informazione e il dialogo per prendersi cura del proprio benessere a tutto tondo, sia fisico sia mentale.

Il Centro Salute Uomo si trova a Bergamo, in via Palma il Vecchio, 4a.
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Fin dai tempi più antichi, esistono i tabù, regole non scritte che plasmano il comportamento e le interazioni dell’essere umano. Il concetto di tabù è legato alla sfera del sacro, del mistero e del pericolo: elementi che sono sempre stati difficili da spiegare e gestire.

Ma cosa è un tabù? «Partiamo dalla parola in sé, tabù, cosa in qualche modo ci riporta alla mente - afferma la Dott.ssa Daniela Guzzi, Psicologa Clinica al Centro Salute Uomo –? Tabù è sicuramente un qualcosa di cui non si può parlare. O meglio di cui si fa fatica a parlare». I tabù non sono altro che taciti divieti sociali, culturali e/o morali che limitano la discussione o la pratica di certi argomenti o comportamenti. Vengono creati all’interno di una società per salvaguardare l’armonia collettiva, garantendo che alcuni temi percepiti come inappropriati (sessualità, morte, religione, malattia, denaro, ecc.) non mettano in pericolo l’equilibrio sociale.

«I tabù sono prettamente una costruzione sociale, culturale – continua la dottoressa -. Non esistono in realtà, se non dal punto di vista, appunto, del nostro credere». I tabù non sono universali: variano da cultura a cultura e, in alcuni casi, persino tra individui.

La paura del giudizio sociale, le aspettative culturali e il desiderio di conformarsi rimangono barriere potenti alla libertà di espressione. Affrontare i tabù non è solo un atto di ribellione, ma un’opportunità per conoscere. Spesso, quello che scegliamo di non discutere è ciò che ci influenza di più. «Un tabù è qualcosa che noi non conosciamo e di conseguenza la nostra mente affronta ciò in modo evitante e respingente – spiega la dott.ssa Guzzi –. Paradossalmente possiamo conoscere qualcosa di molto pericoloso ma nel momento in cui le conosciamo, ci fanno meno paura, perché li riconosciamo come familiari».

Anche se viviamo in un’epoca più aperta e connessa e stiamo percorrendo una strada (insidiosa) per il superamento di essi, i tabù rimangono potenti. «Oggi, per fortuna, stanno cominciando a cadere, anche perché l’uomo, soprattutto per quanto riguarda le nuove generazioni, si rende conto che una visita può salvare la vita – commenta il Prof. Francesco Greco, fondatore del Centro Salute Uomo – e che il tumore della prostata è il primo tumore dell’uomo come incidenza».

«Tra i tabù più popolari oggi abbiamo sicuramente la sessualità – ci spiega la dottoressa Guzzi –. così sdoganata in termini di immagini e rappresentazioni, ma così legata alla costruzione dell’immagine sociale, specialmente nell’era dei social media». Le persone si sentono spinte a presentarsi in modo attraente e conforme a determinati standard, enfatizzando l’aspetto visivo e identitario piuttosto che il contenuto reale delle proprie esperienze o relazioni. Questo porta a una riflessione sui valori e sulle aspettative sociali che influenzano il modo in cui si vive e si comunica la propria sessualità.

«Questo è un fil rouge che accomuna molte persone – continua la dott.ssa Guzzi –. Non esiste differenza anagrafica o di genere, la sessualità è un tema che non si può affrontare a gamba tesa, ma in punta di piedi». Ed è proprio nell’uomo che questo silenzio si fa ancora più forte. A prescindere dal ceto sociale, dal luogo di provenienza e dal lavoro, l’uomo che non deve chiedere mai preferisce non parlare e non affrontare «temi che afferiscono alla sua vita sessuale o all’apparato genitale, perché teme venga meno la sua mascolinità – ci spiega il Dott. Bocchi, Medico Internista al Centro Salute Uomo –. Ma il silenzio non è intelligente e bisognerebbe abolire questo concetto atavico per il quale non si devono far emergere le proprie debolezze». Argomenti come la sessualità possono suscitare sentimenti di vulnerabilità o vergogna, che spingono così a non parlarne. Il dialogo potrebbe, invece, portare a comprensione e soluzioni.

Dal silenzio al dialogo: capire le parole

«Una paralisi della comunicazione sia verbale che non verbale – continua la dott.ssa Guzzi Daniela – protetta dall’abitudine. Sì è sempre fatto così e se cambio, non so quello che potrebbe succedere». Rompere gli schemi e il silenzio attorno a temi come la sua sessualità può contribuire a costruire una maggiore consapevolezza e comprensione collettiva. I tabù possono indurre le persone a isolarsi, ma, una volta superati, potrebbero, invece, creare un ponte verso una comunicazione più solidale, arrivando persino a normalizzare esperienze che molti vivono in silenzio.

Confrontarci su questi temi permette di educare e sensibilizzare. L’obiettivo del Centro Salute Uomo è promuovere una maggiore attenzione da parte degli uomini verso gli aspetti della prevenzione. «Il centro insegna ai maschi a volersi bene – sottolinea il Prof. Greco –. Nelle scuole bisognerebbe ribadire il concetto che fare prevenzione non è un momento di violenza verso la propria privacy o di vergogna, ma un momento di normalità, in cui bisogna pensare al benessere e prendere atto del proprio corpo, del proprio essere maschio. È il momento di volersi bene!».

