La salute
Domenica 05 Aprile 2015
Il segreto per campare cent’anni?
Mantenere in forma l’intestino
Esiste una «ricetta» ideale per spegnere cento e passa candeline? Stando alle più nuove ricerche in materia di longevità, discusse recentemente in occasione del Congresso Nazionale della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG), per arrivare a cent’anni serve il giusto mix tra geni e stile di vita.
da una parte i geni ereditati in famiglia aiutano, perché nei centenari si sono individuati numerosi meccanismi molecolari che cercano di correggere i danni al patrimonio genetico; dall’altra le abitudini e soprattutto l’alimentazione modulano l’attività del genoma, allungando l’aspettativa di vita attraverso l’epigenetica, ovvero tramite la modificazione dell’espressione dei geni implicati nella longevità. E un ruolo di primo piano sembra riservato ai batteri dell’intestino, il cosiddetto microbioma: per invecchiare bene è importante avere una flora batterica intestinale «efficiente», da nutrire anch’essa con una dieta adeguata e sana. Tutte conoscenze giudicate in modo molto positivo dagli italiani: stando a un’indagine sulla longevità condotta da SIGG, oltre il 90% degli italiani giudica positivi i progressi della scienza in questo settore.
«La longevità sembra poter derivare da una “manutenzion” particolarmente efficiente dell’attività delle cellule e degli organi, che nel tempo potrebbe contrastare l’inevitabile declino funzionale dell’organismo - spiega Giuseppe Paolisso, past presidente SIGG -. Alcuni geni sembrano avere un ruolo in tutto ciò ma sappiamo che, ad esempio, una singola mutazione genetica «favorevole» può allungare la vita al massimo del 40%. Oggi appare perciò sempre più evidente che è l’attività del genoma nel suo complesso a influenzare la longevità: l’epigenetica, ovvero la modificazione dell’espressione dei geni nel corso della vita a seconda degli «stimoli» a cui è sottoposto l’organismo, sta assumendo un peso sempre più rilevante fra i meccanismi che incidono sull’aspettativa di vita. Un esempio classico è la restrizione calorica: una riduzione dell’apporto di nutrienti in assenza di malnutrizione si associa a un aumento della durata della vita, anche nei primati e nell’uomo, perché in condizioni di scarse risorse energetiche l’attività dei geni «vira» verso una diminuzione delle attività e un conseguente prolungamento della vita. Tutto questo però significa anche che la longevità si può «costruire”: se non si nasce con una familiarità che aiuta a diventare centenari si può vivere in modo da favorire una speranza di vita prolungata».
Un recente studio dell’università di Milano condotto da medici dell’Ospedale Maggiore Policlinico e dell’Istituto Auxologico Italiano, ha dimostrato ad esempio che nei processi della longevità sono coinvolti una più lenta crescita e un minor metabolismo cellulare e un miglior controllo nella trasmissione dei segnali cellulari. I geni e la loro espressione possono essere «guidati» verso la longevità soprattutto dalla dieta, assieme allo stile di vita in generale. «Gli studi indicano ad esempio che la flora batterica intestinale ha un ruolo nell’invecchiamento: con l’andare degli anni si modifica e la capacità di mantenere batteri «buoni» è strettamente correlata alla possibilità di un invecchiamento di successo - osserva Nicola Ferrara, presidente SIGG -. La biodiversità dei batteri intestinali si riduce nella terza età, favorendo la comparsa di infiammazione e squilibri che possono essere l’anticamera di numerose patologie: favorire attraverso una sana alimentazione il mantenimento della biodiversità della flora batterica può aiutare ad aumentare l’aspettativa di vita in buona salute».
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