La salute
Domenica 07 Settembre 2014
Ecco chi spegne le malattie autoimmuni
Così si trasformano le cellule anarchiche
Trovato l’interruttore molecolare per «spegnere» le malattie autoimmuni, come sclerosi multipla o diabete giovanile, e trasformare le cellule «anarchiche» in angeli custodi. A farlo sono stati ricercatori britannici dell’Università di Bristol il cui studio, pubblicato su Nature Communication, apre la strada ad un nuovo tipo di immunoterapia contro queste patologie.
Trovato l’interruttore molecolare per «spegnere» le malattie autoimmuni, come sclerosi multipla o diabete giovanile, e trasformare le cellule «anarchiche» in angeli custodi. A farlo sono stati ricercatori britannici dell’Università di Bristol il cui studio, pubblicato su Nature Communication, apre la strada ad un nuovo tipo di immunoterapia contro queste patologie.
Ispirandosi ai successi ottenuti nella lotta contro alcune forme di allergie, una tecnica nota come desensibilizzazione allergica, i ricercatori hanno scoperto un metodo per ’educarè le cellule «anarchiche» del sistema immunitario utilizzando frammenti di proteine. Piuttosto che tentare di sopprimere le cellule immunitarie aggressive, questa tecnica ha permesso di ripristinare il loro funzionamento corretto.
La speranza dei ricercatori è che questa intuizione possa portare allo sviluppo di nuovi trattamenti contro molte malattie autoimmuni, come sclerosi multipla, diabete di tipo 1, malattia di Basedow-Graves e lupus eritematoso sistemico. Secondo i dati forniti dall’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (Aism) i casi di questa malattia solamente in Italia sono 72.000 e ben 600.000 in Europa. La sclerosi, come anche malattia di Basedow-Graves e lupus eritematoso sistemico, è una malattia autoimmune, ossia è provocata da un’alterazione del sistema immunitario la cui componenti attaccano in vari modi il corpo del soggetto stesso.
Per questo molte delle terapie per contrastare questo tipo di malattie consiste nel distruggere le cellule del sistema immunitario «impazzite», ma ciò comporta spesso un indebolimento delle difese del paziente che risulta così facilmente soggetto a infezioni dovute a virus e batteri. Dopo aver inserito nel sangue dei paziente una serie di frammenti di proteine che sono normalmente l’obiettivo degli attacchi delle cellule ’impazzitè, i ricercatori hanno così potuto analizzare i meccanismi che avvengono all’interno di queste cellule. In questo modo hanno identificato gli «interruttori» genetici che provocano l’aggressione nei confronti di queste proteine. Il risultato ottenuto è stato quello di ripristinare la «normale» tolleranza per queste proteine mantenendo allo stesso tempo la capacità di protezione del sistema immunitario. Dopo aver ottenuto i primi successi, la tecnica è ora in fase di sviluppo clinico attraverso la società di biotecnologie Apitope, uno spin-off nato all’Università di Bristol
© RIPRODUZIONE RISERVATA