Chissà quanto mi costa. Ecco un altro tabù da affrontare. Il Centro Salute Uomo fornisce informazione gratuita. Il Prof. Greco è chiaro su questo concetto. «Se un paziente chiama per avere informazione, organizziamo un incontro in struttura. Quello che conta per noi è che il paziente prenda atto e coscienza del proprio benessere».

La Dott.ssa Guzzi cita William Shakespeare e il suo Macbeth: “Give sorrow words; the grief that does not speak whispers the o’er-fraught heart and bids it break”. (traduzione: Date parole al dolore: il dolore che non parla bisbiglia al cuore sovraccarico e gli ordina di spezzarsi). Cosa vuol dire dare voce al proprio dolore? Quando si soffre e si sceglie di restare in silenzio, il dolore non passa, anzi, si accumula, andando a compromettere oltre che il benessere fisico anche quello mentale. Dare voce al dolore permette di elaborarlo, comprenderlo e, alla fine, superarlo.

Sigmund Freud sottolineò nei suoi studi il potere dell’ascolto e della parola come strumenti di cura. E così anche la Dott.ssa Guzzi. «Non è che quello che ti dicono per forza le persone sia esattamente quello che provano dentro. Bisogna capire attraverso le loro parole quali sono i reali sentimenti e se ci sono emozioni che, invece, vengono taciute».

Andare oltre i tabù: parliamo di prostata

Per l’uomo, spesso, prevenzione è sinonimo di tabù. Ma, come abbiamo già detto, timore e disinformazione possono portare a evitare visite di controllo e di conseguenza a una diagnosi tardiva. Un esempio è la prostata: ghiandola essenziale per il sistema riproduttivo e sessuale e uno degli organi che tende ad ammalarsi più spesso.

Parlare è fondamentale per superare tabù e pregiudizi che spesso impediscono di affrontare tempestivamente questioni di salute importanti.

Se trascurata, la prostata ingrossata (e nota come ipertrofia prostatica benigna) può portare a infezioni urinarie, calcoli vescicali o ritenzione urinaria acuta. Parlarne con il medico e riconoscere i sintomi in tempo permette così di prevenire tutte le complicanze del caso. «Negli ultimi anni, la terapia chirurgica per trattare l’ipertrofia prostatica benigna è stata rivoluzionata dall’introduzione di tecniche micro invasive che possono essere effettuate in anestesia locale o tramite leggera sedazione – ci spiega il fondatore del CSU, il prof. Francesco Greco –. Un esempio su tutti è la termoterapia, detta anche Rezum».

La riduzione della prostata avviene tramite l’inoculazione di vapore acqueo nell’adenoma prostatico – sede dell’ipertrofia benigna –, uccidendo così con il calore le cellule responsabili dell’ingrossamento. «Ad oggi, è il Rezum è l’unica tecnica a disposizione che permette di conservare la funzione sessuale e l’eiaculazione nella maggior parte dei casi. È il trattamento più indicato per chi desidera mantenere la propria fertilità – continua il prof. Greco –. Va, inoltre, a preservare completamente l’erezione. Il 15% dei pazienti mi riferisce che ha riscontrato persino un miglioramento dopo la termoterapia». L’innovazione? «Dopo un’ora, il paziente torna a casa sua».

Il benessere passa (anche) dalla mente

Il Centro Salute Uomo si basa su un approccio multidisciplinare e integrato dove il sapere di più medici specialisti si occupa del benessere dei pazienti a tutto tondo. «Il nostro è un percorso di diagnosi, di benessere personalizzato per il paziente. Si basa su delle domande di vita quotidiana e di abitudini quotidiane e ha come obiettivo allontanare il momento della cura», ci spiega il Prof. Greco.

L’uomo spesso non riconosce come un mancato benessere mentale possa essere la causa di qualche danno o disagio fisico. «Qualsiasi nostro tipo di sofferenza emotiva porta nella maggior parte dei casi a conseguenze fisiche, tangibili e reali – ci spiega la Dott.ssa Guzzi -. Dobbiamo essere in grado di tirarlo fuori prima che esploda o imploda e creare danni ancor più importanti al fisico».

Ad esempio, alcune patologie del sistema genito-urinario maschile (come, ad esempio, anorgasmia, desiderio sessuale ipoattivo, eiaculazione precoce, impotenza e disfunzione erettile) possono derivare da condizioni mediche o da problematiche psicologiche, emotive e relazionali.

«Un colloquio con uno psicologo e passare attraverso un percorso terapia può aiutare ad attivare meccanismi di superamento dell’impasse. Come Caronte, il traghettatore di anime, lo psicologo è l’intermediario, il mediatore, colui che in qualche modo cerca di capire quali sono i sentimenti di fondo – spiega la Dott.ssa Guzzi –. Il mio ruolo è capire le emozioni che si trovano dietro le parole».

La figura dello psicologo conosce molto bene i tabù. «Conosciamo tutti lo stigma che accompagna la mia professione: non sono matto, perché devo andare dallo psicologo – continua la dottoressa –? E ringrazio le nuove generazioni che stanno egregiamente abbattendo questo muro e si fidano e affidano alla figura dello psicologo con grande naturalezza e immenso desiderio di conoscenza di sé stessi».

L’attenzione alla salute e alla cura di sé deve essere più forte di qualsiasi tabù.

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