La febbre nei più piccoli
Quando serve il pediatra

I consigli dell’infermiere. Il genitore svolge un ruolo importante: conoscendo bene il proprio bambino è in grado di riconoscere possibili «segni di allarme».

La febbre è definita come un incremento della temperatura corporea centrale al di sopra dei limiti di normalità, che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha individuato tra i 36,5°C e 37,5°C. Spesso, se la febbre colpisce un bambino, viene percepita come pericolosa e genera incertezza e paura nei genitori. Nonostante sia molto temuta, è importante sapere che non si tratta di una malattia ma di un sintomo molto frequente nei bambini di ogni età. Gioca, difatti, un ruolo importante nella fisiologica risposta di difesa dell’organismo e per questo è necessario conoscere tutti i comportamenti da adottare. Varie sono le sedi dove rilevarla e gli strumenti disponibili ma la misurazione a domicilio, deve essere effettuata con il termometro elettronico in sede ascellare, come raccomandato dalle Linee Guida della Società Italiana di Pediatria (SIP). La via di misurazione rettale, diversamente dal credere comune, non deve essere impiegata nei bambini con meno di 5 anni a causa della sua invasività e del disagio che comporta.

La misurazione orale, molto in uso in altri Paesi, può comportare il rischio di rottura del termometro; essendo quindi poco sicura si raccomanda di evitarla in tutti i bambini. Le altri sedi (auricolare, frontale, inguinale) non presentano la stessa attendibilità. L’attenzione del genitore deve essere rivolta a ridurre la sofferenza del proprio bambino, utilizzando abiti leggeri e invitandolo a bere spesso per garantire uno stato d’idratazione adeguato. È meglio evitare l’utilizzo di mezzi fisici per abbassare la temperatura: l’uso del ghiaccio, così come le spugnature sul corpo, portano a vasocostrizione piuttosto che a vasodilatazione, necessaria per la dissipazione del calore.

È importante poi sottolineare che l’utilizzo di farmaci è da considerarsi solo se la febbre è associata a malessere e non con il fine ultimo di trattarla in quanto tale, essendo essa un meccanismo positivo di difesa dalle infezioni.

Tutti i dati disponibili sono concordi sul fatto che solamente due farmaci possono essere attualmente impiegati in pediatria: l’ibuprofene e il paracetamolo, che può essere utilizzato fin dalla nascita.

La via di somministrazione preferibile è quella orale, mentre quella rettale è da considerarsi solo in caso di vomito. La dose dell’antipiretico è da calcolare in base al peso e non all’età e deve essere molto precisa, in quanto entrambi i farmaci possono dare effetti tossici da sovradosaggio se usati in modo inappropriato; in caso di dubbio è consigliabile consultare il proprio pediatra di libera scelta. Il genitore svolge un ruolo importante: conoscendo bene il proprio bambino è in grado di riconoscere possibili «segni di allarme» e di eseguire quindi una prima importante valutazione.

Ci sono tuttavia alcune condizioni che rendono indispensabile la consulenza di un pediatria: età inferiore ai 6 mesi, sonnolenza e irritabilità, pianto flebile, disidratazione, cefalea intensa e rigidità nucale, difficoltà respiratoria, convulsioni oppure febbre che persiste oltre le 48 ore.

© RIPRODUZIONE RISERVATA