La salute
Lunedì 11 Maggio 2015
Tumore alla prostata
Cresce la sopravvivenza
Una sopravvivenza globale del 30% in più. E’ quella che garantisce il Radio-223 dicloruro (Ra-223), il primo radiofarmaco efficace nei pazienti affetti da tumore della prostata con metastasi ossee. Una vera innovazione riconosciuta anche dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) che sta per inserirlo in fascia H, a totale carico del sistema sanitario.
«Fino a poco tempo fa, il campo di più importante applicazione terapeutica della Medicina Nucleare era in ambito tiroideo (carcinomi ed ipertiroidismo), - afferma Onelio Geatti Presidente Nazionale dell’Associazione Italiana di Medicina Nucleare ed Imaging Molecolare (AIMN) -. Ora si apre uno spazio nuovo nella terapia di una neoplasia che i numeri indicano come il primo per diffusione fra gli uomini del nostro Paese. Ogni anno si registrano, infatti, oltre 36.000 nuovi casi 3.780 solo in Emilia Romagna».
Di queste nuove opportunità, e del futuro della medicina nucleare, si è discusso nel corso del 12° Congresso nazionale dell’AIMN. «Serviva una nuova arma contro una malattia che provoca più di 7.500 decessi l’anno - sottolinea Sergio Baldari Direttore di Medicina Nucleare dell’Università di Messina -. Il Ra-223 è un radiofarmaco ad azione specifica sulle metastasi ossee. Emette radiazioni alfa ed ha dimostrato, rispetto ad altre terapie, di non indurre danni evidenti al midollo osseo. Migliora in modo significativo la qualità della vita dei pazienti e, oltre ad incrementare la sopravvivenza, riduce il dolore osseo che contraddistingue la neoplasia».
«La medicina nucleare è sicura - sostiene Maria Luisa De Rimini, Presidente del Congresso AIMN -. I radiofarmaci che utilizziamo di solito vengono somministrati con iniezione in vena. Il Ra-223 espone il paziente a dosi di radioattività estremamente basse e il suo impatto nell’ambiente è approssimabile a zero. Per evitare comunque eventuali dispersioni o problemi alle persone che vivono vicino al malato, è sufficiente seguire alcuni piccoli accorgimenti nei primi giorni del trattamento. Ad ognuno dei nostri pazienti vengono dati tutti i consigli necessari per proteggere familiari, amici e colleghi nella prima settimana dalla somministrazione».
Il ruolo del medico nucleare all’interno del team multidisciplinare che cura i tumori è stato uno dei temi al centro del Congresso di Rimini. «Il nostro compito principale è affiancare lo specialista clinico e valutare quando e se è appropriato l’uso di un determinato radiofarmaco - aggiunge Baldari -. Il Ra-223 può essere utilizzato solo dopo aver verificato la presenza di metastasi ossee».
«La medicina nucleare utilizza sostanze radioattive per colpire le cellule tumorali - afferma Geatti -. A differenza della radioterapia classica però la somministrazione delle radiazioni avviene dall’interno e non dall’esterno. L’idea che siano iniettati dentro l’organismo umano atomi radioattivi spaventa molti dei nostri pazienti. I radiofarmaci alfa emittenti invece hanno la capacità di legarsi e agire solo sui tessuti malati risparmiando tutto ciò che sta attorno. Basta un foglio di carta o una siringa di plastica per creare una barriera invalicabile per queste particelle».
«La medicina nucleare è una disciplina importante e in continua evoluzione - sostiene la De Rimini -. Grazie ad apparecchiature sempre più sofisticate ed a terapie innovative siamo in grado di diagnosticare e curare molte patologie. La nostra specializzazione ha oggi grandi capacità e molte potenzialità future. In quest’ottica, in particolare oggi, nell’era della medicina personalizzata e dell’imaging multimodale con radiofarmaci, appare stringente la necessità di una costruttiva comprensione e collaborazione multidisciplinare, che guardi a percorsi diagnostico-terapeutici mirati con visione paziente-centrica. La nostra Associazione da oltre 25 anni è impegnata nella promozione delle conoscenze di questo specifico ambito della medicina e ad estendere il confronto trasversale tra noi specialisti di settore e le multiple competenze in esso rappresentate con figure di altre specialità cliniche. Siamo certi che il nostro percorso necessiti di ulteriore comunicazione che consenta di comprendere anche ai «non addetti ai lavori» che la Medicina Nucleare è una metodica che consente diagnosi mirate e precoci - conclude la De Rimini -.
Può individuare come confezionare precocemente una terapia su misura per la patologia, aiutando il diritto di ciascuno ad una medicina personalizzata».
© RIPRODUZIONE RISERVATA